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venerdì 9 agosto 2019

Íon - Madre, Protégenos

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Rock Acustico, Antimatter
"Madre, proteggici...” Così apre il disco di Duncan Patterson, famoso per essere stato, in passato, il bassista degli Anathema e degli Antimatter, da cui fuoriuscì nel 2004, per dar vita a questo progetto denominato Íon. Dopo aver assoldato in giro per il mondo (Irlanda, Russia e Australia tanto per citarne alcune) un’innumerevole serie di musicisti dall’assoluto valore, il buon Duncan ha dato alla luce un album dalle variegate sfumature. 'Madre, Protégenos' potrebbe essere accostabile, cosi di primo acchito, a 'Planetary Confinement' degli Antimatter: atmosferico, introspettivo, direi quasi mistico, ma qui c’è dell’altro, in quanto Patterson, date le sue origini irlandesi, è stato palesemente influenzato dalla tradizione celtica, dall’ambient e dalla musica classica. Sfruttando inoltre, le performance di diverse vocalist originarie dalla Grecia, Italia e Messico, si possono respirare in questo lavoro, dall’approccio forse un po’ troppo minimalista, colori, culture e profumi di ognuna di queste nazioni. Altri elementi folkloristici, il flauto e il clarinetto, la viola e il mandolino, l’arpa e le percussioni, contribuiscono poi ad accompagnarci malinconicamente e poeticamente, in paesi lontani dove gustare le esotiche fragranze mediterranee. Il compositore irlandese ha concepito un qualcosa, lontano anni luce dai suoni degli Anathema: gli Íon (parole gaelica per indicare “purezza”) percorrono un viaggio spirituale all’interno delle proprie radici, che ha la sua summa in “Goodbye Johnny Dear”, canto degli emigranti irlandesi, scritto nel XIX secolo dal bisnonno di Duncan, Johnny Patterson. 'Madre, Protégenos' è sicuramente un disco d’indubbio valore, intimista e profondo in grado di spingerci, grazie alla sua magia, alla ricerca della nostra identità, il problema semmai è che il lavoro non sia alla portata di tutti. Se avete già raggiunto la della pace dei sensi, avvicinatevi tranquillamente a quest'album (che ricordo essere completamente acustico), altrimenti lasciate perdere, perchè le atmosfere pregne di tristezza e desolazione che si sentono lungo tutto il cd, potrebbero portarvi alla disperazione. (Francesco Scarci) 
 

sabato 20 agosto 2011

Dwelling - Humana

#PER CHI AMA: Folk, Neoclassic, Dead Can Dance, Miranda Sex Garden
I Dwelling nascono nel 1998 come progetto solista di Nuno Roberto e con l'intento di creare musica basata interamente su strumenti acustici, ispirata ai paesaggi costieri dell'Algarve. Col passare del tempo il progetto si arricchisce dell'apporto di altri musicisti e nel 2001 esce un mcd, "Moments", per Equilibrium Music, etichetta personale di Nuno Roberto. La line up del gruppo portoghese in tale lavoro si è estesa a cinque musicisti, grazie all'ingresso in formazione di Catarina Raposo alle voci, Silvia Freitas al violino, Nicholas Ratcliffe alla chitarra e Jaime Ferreira al basso. La natura esclusivamente acustica rimane un segno distintivo nei Dwelling, che nel 2003 pubblicarono "Humana", il primo full length. Nove canzoni vibranti di emozioni dense e struggenti, nelle quali la voce incantevole di Catarina Raposo gioca, intrecciandosi, con le chitarre acustiche e il violino e che si sviluppano in passaggi dal tocco sensibile e appassionato. Sembra essere un tratto tipicamente portoghese l'ardente malinconia che si posa con grazia nelle note di quest'album, soprattutto in "Silêncio Intemporal", "Tecelões da Nova Realidade" e "O Cinzel do Tempo", cantate in lingua madre e, non nascondo, le mie preferite, in quanto sono i momenti più sentiti. Lo spazio di silenzio tra i pezzi è quasi ridotto al minimo, forse a voler trasmettere un senso di dinamica evoluzione che fa di "Humana" un'unica opera in divenire, dove le canzoni hanno senso solo se inserite nel contesto generale, perché singolarmente perderebbero la loro intensità e apparirebbero come un tassello al quale manca il resto della struttura. Degne di menzione anche le altre canzoni che compongono l'album: "The Wheel", "Remember Virtue", "As the Storm Chants", dove la componente neo-classical si sprigiona in tutta la sua leggiadria, "Lingering Stupor", "Chasing the Rainbow's End" e "Reality that Remains", nelle quali si scorgono gradevoli episodi dal sapore folk e tradizionale. Unica pecca è forse da ricercarsi nel fatto che al primo ascolto l'album può risultare un po' troppo uniforme e non immediatamente emozionante, ma sicuramente è un'opera che va scoperta e merita di essere ascoltata con attenzione, solo così si può apprezzarla fin nel profondo della sua anima. "Humana" non è un'opera per tutti, ma solo per chi sa lasciarsi carezzare dal romanticismo degli strumenti classici. (Laura Dentico)

(Equilibrium Music)
Voto: 75