Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Deus Sabaoth. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Deus Sabaoth. Mostra tutti i post

martedì 4 marzo 2025

Deus Sabaoth - Cycle of Death

#PER CHI AMA: Symph Black/Doom
Dal gelo infernale dell’Ucraina, emergono i Deus Sabaoth con 'Cycle of Death', un debutto che lacera il silenzio sotto il vessillo indipendente di un’auto-produzione. Sette tracce che si accodano a un black melodico, in un’ode alla desolazione che non si limita a urlare nel vuoto, ma lo veste di armonie strazianti e sinfoniche. Qui non troverete il caos primordiale tipico del black nudo e crudo: qui la melodia è un’arma, affilata e intrisa di un dolore che si riflette nelle steppe desolate e nel peso di un’esistenza vana. Forgiato in un paese spezzato dalla guerra, il disco respira un’atmosfera di resilienza e malinconia, un rituale che rifiuta la luce per abbracciare l’eterno crepuscolo. Il disco si apre con "The Priest", il cui gelido rifferama s'intreccia a un cantato gutturale che sembra sputare veleno sugli altari corrotti di quel prete menzionato nel titolo del brano. La melodia, di chiara ispirazione classica, si srotola come un lamento funebre, mentre la batteria martella con furia controllata. "Mercenary Seer" apre con un arpeggio ben calibrato, ma è solo un inganno, visto che il brano esploderà in un vortice di riff taglienti e ritmi serrati che richiamano un che dei Cradle of Filth, complice l'evocativo black melodico che si fa traino come un’àncora in un mare in tempesta. L'alternanza vocale tra scream/growl e salmodianti voci pulite, fa il suo dovere mentre le chitarre si rincorrono come gazzella e leone nella savana. Ancora un arpeggio ad aprire elegantemente la title track, contraddistinta da uno stile barocco presto travolto da chitarre possenti e un growl davvero lacerante, che andranno a intrecciarsi a orchestrazioni intriganti ma forse ancora un filo da affinare e ripulire a livello di suoni. Però il brano ha il suo fascino, e si lascia facilmente ascoltare assimilandosi a una versione death dei CoF, ma alla fine lascia il segno, prima dell'arrivo inesorabile di "Executioner". Qui, ritmi doom sembrano imperversare nelle note del trio ucraino, creando un'atmosfera di condanna in un pezzo in cui la melodia, guida come una lama che affonda piano le carni. Ancora musica classica in apertura - un po' sullo stile degli austriaci Angizia - con il turno della più densa "The Blind", un altro pezzo che fondamentalmente, si accoda alle precedenti song, pur abbracciando uno stile più lento e compassato, che vedremo riproposto anche nella successiva "Faceless Warrior". Forse è proprio in questa leggera staticità di fondo, in tema di variazioni al tema, che rischiamo di trovare il punto di debolezza dell'album, che ha ancora nella conclusiva "Beginning of New War", l'ultima arma a disposizione. Qui, riff glaciali e blast beat irrompono veementi, mettondosi a braccetto con la melodia che mostra comunque un ruolo cardine nell'economia di un brano feroce eppure elegante. Alla fine 'Cycle of Death', pur non inventando nulla di nuovo, mostra le più che discrete capacità compositive del terzetto ucraino. Certo, c'è ancora da affinare la tecnica, migliorare la pulizia del suono, ma diciamo, che la strada imboccata, sembra quella giusta. (Francesco Scarci)