#PER CHI AMA: Doom Malinconico, My Dying Bride |
Con “Desire” siamo di fronte all’eccellenza. Una perla di magnificenza al di là di ogni comparazione di stile, un’opera musicale di mirabile ispirazione. Ecco ciò che io intendo con vero doom melanconico, a tratti squisitamente romantico (in un romanticismo che non ha nulla a che fare con le relazioni di coppia), con arpeggi e passaggi melodici che rimandano ai maestri anglosassoni My Dying Bride. Gli ingredienti ci sono tutti: quattro tracce, tutte che superano gli undici minuti, voce in growl e tuttavia comprensibile in molte parti, utilizzo di scale armoniche alternate come un botta e risposta tra due chitarre, idealmente a metà tra inferno e paradiso. Eccezionale il contenuto testuale, che sebbene recuperi i modelli tipici della solitudine e del suicidio, li sviluppa in una visione non ridondante e decisamente non statica. Come sempre quando ci si getta nel doom, anche in questo caso mi permetto di sottolineare la necessità di ascoltare l’opera in crescendo per intero. Sono d’altronde gli stessi titoli ad indicare un’evoluzione: “My Thoughts”, “The Answer”, “Desire”, “Final Decision”; paragrafi di una vicenda che termina nella decisione di accettare il proprio destino di suicida (figurato o reale, è comunque suicidio del proprio ego). L’opera comunica dolorosa solitudine, ma non vi è buio accecante. Le note indicano ricerca di un’armonia sonora; le stesse tracce sono divise in più parti, a volte dall’andamento totalmente diverso rispetto l’intro. La melodia di base della prima traccia, soprattutto, tocca l’anima più di ogni altra, ed è ripresa e modificata, non a caso, nell’ultima. Vi posso assicurare che non ve la dimenticherete più. Per quanto riguarda il genere, possiamo considerare “Desire” come melancholic doom, con un growl decisamente meno gutturale del solito e quasi nascosto dietro la patina del sonoro. Ottimo lavoro di registrazione, considerando che si tratta di una collaborazione internazionale. Non ho trovato una pecca che fosse una. È un album perfetto sia a livello musicale che tematico, uno di quegli album che invita alla riflessione, che elimina l’essere materiale per lasciare posto allo spirito. Da ascoltare assolutamente ad occhi chiusi in situazioni di tranquillità per assimilare ogni vibrazione. È musica che genera sensazioni in immagini, che induce trance, “che apre le porte della percezione” (Doors docet)… (Damiano Benato)
(Solitude Productions)
Voto: 90