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Visualizzazione post con etichetta DreaminGorilla Records. Mostra tutti i post
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sabato 23 febbraio 2019

Marsala - S/t

#PER CHI AMA: Elettronica/Ambient, Tangerine Dream, Brian Eno
Immaginate i Tangerine Dream che fanno sesso non protetto con i 65DaysOfStatic mentre Brian Eno filma tutto: forse — dico, forse — avrete un’idea di cosa c’è nella testa di Andrea J. Marsala, qui al debutto con il suo primo lavoro solista. Con l’opening “Slipping Into Open Flesh” ci si spalanca davanti un universo strumentale di macchinari smisurati, ben raccontati dalla ritmica industrial sullo sfondo, su cui si stratificano incessanti dissonanze oscure e gorgoglianti. Si torna a respirare in “Drowning in the Void”, con un organo prima e un arpeggiator poi, a guidare i movimenti. “Wide Open Wound” ha il sapore allucinato dell’oriente etnico con i suoi strumenti misteriosi. Una voce campionata introduce “The Distrophic Dancer”, costruita su un groove di synth-bass tanto lineare quanto mesmerizzante, che lascia spazio ad una immensa cacofonia di fiati sul finale. String sintetici fanno da contraltare ad un basso sussurrato in chiave maggiore su “Streams of Light”, che prelude all’orchestrale “Sipario”: una batteria new-wave guida un’opprimente marcia militare di archi e flauti, che diventa inquietante con l’ingresso di una voce che sembra rivolgersi a divinità sconosciute. Chiude “Ultime Fatiche sulla Via del Ritorno”, lunga parentesi ambient guidata da voci campionate, pad sintetici ed echi sottomarini, in un epico crescendo di disturbi noise. Marsala conosce bene il suo mestiere: l’amalgama di musica elettronica e acustica è in perfetto equilibrio, sempre in tensione tra luce e oscurità, tra pace e inquietudine, tra digitale e analogico. Un lavoro di songwriting tutt’altro che banale, forse penalizzato da alcuni synth un po’ ridondanti e da una tracklist che sembra concentrare il lavoro a “capitoli”, anziché prediligere una sequenza dei brani più fluida ed omogenea. Piccole imperfezioni comunque, per un signor disco uscito solo pochi giorni fa (il 20 febbraio) e per cui attendo già impaziente Marsala al varco con il successivo lavoro. (Stefano Torregrossa)

(Wallace/Brigadisco/Dreamingorilla Records - 2019)
Voto: 75

https://soundcloud.com/user-716986154

mercoledì 1 novembre 2017

Petrolio – Di Cosa si Nasce

#PER CHI AMA: Experimental Ambient/Drone/Electro Noise
Enrico Cerrato è un musicista navigato che ha solcato i mari istrionici del metal (con gli Infection Code), del jazz/noise/punk (con i Moksa), dell'industrial (con i Gabbiainferno) e qui, nel suo progetto solista, si mette a servizio dell'elettronica per confrontarsi con la drone music più gelida e l'industrial più oltranzista, fatto di rumore sospeso, macchine robotiche e ritmiche glaciali, monotone e minimali. L'umore è nero come il nome con cui si fa conoscere e le composizioni sono agghiaccianti, cariche di solitudine, con una forma di shoegaze ipnotico e lacerato, dissonante e distorto, ottimo per descrivere il vuoto interiore. Suoni ve ne sono, sparsi qua e là, accordi decadenti e feedback condividono lo stesso piano di ricerca di confine col noise, scariche di batteria sintetica vengono tolte al mondo dell'elettronica per giocare con il metal o almeno con un'attitudine percepita dall'oltretomba, come se i Godflesh usassero i synth al posto delle chitarre. Un corpo estraneo da assimilare lentamente che penetra nelle nostre orecchie per far riflettere, per fare male, con quel suo rumore ammaliante, sottoscritto dai guru Dio)))Drone, Taxi Driver Records, Vollmer Industries, Toten Schwan Records, È Un Brutto Posto Dove Vivere, Dreamingorilla, Screamore e Brigante Records. L' album ha tutte le carte in regola per piacere agli estimatori dei vari generi ambient, industrial e drone estremo e sperimentale. Questo primo album, 'Di Cosa si Nasce', uscito a primavera del 2017, non apporta geniali riforme al genere ma è coniato con ispirazione e gusto da un musicista italiano che conosce molto bene i territori musicali che vuole esplorare e con cui vuole confrontarsi, ottenendo sempre ottimi risultati sonori. Una sorta di buia colonna sonora per una passeggiata in una città abbandonata. Da ascoltare. (Bob Stoner)

