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sabato 4 novembre 2023

Hidden Orchestra - To Dream is to Forget

#PER CHI AMA: Suoni Sperimentali
Sognare è dimenticare? Benvenuti in questo oblio targato Hidden Orchestra, interessantissimo collettivo (o dovrei di,re orchestra?) britannico, guidato dal polistrumentista scozzese Joe Acheson, che affonda le proprie radici musicali nel jazz, IDM, drum & bass, rock, trip hop e musica classica. La prima song di 'To Dream is to Forget', è teutonica, possente, masticata dalle percussioni elettroniche, fuorviante, intersecata a sonorità distopiche connesse tra loro e sfuggenti alle altre tracce. Con "Hammered" disintegriamo un macigno facendolo irraggiare in pillole avvelenate, volatili. Pace convulsa, ossimori corrotti, graffi malcelati. "Little Buddy Move": è una traccia vivida, essenziale, imperlata da sonorità prismatiche. Fugge e rifugge la musica che nostalgica ritorna tra bit arroganti travestiti da ballerine provocanti in preda al reiterare di un loop buio senza luci strobo. E facciamo partire "Skylarks". La traccia parte fredda come il ghiaccio. Vi arriveranno stilettate di stalattiti dritte tra la giugulare e l’anima e finirete per esser preda di un gioco elettronico in cui perderete il vostro protagonista. Ora siete voi il centro del gioco. Copritevi bene se temete l’incendio per assideramento. Copritevi bene perché il vostro Matrix personale dura otto minuti e cinque secondi! Con "Nighfall" siamo nel mezzo dell’album. Inaspettatamente ci addentriamo in una radura fatta di suoni melliflui, di flora e fauna, di tastiere lentamente ascendenti. Il suono diviene circolare. La natura si trasforma in plastica alle pareti. La rete è in agguato per prendervi se mai precipiterete per esservi troppo rilassati. Silenzio. Patos. Monete che cadono sull’acqua. Un sound multidimensionale. Eccola "Scatter". Mi piace come mi piace fare su e giù con la testa ad un concerto intimamente ipnotico. Lasciate fuori di casa la mente. Portatevi solo i vizi per questo ascolto. Non vi dico altro. Vi rovinerei il circolo vizioso. E se non vi basta ora vi mando "Ripple". Soffia un vento del sud. Danzano le gitane intorno al fuoco virtuale, illusorio, poderoso, trepidante, fumante delle illusioni erotiche. Stacco le emozioni con "Broken". Sassi d’oro che vengono macerati in suoni. Ripercussioni in tre quarti. Ripercussioni ancora zingare e delizianti. Corse immobili all’oro che ci scende nella gola semi solido. Questa song corrompe l’anima. Filtra il buio solo se avevamo la luce dentro. Porta così lontano da…vedete voi se riuscite a tornare indietro dalle sabbie mobili a 24 carati. Ed ora benvenuta a "Cage Then Brick". Un minuto e cinquantasette di battiti fuori scala. Percussioni alterate, semicoscienti. Legno che scalda. Sibili di serpenti, cobra che avvolgono le arterie e d’improvviso sfumano. Non l’ho nemmeno assaporata. Come un morso letale. Piove adamantio. "Reverse Learning". Questa traccia inizia oltraggiosa e benevola al contempo. Ritmata quanto basta. Spezzata quanto basta. Avvolgente quanto basta. Sussultante quanto basta. Invece è una trappola per la mente. Esoterica. Pulsante. Accattivante. Egocentrica. E chiudiamo il nostro viaggio virtuoso con il titolo che dà il nome all’album, "To Dream is to Forget". Davvero? Perché? E se fosse? Gli Hidden Orchestra sono coraggiosi. Sfrontati. Enigmatici. Timidamente erotici. Futuristi. Capaci di pura proiezione nella loro arte. Ci lasciano con questo epilogo malinconico, filtrante, con suoni al rallentatore, espliciti, nostalgici, danzanti. E ora ricominciate l’ascolto e capirete la bellissima circolarità dell’album. (Silvia Comencini)

