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sabato 2 novembre 2024

SaintSombre - Earth/Dust

#PER CHI AMA: Sludge/Post Metal
Ci ha impiegato un paio di mesi questo cd ad arrivare tra le mie mani, dopo essersi perso in destinazioni alquanto improbabili, ma è una storia troppo lunga da raccontare. Quello dei SaintSombre è un sound ricercato, votato a esplorare territori in bilico tra post metal e fangose derive sludge. Quello che ne viene fuori è 'Earth/Dust', lavoro di sette pezzi, non proprio di facile lettura - complice anche un concept che narra la storia di un uomo in preda a un profondo malessere - ma comunque in grado di generare un certo interesse a chi ascolta con una certa attenzione. Questo è almeno quanto si evince dall'incipit affidato a "Reflection", un brano che sembra evocare un che degli svedesi Cult of Luna (CoL), con l'aggiunta di minimalisti suoni elettronici, su di un tappeto ritmico non proprio dei più semplici da digerire. Sarà che l'apporto melodico non è cosi dominante, e quella voce abrasiva non aiuta ad assimilare cosi facilmente la proposta della one man band capitanata da Steve R.. Ci riprova il frontman transalpino con la successiva "Spectre" e qui, forse, un utilizzo più armonico e presente dei synth, riesce a donare maggior ariosità ed eleganza a un brano dai toni piuttosto pacati. Cosa che si ripete anche negli angoli dell'oscura e ritmata "Circle", un brano quasi ipnotico per buona parte della sua prima metà. Quando subentra la voce del polistrumentista, ecco che la proposta si fa nuovamente ostica da assaporare, forse anche a causa di una perdita di una certa fluidità musicale, muovendosi su tempi dispari che sembra strozzino la dinamicità del brano. Capisco che proprio questo, unito all'utilizzo importante dei synth, possa rappresentare la novità di questo disco, però c'è qualcosa ancora che stona e complica il mio ascolto, che non riesco a isolare. E la title track non è da meno: ottime idee, di scuola Neurosis, condite da suoni ruvidi e super ribassati e un programming stravagante, ma il tutto risulta nuovamente osteggiato da un cantato difficile e scorbutico, che verosimilmente necessita di numerosi ascolti per poter essere recepito al meglio. "Sun" chiama ancora in causa CoL a livello ritmico, ma un imprevedibile uso dei synth uniti a una voce e linea melodica rinnovata, rimette tutto in discussione, innalzando il livello qualitativo della proposta. Altri due pezzi e rilevo ancora echi dei CoL in "Deliverance", altro pezzo dalle grandi potenzialità che sembrano tuttavia perdersi nell'utilizzo di una vocalità che a mio avviso stona, non poco, nell'onirico contesto musicale creato. In chiusura, "Fall" sembra ammiccare immediatamente ai conterranei CROWN, poi il solito, a me fastidioso, connubio chitarra-voce, produce grande irritazione, prima di far posto a intelligenti trovate tecnologiche, che mantengono comunque costantemente sopra la sufficienza questo 'Earth/Dust'. C'è sicuramente ancora da lavorare e limare certe spigolature, ma la strada intrapresa sembrerebbe quella giusta. (Francesco Scarci)
 
(Rotten Tree Productions - 2024)
Voto: 68
 

martedì 29 ottobre 2024

Esoctrilihum - Döth-Derniálh

#FOR FANS OF: Experimental Black
The French project Esoctrilihum has been, since its inception back in 2016, a relentless force of creativity, pushing the boundaries of extreme metal with a vast palette of influences. Asthâghul’s musical vision has navigated between the frontiers of black and metal, combining both genres with experimental and atmospheric arrangements. This combination varies with each album, achieving a very singular career full of monumental albums which obviously are not for everyone. The length, complexity, and brutality of some albums, may take some time to digest, but the reward is always worth your time. It is important to highlight how active Esoctrilihum has been during these years, releasing albums each year, which is quite impressive taking into account the intricate nature of its music.
 