(Dio)))Drone, Toten Schwan Rec., Taxi Driver Rec., Vollmer Industries, DreaminGorilla, Screamore, È un brutto posto dove vivere, Brigante Rec., Edison Box - 2017)
Voto: 75

https://diodrone.bandcamp.com/album/di-cosa-si-nasce

giovedì 31 agosto 2017

Macabra Moka - Tubo Catodico

#PER CHI AMA: Rock/Hardcore/Stoner
La Macabra Moka è una band di Cuneo nata nel 2010 che, dopo aver esordito con il primo full length 'Ammazzacaffè' nel 2014, lo scorso marzo ha pubblicato 'Tubo Catodico' tramite la sempre attiva cordata composta da DreaminGorilla Records / VOLLMER - Industries / Dischi Bervisti e tanti altri. Abbiamo ricevuto la versione per gli addetti ai lavori, quindi possiamo apprezzare solo la copertina che tramite un collage in stile fumetto, rappresenta il peggio della tv italiana (Zanicchi, Magalli, etc.) in versione horror, riallacciandosi quindi al titolo del cd. Il quartetto formato da batteria-basso-chitarra-voce suona un energico mix fatto di rock, hardcore e stoner cantato rigorosamente in italiano, a voler confermare che non ci devono essere barriere di alcun tipo tra la band e l'ascoltatore. "Radio fa" è la prima traccia contraddistinta da riff potenti come le parole che vengono sputate ed urlate nel ritornello carico di disagio e sofferenza, il tutto raccontato tramite la metafora delle trasmissioni radio. Subito si scorge la rabbia giovanile dei primi Ministri e Teatro degli Orrori che in tre minuti spaccati viene raccontata nella versione macabra del nostro gruppo. In "Tormentone d'Estate" i riff sono più alla QOTSA, un'ottima simbiosi strumentale che incalza e colpisce duro, il tutto alleggerito dal ritornello scanzonato che ci sbatte in faccia lo squallore della nostra vita mondana, fatta di apericena e selfie. Poi, riuscire a infilare Federica Panicucci nel testo non è proprio cosa da tutti. Si passa a "LeAquile del Metallo Morto", dove la sezione ritmica martella in modo ossessivo e le chitarre ci regalano suoni corposi che trasudano rock alla vecchia maniera, con tanto di assolo delirante a chiudere con annessa accelerazione finale. Tutta l'attitudine hardcore si concentra in "Ok, il Prezzo è Giusto" che ha l'effetto di un cric preso in pieno muso tanto, parole che tagliano quanto i riff suonati a velocità folle. Se i Bachi da Pietra hanno sfruttato l'entomologia per raccontare meglio la nostra società, la Macabra Moka l'ha fatto sfruttando la televisione italiana, portando il cinismo e l'autocritica a livelli paradossali. Un album coinvolgente, schietto come non ascoltavo da tempo ed oscuro al punto giusto. Da avere assolutamente perché sotto la finta patina di 'Tubo Catodico' si nascondono dei contenuti profondi che nell'ambito musicale ormai pochi hanno il coraggio di decantare. (Michele Montanari)

(DreaminGorilla Records/VOLLMER Industries/Dischi Bervisti/Tanto di Cappello Records/Scatti Vorticosi Records/Brigante Records & Productions - 2017)
Voto: 80