mercoledì 1 novembre 2023

Theosophy - Bleeding Wounds of the First and the Last

#PER CHI AMA: Black Metal
Dalla Russia con furore. È proprio il caso di dirlo dopo aver infilato il disco dei russi Theosophy nel lettore e aver fatto partire la title track di questo sesto capitolo intitolato 'Bleeding Wounds of the First and the Last', che offre un black melodico che combina eleganza a furia distruttiva. Questo stavo appunto cercando di dirvi mentre venivo immediatamente investito dalla ritmica veloce del misterioso quartetto originario di Barnaul. La band siberiana ci propina sei nuove tracce che si muovono con un pizzico di originalità (il chè non guasta mai) in territori estremi, ma lo fanno con cognizione di causa, il che si traduce in melodie di scuola scandinava, l'utilizzo di voci alternative a quelle tipicamente urlate del black e un discreto uso delle tastiere. Questo è quanto appurato nella coinvolgente traccia d'apertura e certificato successivamente da "Majesty of the Two Rivers" che, partendo da un incipit post punk, si tramuta in un'epica cavalcata black, di quelle che sogni scalando montagne innevate a mani nude o attraversando rigogliosi boschi coperti di neve. Mi piace l'utilizzo delle percussioni in questo pezzo soprattutto nei break in cui i nostri decidono proprio di dare maggior risalto alle pelli. Poi largo a gelide melodie che si renderanno ancor più glaciali nella successiva "Ash", quasi un inno agli Immortal, che si muove tuttavia in bilico tra ritmiche sghembe e altre più fredde e semplici, quasi i nostri volessero unire la scuola francese dei Deathspell Omega con quella di Demonaz e compagni. E non possiamo che apprezzare il tentativo di andare fuori dai consoni binari del black metal. Certo, quello che ne salta fuori non ha ancora le sembianze di una nuova originalissima creatura ma potremmo essere sulla strada giusta. Il tutto è suffragato dalle successive song, dalla più criptica e malinconica "The Spirits of Tarma", forte dei suoi tremolo picking, di un drumming che si conferma ancora assai interessante e potente, e di atmosfere sulfuree niente male. Si passa poi a "Only the Wind Blows Wherever It Wants" e "Over the Empty Valleys" che suggellano la prova generale dei Theosophy. Se posso permettermi, nei prossimi capitoli cercherei un maggior uso della parte solistica e un utilizzo più importante dei synth nella costruzione di parti più atmosferiche in grado di esaltare l'epicità e la componente sinfonica di una band che sembra avere ancora ampi margini di crescita. (Francesco Scarci)

Shrapnel Storm - Silo

#PER CHI AMA: Death/Thrash
Terzo album per i finlandesi Shrapnel Storm in 17 anni di carriera. 'Silo' arriva a distanza di quella bomba autointitolata uscita nel 2020, pertanto potrete immaginare come l'attesa per il nuovo lavoro fosse piuttosto alta. Tuttavia, devo ammettere che questa nuova release non mi abbia impressionato più di tanto: dieci brani più intro votati ad un death thrash piuttosto lineare che da "Wastelands" arriva senza troppi sussulti, alla conclusiva "This is Where I Fell". Ci sarà quindi qualcosa da salvare in questo disco, vi starete domandando? Si si, non temete. Le parte solistiche sono sicuramente piacevoli, l'energia sprigionata dal quintetto di Tampere è sicuramente importante, soprattutto in serate dove la necessità di riscaldarsi potrebbe prevedere un pogo incalzante ed incazzato. Per il resto, le ritmiche dei vari brani, oltre ad evocare grandi classici quali Obituary e Bolt Thrower, aggiungono ben poco. Mi piace quel basso che s'intravede tra le linee di "Justice and Glory", forte anche di un discreto coro e di un bell'assolo, peccato sia cosi breve. Poi, spazio al martellamento sismico inflitto da "Only Snake Here Is You" o dalle super distorsioni chitarristiche di "Bring Me the War" che sembrano consegnarci una band differente, sia per suono di chitarra, che per la voce del frontman, senza tralasciare le mitragliate che rilascia la ritmica. Con la successiva "Conquering the Gods", il suono sembra però perdere in potenza e la proposta della band sprofondare definitivamente nell'anonimato di un suono vecchio di trent'anni che vedrà una parziale rinascita nella dirompente "Kinslayer" e nella conclusiva "This Is Where I Fell", laddove le chitarre sembrano tornare ad essere più cristalline e potenti. Troppo poco però per rendere accattivante un disco come questo. Rimandati. (Francesco Scarci)

