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sabato 17 agosto 2013

Continuo Renacer - Continuo Renacer

#PER CHI AMA: Prog/Techno Death, Gordian Knot, Aghora, Pestilence
Originari della penisola Iberica, i Continuo Renacer, band a me totalmente sconosciuta, sono in attività già dal 1994, con un sound influenzato da act quali Cryptopsy, Death e Suffocation. L’anno 2000 segna il punto di svolta per il gruppo, con il delinearsi di una line-up stabile, priva di un cantante e la virata del proprio stile musicale verso un genere più tecnico e progressivo fuso con il jazz, volto a dare alla band un sound più fresco e innovativo. Sicuramente i tre musicisti baschi dimostrano un più che discreto bagaglio tecnico, magnifico è infatti il basso slappato in alcuni passaggi a ricordarmi le performance di Steve di Giorgio nei Death; forti poi i richiami ai Cynic e alle varie creature nate dalle costole di questi ultimi, Gordian Knot e Aghora. L’unica pecca di quest’album omonimo (datato 2005 e che ha visto un come back discografico solo nel 2011), potrebbe sicuramente essere rappresentata dalla scelta di non avere un cantante a spezzare il ritmo, talvolta fin troppo arzigogolato dei brani, dove spesso le sperimentazioni scadono in esercizi di tecnica fini a se stessi. Interessanti indubbiamente sono i passaggi jazz e prog-rock, che si fondono alla perfezione con un genere assai ostico come può essere questo, fatto di pezzi troppo pretenziosi e complicati e con continui cambi di tempo volti a disorientare l’ignaro ascoltatore; tuttavia non abbastanza sufficienti da impreziosire questo album di debutto che comunque, si assesta su una sufficienza piena. Da rivedere sicuramente la possibilità di assoldare un cantante in formazione... (Francesco Scarci)

Prassein Aloga – Midas Touch

#PER CHI AMA: Heavy/Crossover, Iron Maiden, Sons of Selina, System of a Down
Ultimo album datato dicembre 2011, distribuito via digitale da Heart of Steel per questa band greca nata nel 1995, che ha goduto di buoni riscontri in patria poiché, ad eccezione di questo "Midas Touch", l'ensemble ellenico ha sempre usato la lingua madre per esprimersi. Proprio l'uso a sorpresa della lingua inglese ha dato nuovo slancio e verve a questa formazione molto interessante nonché l'aumento della qualità maggiorato dall'apporto in ben due brani della prestazione vocale di Paul Di Anno, mai dimenticato primo vocalist degli Iron Maiden. Tornando al contenuto del disco dobbiamo ammettere che è straripante di idee, intersecazioni di generi e modi di intendere il rock e il metal a 360 gradi. Troviamo il classic metal dei primi Iron Maiden mischiato a forme psichedeliche vicine agli indimenticatbili Warrior Soul, riff granitici di scuola primi Lamb of God oppure schegge di nu metal a ricordare certe cose dei System of a Down. A volte i nostri ricordano l'hard rock o il thrash più sanguigno, il prog metal più classico con piccoli episodi per così dire pop di lusso, con tastiere in buona evidenza, assoli e riff di carattere e una buona sezione ritmica, ma la differenza reale sta nella versatilità della bellissima voce del cantante Angello che varia continuamente e alla fine dona un tocco di moderno alternative metal anche ai brani più statici. In questo disco la varietà sonora è così vasta che a stento si trovano delle sbavature, considerando poi la fantasia e la costante seppur complessa o variegata orecchiabilità dei brani (qualcosa fa ricorda anche i grandi Sons of Selina, mitica prog rock band underground di fine anni '90), tale che potremo definire questo album un piccolo gioiellino da avere assolutamente... In questo cd ci sono brani per tutti i gusti metallici, in tutte le salse, dall'heavy al crossover senza scardinare l'istrionica e camaleontica originalità della band. I Prassein Aloga ci donano questo lavoro mettendo in mostra tutte le loro doti compositive ed esecutive in quattordici brani da ascoltare tutti d'un fiato senza mai sapere cosa aspettarsi dal brano che segue. Immaginate di ascoltare i 35007 dell'omonimo album suonare una cover degli Iron Maiden tratta dal loro primo disco e avrete un'idea della prima traccia reale, dopo l'intro di questo "Midas Touch" e se non bastasse per capirli, potremo passare direttamente alla tredicesima e quattordicesima traccia, una ballata e uno strumentale con piano straziante e assolo di rarefatta floydiana memoria con altre mille venature seventies sparse qua e là... Un disco per menti aperte e cervelli che elaborano e macinano musica rock e metal a tutto campo senza limite alcuno ed epoca. Una grande prova di maturità, un cd da ascoltare, una band da seguire!(Bob Stoner)