https://lamacabramoka.bandcamp.com/album/tubo-catodico

lunedì 17 luglio 2017

124C41+ - Ode

#PER CHI AMA: Ambient/Noise
Riprendo laddove lasciai nel giugno del 2016, quando raccontai della mia esperienza sonica nell'ascoltare 'Mörs/Ërde', secondo EP degli Umbri 124C41+. È uscito un nuovo lavoro, 'Ode', non so neppure sia giusto considerarlo un full length vista l'esigua durata (per un Lp) di 24 minuti, ma con questi ragazzi sarebbe meglio non stupirsi di nulla, nemmeno del contenuto di questa monotraccia che prosegue il minimalismo sonoro intrapreso dall'act di Terni. Per ciò che concerne le suggestioni visive indotte dai nostri, non possono far altro che traslarmi con la mente in una navicella ai margini del nostro sistema planetario, in un profondo siderale in cui è improbabile addirittura vedere la luce del Sole. E li, tutto quello che si sente è il vento cosmico perpetrato nelle note iniziali del disco che vibra sulla struttura metallica della mia astronave. Poi nient'altro che l'abisso di un silenzio, che scava nell'anima, riportandomi la visione e le sensazioni vissute attraverso due film fantascientifici, 'Interstellar' e 'Gravity'. La musica, se tale si può definire, è dilatazione pura spazio-temporale attraverso riverberi, ambientazioni glaciali, stati di inquietudine indotti dal suono asciugato di una nota di sintetizzatore. Frustrazione, scoramento e delirio, per il dilaniante verso del silenzio e poi un'elettricità che divampa attraverso una ritmica lenta e pesante, che sembra mimare l'accensione dei motori della mia astronave, il che mi dà ancora quella flebile speranza di far ritorno a casa e abbandonare quel desolante angolo di universo. La strada sarà assai lunga, ma la consapevolezza di una fine imminente ha ormai lasciato posto alla confidenza di farcela e tornare a rivedere la luce del Sole. Mi sveglio, sono sudato per quella che è stata la mia personale esperienza onirica tracciata dall'ascolto di 'Ode', un'esperienza in realtà totalmente sconnessa da quanto delineato invece nell'essenziale booklet interno del cd che passa attraverso sette passi, che non ho voluto leggere appositamente per non lasciarmi influenza, ma che alla fine non sarei stato nemmeno in grado di spiegarvi. Ho ascoltato 'Ode', ho fatto il mio personale viaggio, perché non provare il vostro? Potrebbe essere un'esperienza sensoriale unica... (Francesco Scarci)

(Dreamingorilla Records/È Un Brutto Posto Dove Vivere/Insonnia Lunare Records/Astio Collettivo - 2017)
Voto: 75

https://onetoforeseeforoneanother.bandcamp.com/album/ode

venerdì 5 maggio 2017

Gli Altri – Prati, Ombre, Monoliti

#PER CHI AMA: Post-Hardcore/Screamo
A volte, oggi più che mai, diventa difficile riuscire a tenere dietro a tutte le uscite interessanti che costellano l’underground italiano e non. Capita quindi di perdersi qualche pezzo per strada, pure quando il pezzo in questione è una cosa che avevi visto e ti eri segnato per tempo. Arrivo quindi un po’ in ritardo a parlare di 'Prati, Ombre, Monoliti', secondo album dei liguri Gli Altri, di cui avevo particolarmente amato l’esordio 'Fondamenta, Strutture, Argini', che nel 2013 aveva scosso la mia personale percezione del panorama post-hardcore italiano con un punto di vista che univa l’esperienza di band fondamentali come Fluxus, Massimo Volume e Marnero, alternandole ad esplosioni di rumore incontrollato. Tre anni dopo qualcosa è cambiato nel suono de Gli Altri e questo nuovo lavoro, co-prodotto da un qualcosa come 38 (se non ho contato male) etichette indipendenti internazionali, fotografa una band straordinariamente affiatata e focalizzata verso un genere meglio codificato, quello screamo che potrebbe avere i Raein come punto di riferimento, ma che forse perde un briciolo di originalità. Ora la formazione si è allargata con l’ingresso di un violino che aggiunge nuove sfumature, e i testi si fanno dichiaratamente più politici e universali, declinando in “noi” e “voi” quello che nell’esordio era più intimo e personale. Dieci brani in meno di mezz’ora che sono un concentrato densissimo di suoni e parole, una musica che si fa furiosa e serrata senza per questo rinunciare a strutture complesse e articolate, tanto da richiamare più volte un paragone illustre con gli At The Drive In di 'Relationship of Command'. Non c’è tempo per riflettere qui dentro, nemmeno quando le parole lo richiederebbero ("Idomeni", "Oltre la Collina", "Nuovo e Diverso da Te"); si viene investiti da un’onda che toglie il fiato e ti prende a schiaffi, costringendoti a guardare in faccia un mondo da cui distogliamo troppo spesso gli occhi. Doloroso e necessario. (Mauro Catena)

