Ricevo questo album da recensire. La copertina, con una nave sullo stile vichingo e cavalieri in armatura con la spada sfoderata, mi fa subito pensare ad una delle tante band scandinave, magari female fronted, piene di canzoni un po' mielose e speranzose... Invece scopro che la band è al maschile, è italo-francese (ci sono un paio di elementi italiani, per la precisione il bassista Fabio D'Amore e il cantante Marco Sandron, entrambi di Pordenone o zone limitrofe) e assomiglia in modo pauroso sia ai Dragonforce che ai Rhapsody; oltre a suoni sinfonici sono anche presenti parti strumentali che ricordano molto le atmosfere di Danny Elfman: ne è un esempio la prima traccia, che ricorda ampiamente il villaggio di “Nightmare Before Christmas”. “Across the Endless Sea” fa un ampio uso di synth e batteria, mettendo in secondo piano le chitarre e avvalendosi di cori stile orchestra. Il ritmo spazia dal pacato al power, sostenuto anche da assoli di nota modulata (ovvero la tastiera che fa le veci della chitarra) e voce con finali acuti. “Assault on the Shore” si caratterizza di tastiera per il 70%, con la voce che alterna un quasi growl agli acuti che tanto riescono, mentre tutto il ritmo segue perfettamente le orme dei Dragonforce: tutto il brano è incentrato sulla fine del viaggio, un viaggio in barca che ricorda gli attracchi vichinghi alle terre inesplorate ed aride. “Master of the Waves”, più orchestrale delle prime due, rimembra le epiche avventure per mare, verso una destinazione sconosciuta, in balia delle onde e delle speranze: qui il cantante si avvale dell'aiuto vocale femminile di Elisa Martin, female vocalist che in questo album fa solo delle comparse. Accanto alla sua voce, Philippe Giordana decide di tralasciare gli acuti e preoccuparsi di tenere un tono più basso e roco, con un buon risultato. “A Soldier's Letter”, malinconica come non mai, presenta un testo che verte sul difficile addio alla persona amata, soprattutto quando si è distanti e non vi è alcun modo per rivedersi. Tutto il brano riprende il ritmo di “Across the Endless Sea”, riportando di nuovo l'apporto vocale di Elisa Martin e i cori che accompagnano gli acuti, fino a sfumare verso la chiusura. “Godsent”, con violini ed altri elementi orchestrali ed in puro stile Therion, ci ricorda la nostra effimera esistenza verso la grandiosità ed eternità degli Dei, impersonati da una voce grave e profonda. Ascoltando “At the Gates of the Morken”, mi vengono in mente le scure montagne di Mordor, mentre la guerra in fine menzionata nel testo, mi ricorda tanto le vicissitudini di Frodo e Gollum contro l'armata di Sauron (probabilmente si saranno ispirati a questa saga per stendere il testo). “Rise of the Giants”, strumentale, fa un largo uso delle note messe in successione in modo tale da far immaginare qualcosa di grandioso, di immenso, di epico: insomma, l'apertura di un film fantasy con mondi in un'altra dimensione e altri costumi. “Score to a New Beginning”, la penultima traccia, ha un mood più ottimista pieno di speranza come si evince dal testo: persino i cori sono più enfatici ed entusiasti, trasportati dal testo e dall'immagine che crea. Tra attracchi a lande desolate, viaggi per mare verso l'infinito e oltre, tra lacrime e tristezza e nuove speranze, si arriva così all'ultima traccia, “End Credits”, ancora una volta song al femminile, che chiude in dolcezza l'album e per decantare la nuova vita ricreata nelle lande desolate: un bel happy ending e tanti saluti. In sé l'album non è affatto male, anzi: per gli appassionati di questo filone, direi che un ascolto lo merita. Il timbro di Giordana non mi convince granché, forse perché sono più abituata ad ascoltare i Sonata Arctica o i Dragonforce, ma ripeto, un ascolto (e anche più di uno) l’album se lo merita. (Samantha Pigozzo)
(Napalm Records)
voto: 70
voto: 70