(Great Dane Records - 2023)
Voto: 58

https://greatdanerecords.bandcamp.com/album/silo

Hegeroth - Disintegration

#PER CHI AMA: Black/Death
Non si scherza certo con i polacchi Hegeroth che sin dal primo secondo ci fanno ballare a botte di calci nel culo con un suono dirompente, articolato e maligno, un biglietto da visita inviperito che ci introduce al quinto lavoro per la band di Katovice, 'Disintegration'. Di nome e di fatto aggiungerei io. "The Snake" ci stringe infatti nella sua morsa black metal che fa del tremolo picking la sua arma principale, accompagnato da vocals super arcigne e da ritmiche sghembe, eppur dotate di una discreta vena melodica. Pezzi brevi, diretti in pieno volto, come testimoniato anche dall'assassina "Debased" che macina riff vertiginosi, vocals pungenti, hyper blast beat ubriacanti che ci mettono al tappeto dopo pochi secondi. Per fortuna sono solo tre minuti e 40, altrimenti la fustigazione sarebbe ancor più dolorosa. E ci risparmia anche "The Dirt", con meno di tre minuti di sonorità oblique, linee di chitarra acuminate, un breve bridge e poi ancora tonnellate di riff accalcati uno sopra l'altro, il che mi ha evocato l'esordio di un'altra band polacca, gli Entropia. La scuola black in Polonia ha grandi interpreti e gli Hegeroth potrebbero collocarsi tra questi, sebbene 'Disintegration' suoni un passo indietro rispetto al precedente 'Sacra Doctrina'. De gustibus... ma a me non dispiace la dinamicità di "The Ritual", con le sue epiche melodie, il black che incontra il thrash metal in una rincorsa chitarristica da lasciar senza fiato. La contraerea continua a sparare proiettili affusolati anche in "Uplifted", un brano che a livello ritmico, ammicca non poco ai maestri Morbid Angel. Decisamente più melodico l'incipit di "The Shepherd" che, mettendo in bella mostra il tremolo picking delle chitarre, evoca il sound dei Dissection anche se poi nei giri di chitarra, riemerge forte l'influenza di Trey Azagthoth e compagni. E non ne è immune nemmeno "The Ring", in cui il frastuono ritmico irrompe definitivamente nelle mie sinapsi, contribuendone alla distruzione di massa. Da sottolineare poi in questo pezzo un uso un po' fuori dagli schemi del cantato, qui in una stravagante versione stile Brian Johnson degli AC/DC. Una chitarra sinistra apre "The Queen of Spiders", ma sarà l'unica diversificazione rispetto ai precedenti pezzi visto che poi si riprende a mitragliare fino ad un break atmosferico che interrompe il frastagliare ubriacante delle chitarre. In chiusura, " An Accident" non aggiunge nulla di che ad un disco che rischia solo di risultare un filo indigesto a chi non è avezzo a questo genere di sonorità. L'unica salvezza potrebbe essere la durata, 33 min e 33 secondi di black metal anticristiano. (Francesco Scarci)

