#PER CHI AMA: Black old school, Black'n'Roll |
Prima di cominciare, una doverosa precisazione: non nascondo un certo grado di fatica fatta dal sottoscritto nell’affrontare un lavoro del genere, che comunque cercherò di analizzare nel modo più oggettivo possibile. Detto questo, parto col dire che il gruppo in questione non ci presenta nulla di nuovo con questo disco, avendo semplicemente raccolto il loro materiale composto per i precedenti 4 EP e sbattuto in una, udite udite, musicassetta. A giustificazione della compilation cito direttamente dal booklet: la band vige in uno stato di costante ed implacabile adorazione dei demoni della concupiscenza e della perversione, troppo pigra per vomitare un nuovo full-lenght. Ecco, a proposito del booklet, si tratta di un tripudio di pentacoli, croci rovesciate e crocefissi usati a mo’ di strumenti per trastullo personale, schizzi e spruzzi di sangue vario, borchie, catene ed accessori bondage, asce, per finire con nudi integrali con tanto di ciuffi di peli pubici e peni in erezione... credo di non aver dimenticato nulla. La tracklist si apre con “Cunt of Christ”. A questo punto è chiaro dove vogliono andare a parare i nostri, e lo fanno con 10 pezzi che spaziano tra il black metal più gracchiante ed old-school, un blackened punk-rock ed un black’n’roll dalle sonorità più settantiane, presentati con una produzione sporca (lercia a momenti) e zero fronzoli. Data la naturale bipartizione lato A - lato B della musicassetta, grosso modo possiamo riconoscere nei primi 5 pezzi (che corrispondono ai primi due minialbum “Demonatrixxx Butchery Cult” e “Hinterland”, rispettivamente del 2010 e 2011) l’anima più metal-oriented della band, mentre il lato opposto vede emergere uno spirito più punk-rock (“Silvia: Saint of Hell” – con riferimento alla procace pornodiva ceca Silvia Saint - e “Sex. Blood. Darkness”, entrambi del 2012). La band non schiaccia mai fino in fondo il pedale dell’acceleratore, affidando la struttura portante delle canzoni al semplice intreccio chitarre-batteria, mentre il basso ne esce spesso penalizzato data la qualità dell’incisione. Ai pezzi musicali poi si intrecciano carrellate di gemiti di piacere e godimento miste a grugniti, francamente fastforwardabili (FFW, è una musicassetta dopotutto). Non vi sono pezzi che emergono in modo preponderante sugli altri: segnalo solo “Under the Sign of Evil”, minimamente più in linea con le preferenze del sottoscritto in quanto a riff, e “Ritual 2012”. In breve, abbiamo a che fare con dei musicanti discreti, ma nulla che faccia realmente gridare al miracolo... che, visto lo spirito del disco, forse risulterebbe fuori luogo come termine (si insomma, i membri del gruppo potrebbero non prenderla bene). Certamente viene da chiedersi come potrebbe essere assistere ad un live show di questa band: paradossalmente, la resa rischierebbe di risultare migliore di quanto proposto su nastro, arricchita della forte e indispesabile componente scenica sulla quale il gruppo investe per tenere in piedi il carrozzone da indemoniati “pornosadomasosplatterdipendenti”. Curiosità, la discreta cover di “Fuck the Dead” di GG Allin e, se non sapete chi è, allora dieci Ave Maria ed un Pater Noster! Per concludere: senz’altro questa summa maxima, da un punto di vista prettamente musicale, scorre via abbastanza velocemente, ma altrettanto velocemente si perde perché priva di una vera idea che riesca a far presa nelle orecchie di chi ascolta. Per quel che riguarda tutto il resto lascio il giudizio finale a chiunque avrà voglia di imbarcarsi nell’ascolto di questa compilation... ma se permettete un pensiero personale, roba del genere non dovrebbe più esistere: le croci rovesciate, il sangue finto, i cazzi in tiro sbandierati hanno fatto il loro tempo e forse siamo abituati a tanto di quel peggio con cadenza quotidiana che, al fine di creare scalpore, tutto questo non basta più. Se invece lo scopo era puramente ludico, credo che vi siano sistemi ben più efficaci e, soprattutto, originali per risultare dissacranti. Amen. (Filippo Zanotti)
(Self - 2013)
Voto: 60