I was curious to listen to what this French project could offer after the particularly lengthy and complex 'Astral Constellations of the Majickal Zodiac', which was like a musical summary of the previous albums. It was an appropriate moment to push once again the boundaries of its music and unsurprisingly Esoctrilium has made it with the new opus 'Döth-Derniálh'. Don’t get me wrong, there is not a radical change here, as most of the well-known elements used by Asthâghul can be found here. Nevertheless, there is a very interesting and generous use of acoustic guitars, which helps to create some kind of folk horror atmosphere throughout this album. The widespread use of clean vocals, alongside the aforementioned acoustic guitars, make this album a more intimate, mysterious, and dark piece of work. It is also less extreme in comparison to other previous albums, although the rage erupts when you least expect it. The keys also play an interesting role in enhancing the occult-like atmosphere of the album. The first track, entitled "Atüs Liberüs (Black Realms of Prisymiush’tarlh)" is a clear example of it, with these great keys, whose melodies are really hypnotic. The already mentioned acoustic guitars make their first appearance, accompanied by some kind of violin or similar instrument, creating an interesting mixture of sounds. The clean vocals have a great role here, as you will notice throughout the album, although in this track they are particularly omnipresent. As said, there is room for some fierceness in this album although to a far less degree, this track being also a clear portrayal of it. Moments of brutality with some great shrieks and relentless double bass can be found here and there, like for example in the second track, being that section one of my favorites as it masterfully combines the fury with some captivating melodies. The third and fourth tracks explore this heavier side, but still keeping a relevant space for the acoustic sections that define this album. The unique approach of this album diminishes the immediate impact of the compositions and requires more time from the listener to become accustomed to it. However, if you allow yourself to be enveloped by the atmosphere, this album can be an intriguing musical journey.
 
Esoctrilihum continues its highly personal musical exploration with the new opus 'Döth-Dernyálh'. The French project has delved into new territories with a more acoustic approach, while still maintaining its dedication to extreme metal. This album may not be the first one I would recommend from this project, as I personally feel that some moments lack brutality, which could have helped achieve a better balance. Nevertheless, the unfathomable and esoteric atmosphere of 'Döth-Dernyálh' makes it a captivating experience. (Alain González Artola)
 
(I, Voidhanger - 2024)
Score: 80
 

Nereo - Worship Me

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine

#PER CHI AMA: Black Metal
Ho ascoltato più volte il nastro dei Nereo alla ricerca di qualcosa da salvare ma in tutta sincerità, non ce l’ho fatta. Il suono del combo comasco va e viene nelle prime canzoni ed è di qualità veramente bassa. La chitarra poi, ha una distorsione che la fa sembrare un pezzo di ferro arrugginito; i riffs, con un suono similare, finiscono per sembrare tutti uguali. E la batteria elettronica è mal programmata e più di una volta, terminato un pezzo, si sentono ancora dei colpi piazzati qua e là. Forse la voce non è male ma in un contesto del genere, non può certo salvare l'unico vagito di questa band ormai sciolta. D'altro canto, non ci si può certo nascondere dietro la scusa di un prodotto grezzo, pubblicando materiale per nulla curato.
 
(Self - 1998)
Voto: 40
 

Corpus Christii - Saeculum Domini

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Black Metal
Qualche mente malata esiste anche nella penisola Iberica e più precisamente in Portogallo, terra del duo che diede vita a questo infernale progetto nel lontano 1998, e di cui 'Saeculum Domini' rappresenta il debutto (ma sono già nove gli album all'attivo per i nostri/ndr). Una drum machine quasi sempre impazzita (l’opener "Flama Tenebrarum" è devastante) e una dose di bassi tali da frantumare le casse dello stereo, fanno da sfondo a un intreccio di synth e chitarre realmente apprezzabile. A volte sono le tastiere a prendere il sopravvento dando un’impronta quasi marziale all’incedere dei pezzi. La voce è semplicemente invasata. Il paragone con i Limbonic Art (non i primissimi) sembra naturale ma i Corpus Christii sono più disposti a sperimentare con l’elettronica e la mia speranza era che intraprendessero questa direzione (ahimè non è andata cosi), diventando ancora più personali e malati.

The Pit Tips

Francesco Scarci

Oranssi Pazuzu - Muuntautuja
High Parasite - Forever We Burn
Doedsmaghird - Omniverse Consciousness