Kaptivity - Walk Into the Pain

#PER CHI AMA: Old school Death metal, Grave, Deicide
Era da tanto che non mi capitava di ascoltare qualcosa di old school e tutti sono a conoscenza che la scena italiana non abbia tantissime band che seguono queste sonorità, purtroppo, sopratutto in ambito death metal. I Kaptivity riescono nel loro intento grazie ad un songwriting aggressivo che non cade mai nella banalità, ed è forse questo che pecca nel loro disco (o probabilmente che vorrei sentire io): una attitudine schietta e menefreghista capace solo di rappresentare le più becere musiche. Quello che io identifico come il "problema" è l'effettiva capacità strumentale e compositiva del combo emiliano che riesce perfettamente nel suo intento di creare delle tracce di matrice death old school con un pizzico di aria macabra e funeraria. Dopo l'atmosfera creata dall'intro, le composizioni sono un sussegguirsi di violenza sonora e di bieca oscurità, in primis le tracce "City of Pain" e la evocativa "Burning Until the End". Avrei preferito "Dawn of the Immolated" successiva all'"Intro", dato che è impossibile ascoltarla composti. L'opera risulterà molto piacevole per tutti gli amanti di un certo death metal primordiale o per coloro che sono alla costante ricerca di nuove leve per vecchie sonorità. (Kent)

mercoledì 14 agosto 2013

Picatrix - Quaestio Prima

#PER CHI AMA: Ambient elettronica downtempo
Difficile introdurre quest’artista, poiché avvolto dalla nebbia del mistero. L’unica cosa che si può narrare, è che pare quest’opera sia scritta e composta da Luigi Seviroli (autore, tra l’altro, di alcune musiche per fiction italiane e del film su Dylan Dog), ma non è chiaro se sia proprio lui sotto pseudonimo. Altra chicca, è l’intervento all’interno del booklet del famoso scrittore Valerio Evangelisti (ricordiamo “Il Ciclo di Eymerich”, e la trilogia di Nostradamus), che loda questa breve composizione di 5 tracce. Tutta l’opera, ormai datata 2005, catapulta l’ascoltatore in un limbo che evoca immagini di vita medievale, con sterminati campi e villaggi fatti di capanne sotto il castello, aiutati anche da note di cornamusa sintetizzate (presente in tutte le operette), oltre che a momenti di suspense in “Zohar et Metatron”. Note allegrette si possono sentire in “The Inquisitor” che con la cornamusa quasi crea un’atmosfera giocosa. Tutt’altra ambientazione viene creata in “From Hell”: cupa, inquietante, drammatica. 10 minuti angosciosi, che lasciano l’ascoltatore in sospeso ma che riportano alla perfezione la parte più nera e tenebrosa del medioevo, piena di fantasmi e ignoranza. Si chiude così quest’ambiguo album, perfettamente mimetizzato nella nebbia più fitta e che, nonostante i numerosi ascolti, risulterà veramente impenetrabile da comprendere. Di sicuro è perfetto per qualche serie televisiva in costume, o come sottofondo musicale per leggere. (Samantha Pigozzo)