venerdì 27 ottobre 2023

Goatroach - Plagueborn

#PER CHI AMA: Death/Doom/Sludge
Usciti digitalmente a settembre 2022, i finlandesi Goatroach sono entrati nei radar della Sleeping Church che ne ha pubblicato fisicamente il disco un anno dopo. 'Plagueborn', debutto su lunga distanza della band di Kuopio, è pertanto pronto ad entrare nei vostri impianti stereo. Un bel tastierone apre la strumentale intro "Crawling Through the Apocalypse" e poi largo al marciume sonoro propinato dai quattro musicisti finnici in "Alone in the Universe", per un blending doppio malto, tra orrorifico sludge/doom ed una marcescente vena death. Niente di nuovo quindi all'orizzonte ma quanto proposto è comunque ben interpretato con tutti i sacri crismi e orpelli vari del genere. Un impianto di base asfittico fa infatti da contraltare al death doom old school che s'incontra nella terza "Of Guided Missiles and Misguided Men", una traccia ben ritmata, che comunque mi riconduce indietro nel tempo di quasi trent'anni, con quei suoi chitarroni belli profondi, le voci catarrose, un break atmosferico che esploderà anzi tempo, in una vertiginosa e mefitica scarica black. Che diavolo succede? I nostri ci illudono con un certo tipo di sonorità per poi colpirci a tradimento con qualcosa di più violento. E la medesima cosa accade anche nella melmosa "Rise Above the Primate", sludgy fino al midollo almeno fino al minuto 2.50, laddove ci ritroviamo sul dirupo, con vista infinito, e i nostri ci spingono giù con un'altra ritmica serrata e vorticosa che ci farà rotolare fino di sotto. Ancora suoni marci con "An Echo of Blood" e la successiva "Excarnated" che per certi versi, mi ha evocato un che dei primissimi Cathedral miscelato agli Autopsy più compassati. Interessante l'incipit di basso della psichedelica "Nykyhetki on Vain Huomisen Eilinen", accompagnato qui da un cantato pulito (e non solo) in lingua madre che ci accompagnerà attraverso contorti giochini di tastiera e dirompenti sferzate ritmiche fino alla conclusiva "Unworthy of a Grave", che chiude i 33 minuti di questo lavoro, all'insegna di sonorità fangose, pesanti e asfissianti di "neurosiana" memoria, che potrebbero di certo allietarvi la prossima giornata dei morti. (Francesco Scarci)

(Sleeping Church Records - 2023)
Voto: 70

https://goatroach.bandcamp.com/album/plagueborn-2

Lunar Tombfields - An Arrow to the Sun

#PER CHI AMA: Post Black
Tornano i francesi Lunar Tombfields (LT) dopo l'esordio dello scorso anno che non avevo proprio trattato benissimo. Speriamo che con questo 'An Arrow to the Sun' i due musicisti d'oltralpe possano rifarsi e farmi quindi rivalutare la loro proposta. Il disco si apre con una blanda intro atmosferica che ci introduce a "Solar Charioteer", song che sottolinea immediatamente come i pezzi del nuovo capitolo siano relativamente più brevi (8-9 minuti) rispetto a quelle maratone musicali in cui ci eravamo imbattuti lo scorso anno. La traccia comunque si affida a delle ritmiche melodiche (un filo depressive) su cui si addensano i vocalizzi di M. e in cui i nostri provano anche a dar spazio a partiture atmosferiche che dovrebbero affiancarsi a quel rigore glaciale che avevo riscontrato nella precedente release. Ecco, dovrebbero, perchè anche in questo caso non ci trovo molto calore nella proposta del duo transalpino, fatto salvo per quegli intermezzi più composti da cui ripartire con la furia iconoclasta che continua a caratterizzare i LT. "Représailles" prova a partire con meno spinta propulsiva, infarcendo il tutto con un filo di melodia in più, cupa e malinconica, che prova a stemperare quei momenti piuttosto canonici di mistura tritasassi che tende ad esasperare la proposta della band. Apprezzabile comunque quella continua ricerca di melodia nelle linee di chitarre, un assemblare sprazzi di atmosfera quasi al limite del death/doom che potrebbero accostare il suono del duo anche a quello più atavico dei Deafheaven, che a mio avviso, rimangono comunque di un altro livello. Buono il tentativo di utilizzare poi dei parlati nei momenti più compassati che dimostrano comunque una certa progressione sonora in un cosi breve periodo di tempo. Non si perdono però le vecchie abitudini e "As Iron Calls, So Pile the Dreams" viene sparata a tutta forza con la sua caustica forza metallica, spezzata fortunatamente da un solenne ed emozionale break acustico verso il quinto minuto e che per un paio di giri d'orologio, ci coccola tra le sue calde braccia. "The Amber Her" ha un piglio più tribale nelle sue percussioni e non è affatto male, ma poi, eccole li, le scorribande nere come la pece, riprendono a correre verso le viscere della Terra accompagnate dalle abrasive vocals del frontman che solo nell'ultima "Le Chant des Tombes", prende il coraggio a due mani utilizzando un cantato pulito assai sofferto, su cui proverei a soffermarmi un po' di più in futuro, e rallentando ulteriormente le velocità del brano, ci regalano quello che è a parer mio, il miglior pezzo di un lavoro che mostra segni di progresso, ma non ancora sufficienti per farmi gridare al miracolo. (Francesco Scarci)