(Santavalvola Records/Taxi Driver Rec/DreaminGorilla Records & molti altri - 2016)
Voto: 75

https://glialtri.bandcamp.com/album/prati-ombre-monoliti

lunedì 20 febbraio 2017

Houstones - S/t

#PER CHI AMA: Post Grunge/Alternative Rock
'Houstones' inizia con il frammento di una telefonata che potrebbe essere una comunicazione da oltreoceano, fosse il prefisso di Seattle non ci meraviglieremmo. L’attacco del primo brano, "Smile", dall’omonimo disco degli Houstones, suona proprio come quelle band che fecero irruzione nella scena musicale a partire dai primi anni novanta: chitarra-basso-batteria ad accompagnare testi cantati con piglio rabbioso. Gli Houstones sono un trio italo-svizzero che suona come una band americana degli anni novanta. Che lo sappiano fare anche bene lo si capisce subito e nel secondo brano, "7 Seconds to 8", i semi del grunge germogliano in una canzone che potrebbe essere davvero stata scritta da qualche gruppo della costa nord-ovest degli States. L’urgenza e la rabbia del disco sono caricate nelle prime tre canzoni e servono sicuramente a scuotere l’ascoltatore per portarlo in territori più meditativi a partire dal quarto pezzo, intitolato "Popular Star (A Popstar is A)" per proseguire con "Monster", introdotto da interferenze elettriche che aprono gli spazi a chitarre slide. La sesta traccia, "Room" parte lenta, appoggiandosi ad un riff di chitarra suonata con l’effetto phaser, crescendo poi nella sua esecuzione carica di rabbia e noise. Se ci fermassimo dopo l’ascolto dei primi sei pezzi, l’ironica dicitura “Best Before 1999” riportata all’interno del digipack, sarebbe pienamente rispettata. Il disco invece prosegue e nelle ultime due tracce, le coordinate musicali cambiano decisamente, con il risultato di spiazzare i puristi del genere alternative-grunge-stoner. L’intro di "Apode" rivela un certo mood orchestrale mentre la conclusiva "Coming to Save the World as Bill Murray Does" è un bel brano dal piglio cantautorale accompagnato da un sax. Sarà interessante scoprire se questi sono elementi di novità nel percorso musicale della band oppure esperimenti più simili a delle outtake. (Massimiliano Paganini)

(DreaminGorilla Rec/Old Bicycle Rec - 2016)
Voto: 70

https://houstones.bandcamp.com/album/houstones

sabato 4 giugno 2016

124C41+ - Mörs/Ërde

#PER CHI AMA: Post Rock/Blackgaze/Ambient
I CentoventiquattroCquarantunoPiù (124C41+) non sono una band come tutte le altre: lo si evince da un moniker che chiama in causa lo scrittore di fantascienza Hugo Gernsback e il suo 'Ralph 124C 41+', un omofono della frase inglese "one to foresee for one". Lo si capisce ancor di più dalle loro uscite discografiche, ridotte all'osso per contenuti. Dopo l'EP omonimo e minimalista dello scorso anno, ecco tornare la band di Terni con un nuovo EP di due pezzi e soli sei minuti di musica. 'Mörs/Ërde' è un'altra uscita all'insegna di un ambient/post rock catartico, ma potrei allargare lo spettro musicale dei nostri al noise, drone, shoegaze e mille altre sfaccettature. Impressiona tutto ciò perché "Mörs" è solo un pezzo di due minuti scarsi, fatto di sonorità intense, cupe e drammatiche in cui, sui tocchi di un malinconico pianoforte, appare il cantato in screaming (in italiano) di Eugenio e Marco dei Die Abete, sorretto da una ritmica distorta ma intimista. Angosciante il testo... "Il diavolo è nelle grida di chi vuol vederci rientrare a casa. Svelto, s'è fatta sera. D'ora in poi avremo per sempre dodic'anni e sugli specchi d'acqua torva imprimeremo i nostri volti. Svelto. S'è fatta sera". Nichilismo totale invece per la successiva "Ërde", che supera i quattro minuti, ma con un tensione emotiva che dilania a dir poco l'animo: la song, completamente strumentale, cresce piano di intensità in un'atmosfera che definirei quella plumbea londinese di novembre. Suggestioni, pensieri e riflessioni si avvicendano rapide nella mia testa rimescolate come un cocktail nello shaker, fino a quando la batteria rimane l'unico strumento pensante a dettare gli ultimi battiti del mio cuore. Poi, solo silenzio e buio infinito. (Francesco Scarci) 

(DreaminGorilla Records/Stay Home Records - 2016)
Voto: 75