The Coffeen - You Must Be Certain of

#PER CHI AMA: Heavy Doom Stoner Punk
Caffettiera, bara da morto e altre amenità, questo album è un calderone infernale di generi (stoner-doom-heavy metal-dark-punk-blues-la suoneria dell' Iphone, etc.) che se preso nel modo giusto, non è così male. Per modo giusto intendo non seriamente, dopo tutto cercar di fondere generi diversi è già stato fatto, però o hai le palle per farlo bene, altrimenti cadi nel banale. Tecnicamente niente da dire, si sente che c'è esperienza e pelo sullo stomaco, ma ormai non basta quello, da anni. Parliamo brevemente di "Zombie for Breakfast", doom iniziale lento come un cadavere che cerca di risalire dalla sua tomba e vocione grosso in dark style. Poi si cambia e via di punk, assolo di wah wah e cori che ricordano l'heavy metal degli anni 80. "Fistfuck Rising" è uno stoner primordiale, neanche fossero mai esistiti i Kyuss e gli Sleep. Giri ripetitivi e voce con un pò di riverbero, giusto per non perdere lo stile vintage del cd. Chiudo (sennò sto male) con "When the Telephone Doesn't Ring" che risolleva i The Coffeen, almeno per alcuni riff che catturano l'orecchio del vecchio rocker e lo incitano a smuovere le budelle bruciate dal troppo whisky trangugiato nei molti anni di concerti dei Motorhead, ZZ Top e co. Che vi devo dire, ascoltatevi le altre tracce e decidete che farne. Italians do it better, come recitano i The Coffeen, ma cosa facciamo meglio? Sicuramente non facciamo valere le nostre idee e non mettiamo in gioco il nostro culo per qualcosa in cui crediamo. Noi al massimo il culo ce lo facciamo rompere, non solo da Rocco. (Michele Montanari)

giovedì 8 agosto 2013

Fate Unburied - Dehumanized Society

#PER CHI AMA: Death Melodico, Carcass, At the Gates, Death
Una piacevole melodia di chitarra irta di chorus è l'introduzione di "Arise" traccia iniziale della release "Dehumanized Society", debutto del giovane combo vicentino Fate Unburied. Dura solo pochi secondi la lieve melodia chitarristica che presto si tramuta in pura violenza sonora costituita da un death metal melodico di matrice svedese. La struttura compositiva è molto classica, ovvero uno scream non troppo acido, chitarre veloci con un suono melodico ricco di armonizzazioni, delle linee di basso che non si limitano a zappare le note portanti, ma sopratutto un drumming di notevole tecnica e prestanza, capace di rendere tutte le tracce complete e non lasciare un attimo di respiro. Il punto debole di questa ottima prima uscita è invece il suono troppo digitalizzato, che ormai sta intasando la nuova musica uscente dalle giovani band, grazie ai moderni sistemi di registrazione homemade. Il punto forte di questa release d'altro canto, lo vedo nel songwriting: nonostante nel death melodico sia facile cadere negli stereotipi del genere, i quattro ragazzi veneti riescono a creare delle composizioni tecniche ed affascinanti ("Chimera" su tutte), con l'influenza dei grandiosi Death facilmente riscontrabile. Ci sarà tempo per rendersi più personali, nel frattempo date una chance a "Dehumanized Society". (Kent)

Chaos Plague - Chaos Plague

#PER CHI AMA: Progressive Death Metal, Necrophagist, Pestilence
Tramite il buon Emi della Music Solution's Agency, giunge fra le mie mani questo discreto EP dei Chaos Plague, giovane band di Como, che mi allieta con tre tracce progressive death metal di buona fattura. Le sonorità tendono al classico, distaccandosi dalla moderna scia di gruppi come Beyond Creation o Obscura; la preparazione tecnica è più che sufficente per il genere e alla luce di ciò, non riesco a capire il volere della band di non varare scelte compositive che virano verso parti più adrenaliniche, ma di rimanere sempre sugli stessi stagnanti ritmi e patterns. Le parti più progressive rock e lievemente jazzate, di chiara ispirazione Cynic, sembrano inserite a forza e alla fine non convincono efficacemente tanto che pesa molto nel lavoro complessivo il finale di "Sinner's Regret". In conclusione "Chaos Plaugue" lo vedo come un'opera incompleta che limita terribilmente le capacità di un gruppo, che dati i presupposti fin qui ascoltati, può fare certamente qualcosa di superiore. (Kent)