Sepultura - Schizophrenia

 #FOR FANS OF: Death/Thrash
I'm surprised that I overlooked this album, probably because of the production quality and 'Morbid Visions' I wasn't a fan of though I did have this one on CD. I never ended up getting 'Morbid Visions' but I had built up potential to this band after listening to this one and 'Beneath The Remains.' I wasn't a big fan of their other releases except 'Arise.' Now, I don't follow them at all especially with Max and Igor are out of the band. But it's good what the Caveleras are doing now with re-recording the first two albums I believe. Max had to relearn the early songs and for this release the thrash metal was just flowing with energy!

Without the Cavalera's, Sepultura isn't the same. That's why I stopped following them. And I thought 'Chaos AD' and 'Roots' didn't have the same Sepultura thrash that I was so used to hearing from them. No one can duplicate their early sound.

So 'Schizophrenia' was a good follow-up to their debut 'Morbid Visions' and the riffs were pure thrash with a lot of intensity. The music itself was entirely original as was 'Beneath The Remains.' I had the latter on cassette. 'Schizophrenia' I always had on CD. The music, the leads, the vocals and the drums all showed what talent this band was early on. But after each successive release seemed to be less and less thrash except 'Beneath The Remains.' I guess they didn't want to duplicate albums but they never really progress as time went on. It seemed as though they got kind of lazy especially on 'Chaos AD' and 'Roots.'

There's a lot of history behind this band and the early days where 'Schizophrenia' arrived in the metal scene was about the times was with US thrash bands were emerging aside the success Metallica had with their start to their genre. But Exhorder, Exodus, Testament, et al were seeing to pop up in the scene but with the same problem: production quality. But 'Schizophrenia' was solid. Maybe the guitars were a little bit sloppy but not really to the point where they were really a garage band to the likes of others that were emerging. The songs on 'Schizophrenia' where well constructed though depressing as hell. This is the atmosphere that they wanted! (Death8699)


(Cogumelo Records - 1987/2022)
Score: 80

https://www.sepultura.com.br/

mercoledì 25 ottobre 2023

Afsky - Om Hundrede År

#PER CHI AMA: Depressive Black
Gli Afsky sono una one-man band danese guidata da Ole Pedersen Luk, che ha rilasciato quest'anno il nuovo album, 'Om Hundrede År', un'offerta inquietante e atmosferica, che ci immerge nella maestria musicale del mastermind nordico, sia per temi lirici che impatto generale sul genere. 'Om Hundrede År' mette in mostra il talento innegabile del polistrumentista nel creare paesaggi sonori cupi ed atmosferici sin dall'iniziale "Stormfulde Hav". L'album intreccia intricate melodie di chitarra, potenti percussioni e anche elementi ambient. Ogni traccia è meticolosamente arrangiata, permettendo alla musica di fluire e refluire, creando in tal modo un'esperienza coinvolgente per l'ascoltatore. Le voci inquietanti di Ole Luk aggiungono un'energia cruda e struggente all'insieme della composizione dell'album. Le sue urla angoscianti unite ad un cantato a tratti più melancolico, catturano perfettamente l'oscurità ed l'atmosfera introspettiva dell'album. Se poi ci mettete anche liriche profondamente radicate in tematiche di disperazione, isolamento e oscurità dell'esistenza, potrete lontamente immaginare con cosa avere a che fare. Tuttavia, i testi in danese, pur evocando un senso di nostalgia e introspezione, non ci aiutano a scoprire ulteriormente le sfumature qui contenute. Gli Afsky comunque provano a spingersi oltre i confini del black metal, offrendo una miscela di elementi atmosferici, melodie e aggressività pura che provano a distinguerlo nella vasta scena del black metal, esplorando nuovi territori ed emozioni con grazia ed intensità. Alla fine 'Om Hundrede År' è un'esperienza di black metal coinvolgente e al tempo stesso inquietante soprattutto laddove i nostri cercano di sedurci con chitarre acustiche (tipo la potente "Tid") o passaggi in tremolo picking che smorzano quel filo di brutalità che permea comunque l'album. (Francesco Scarci)