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Alain González Artola

Kawir - Kydoimos
Midnight Odyssey - Closer To The Sky
Nile - The Underworld Awaits Us All

martedì 22 ottobre 2024

Clandestine Blaze - Night of The Unholy Flames - Repress

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Raw Black
Un artwork scarno e inquietante come solo la Northern Heritage ci ha abituati, ci presenta i Clandestine Blaze. La Finlandia da sempre, culla di gruppi black metal validi e interessanti e i Clandestine Blaze ne sono un esempio. Il loro black è fatto di due riffs per canzone ma veramente oscuri e azzeccati, di strutture semplici e ossessive, di synth che incupiscono ancora di più le atmosfere, se ce ne fosse bisogno. Sono presenti un mid tempo e un pezzo piuttosto lento; le altre canzoni sono tirate ma non all’estremo. La produzione è adeguata, abbastanza potente ma comunque grezza. Ho apprezzato le vocals, cavernose e disturbanti, che si discostano dalle solite timbriche black. Il tutto è racchiuso tra un intro e una traccia molto particolare e agghiacciante. I Clandestine Blaze sono un’entità di riferimento, da ormai 25 anni, nell’odierno panorama black e poco importa se non rispondono alle interviste perché 'Night of the Unholy Flames' contiene già tutte le risposte.

(Northern Heritage - 2000/2024)
Voto: 70

https://www.metal-archives.com/bands/Clandestine_Blaze/988

Strident - Budapest Never Sleeps

#PER CHI AMA: Thrash Metal
Della serie la musica non ha confini politici. Ecco che dopo aver recensito ieri una band russa, oggi mi appresto a darvi un assaggio dell'ultimo EP degli israeliani Strident e del loro thrash metal che da ormai 20 anni contraddistingue la band. Quattro soli i pezzi per questo tuffo nel passato a richiamare colleghi ben più famosi a stelle e strisce. L'attacco martellante "tunz tunz" e la classica voce potente dell'opener "The Seeds of Hate", non possono non ricordare i primi Exodus, la serratissima ritmica old fashion non può non evocare i primi Slayer, cosi come il super assolo a metà brano non può non evocare i primi Testament. Cosi, ci troviamo un compendio del miglior thrash anni '80, con alcuni rimandi ai Forbidden nelle vocals (e chorus) di "Poserist", la stessa che vede anche una veloce rincorsa di chitarre (e un fantastico assolo) di scuola Megadeth, "Rust in Peace". E che dire della title track che, nelle linee di basso, chiama in causa anche gli Over Kill e un pizzico degli Anthrax? La conclusiva "Repentless", non a caso, è poi una cover degli Slayer, per un tripudio conclusivo di devozione totale al thrash metal. (Francesco Scarci)

lunedì 21 ottobre 2024

Правда - Hayka

#PER CHI AMA: Mathcore
Di questa band non so assolutamente nulla, non fosse altro che si chiamano Pravda (o in cirillico Правда) e vengono ovviamente dalla Russia. Ho faticato addirittura a trovare il loro sito bandcamp, quindi figuratevi. Non esistono poi nemmeno su Metal Archives quindi, per favore, non fate troppe domande, fidatevi delle mie parole e lasciatevi investire da questi pazzoidi. La band di San Pietroburgo ci spara in faccia, non del tutto appropriato questo termine di questi tempi, sei tracce di mathcore furibondo, sporcato di sludge, hardcore, sperimentalismi vari noise e perchè no, anche un filo di doom, visto che l'iniziale "Терминология", dopo averci preso a scudisciate nella prima metà, si ritrae in sonorità più apocalittiche nella seconda metà. Focalizzandosi su temi prettamente scientifici, inquietanti i riferimenti relativi all'uso indisciplinato degli impianti nucleari, i nostri si muovono in territori sconnessi un po' in tutti i brani: ne è un esempio la seconda "Плоская земля", brillante comunque in alcuni fraseggi jazzy ma decisamente più ostica nella sua globalità. "Методика" è furia nuda e cruda, combinando hardcore con reminiscenze black e sonorità decisamente sghembe, che per follia generalizzata, potrebbero ricordare uno dei molteplici progetti estremi di Mike Patton, magari nella sua collaborazione con John Zorn, oppure i maestri di sempre, i The Dillinger Escape Plan. "M3" è un breve intermezzo musicale, quasi ambient, che ci prepara alla furia distruttiva di "Невротик 24", song dal flavour post black, quella che probabilmente è affine maggiormente ai miei gusti e che mostra un lato alternativo dei musicalmente pericolosi russi di quest'oggi. La schizoide e oscura title track chiude un disco a dir poco imprevedibile (che per certi versi mi ha rievocato i loro concittadini Follow the White Rabbit), difficile anche solo da deglutire (figurarsi da digerire), se non siete avvezzi a questo genere di cucina che a volte rischia di essere particolarmente indigesta. (Francesco Scarci)