The House of Usher - Radio Cornwall

#PER CHI AMA: Dark Gothic Rock, The Cure, Joy Division
Ricevo questo doppio cd, ormai datato 2005 ove troneggia l'immagine di un re con tanto di barba e corona, come da tradizione medievale: inserisco il cd nel lettore e chiudo gli occhi, lasciandomi trasportare dal gothic rock teutonico. "Wherever the Storm May Drop Us" inizia con suoni distorti, per arrivare poi ad una voce che ricorda i Joy Division e i Cure; tutta la canzone è caratterizzata da un'atmosfera cupa, scura, quasi pesante, un goth-rock pulito e piacevole, tranquillo e non impegnativo. "More than Average" si presenta con una voce più acuta pur mantenendo una atmosfera dark: gli strumenti in primo piano sono il sintetizatore e la batteria, mentre in secondo piano vi sono anche chitarra e batteria. Questo brano si avvale anche della collaborazione di una voce femminile per i cori. "A Dead Man's Hand" inizia con spari, elicotteri e urla lasciando poi il posto ad un brano grintoso, cattivo, potente, più dark rispetto ai precendenti ma di grande impatto. "Hide and Seek" è già più calma, con un largo uso di chitarra-batteria e una voce semi-grave, matura. Un brano che accompagna facilmente i pensieri, senza infastidirli, terminando con note di pianoforte e tastiere. "Will You Know Me" ricalca lo stesso ritmo, cambiando solo la velocità: questo brano è un po' più veloce, ma senza risultare troppo duro, insomma rimane sempre nell'ambito rock, senza mai nemmeno timidamente fare capolino nel reparto metal. La sorpresa di questa traccia è la voce femminile che canta in francese, molto dolce e gradevole. "For Better for Worse" è ancora più cupa, degna della migliore tradizione “joy divisiana”: malinconica, funesta, deprimente, persino profonda. Siamo giunti a metà album e ci si presenta la title track, "Radio Cornwall": appena percettibile c'è l'inno americano all'inizio, mentre la canzone risulta bella carica. "The Floor She Walked Upon" ha un tono più solenne e accattivante: personalmente lo reputo uno dei brani migliori di questo album, proprio per la vita che contiene. Il brano sembra essere uscito dai primi anni '90, grazie soprattutto all'uso di tastiere e suoni campionati. "It Doesn't Matter" si mette in luce per uno stampo più industrial e un ritmo più dinamico mentre "Throwing Stones at the Wind" ha un'impronta più allegra: sembra quasi che la band voglia spogliarsi del velo mesto che li circonda, per lasciare spazio ad un sentimento più positivo: quel che ci voleva dopo un album colmo di oscurità. Con "Le morte d'Arthur" arriviamo così alla fine del cd: chitarra e batteria acustiche, voce lugubre, tono solenne e voce femminile, sono gli elementi che caratterizzano il brano, quasi a voler sottolineare la tristezza che la morte porta. Solo verso la fine il ritmo si fa più incalzante, si desta dalla malinconia e riprende la forza trovata nel brano precedente. Come detto all'inizio, quest'opera si avvale di due cd, di cui il secondo contiene sia la già citata “A Dead Man's Hand”, che altre 4 canzoni composte negli anni precedenti, più orientate a suoni di stampo epico/medievale. Non è stato così semplice recensire l'album, causa brani che di base si assomigliano tutti, e che dopo un po' inducono noia nell'ascoltatore. Necessita comunque di essere sentito più e più volte, perché solo in questo modo si capteranno le diverse sfumature. Consigliato a chi ama il dark-rock dei Cure o dei Joy Division. (Samantha Pigozzo)

(Equinoxe Records)
Voto: 60

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