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lunedì 24 febbraio 2020

Nairobi - S/t

#PER CHI AMA: Experimental Rock, Jesus Lizard
I Nairobi sono un trio sperimentale di Venezia che si potrebbe catalogare come puramente post rock, ma relegarli ad alfieri di questo genere sarebbe a mio avviso un grosso errore. Alla band veneta piace infatti uscire dagli schemi e costruire una propria personale interpretazione del genere, fatta di atmosfere a tratti più energiche e cariche di quel groove del post rock “canonico”, arrivando ad associare i nostri ai Jesus Lizard, i Primus ma anche agli Slint e ai Pink Floyd. I pezzi sono corti ed ermetici, pregni di un’energia e un’urgenza espressiva davvero encomiabili. Forti di una solidissima sezione ritmica e di una chitarra capace di tessere trame vibranti e ipnotiche, i Nairobi riescono a convincere pienamente già con questo primo disco d’esordio. Ogni atmosfera a cui la band si approccia è sviscerata ed esposta nella miglior maniera possibile, il pezzo "Tricky Traps" è un buon esempio di questa ecletticità del trio, dapprima con una scrosciante cascata di riff fangosi e ruvidi per poi passare nella seconda parte del pezzo ad una ritmica dimezzata ed una chitarra sognante, di uno di quei sogni strani che sono incubi ma non lo sembrano, quei sogni da cui ti svegli un po’ turbato, disorientato senza nessun apparente motivo. I pezzi si susseguono come onde oceaniche che si abbattono sulle scogliere verticali di pietre affilate, inarrestabili nella loro marziale foga, fino ad arrivare allo spartiacque onirico e sintetico intitolato "Turbo Pascal". Dopo questa breve pausa, i toni si fanno, se fosse possibile, ancora più sperimentali nei due pezzi di chiusura ("Megalopolis" e "Oh Guns Guns Guns!"), dove troviamo atmosfere lisergiche preponderanti, sebbene la fiamma del sacro riff rimanga sempre viva e presente e non smetta di ardere. Un disco ruvido, arrogante ma al contempo raffinato ed atmosferico, una composizione magistrale così come la sua esecuzione, una corsa contro il tempo passando per il vuoto completo, attraverso tempeste, spietati rovesci di grandine, in grado di elargire un’incredibile energia a chi lo ascolta. Consigliatissimo, per cui aspettiamo con ansia altra musica targata Nairobi. (Matteo Baldi)

(Brigadisco Records/Wallace Records - 2020)
Voto: 82

https://brigadiscorecords.bandcamp.com/releases

sabato 23 febbraio 2019

Marsala - S/t

#PER CHI AMA: Elettronica/Ambient, Tangerine Dream, Brian Eno
Immaginate i Tangerine Dream che fanno sesso non protetto con i 65DaysOfStatic mentre Brian Eno filma tutto: forse — dico, forse — avrete un’idea di cosa c’è nella testa di Andrea J. Marsala, qui al debutto con il suo primo lavoro solista. Con l’opening “Slipping Into Open Flesh” ci si spalanca davanti un universo strumentale di macchinari smisurati, ben raccontati dalla ritmica industrial sullo sfondo, su cui si stratificano incessanti dissonanze oscure e gorgoglianti. Si torna a respirare in “Drowning in the Void”, con un organo prima e un arpeggiator poi, a guidare i movimenti. “Wide Open Wound” ha il sapore allucinato dell’oriente etnico con i suoi strumenti misteriosi. Una voce campionata introduce “The Distrophic Dancer”, costruita su un groove di synth-bass tanto lineare quanto mesmerizzante, che lascia spazio ad una immensa cacofonia di fiati sul finale. String sintetici fanno da contraltare ad un basso sussurrato in chiave maggiore su “Streams of Light”, che prelude all’orchestrale “Sipario”: una batteria new-wave guida un’opprimente marcia militare di archi e flauti, che diventa inquietante con l’ingresso di una voce che sembra rivolgersi a divinità sconosciute. Chiude “Ultime Fatiche sulla Via del Ritorno”, lunga parentesi ambient guidata da voci campionate, pad sintetici ed echi sottomarini, in un epico crescendo di disturbi noise. Marsala conosce bene il suo mestiere: l’amalgama di musica elettronica e acustica è in perfetto equilibrio, sempre in tensione tra luce e oscurità, tra pace e inquietudine, tra digitale e analogico. Un lavoro di songwriting tutt’altro che banale, forse penalizzato da alcuni synth un po’ ridondanti e da una tracklist che sembra concentrare il lavoro a “capitoli”, anziché prediligere una sequenza dei brani più fluida ed omogenea. Piccole imperfezioni comunque, per un signor disco uscito solo pochi giorni fa (il 20 febbraio) e per cui attendo già impaziente Marsala al varco con il successivo lavoro. (Stefano Torregrossa)

(Wallace/Brigadisco/Dreamingorilla Records - 2019)
Voto: 75

https://soundcloud.com/user-716986154

mercoledì 14 novembre 2018

The Rambo - The Past Devours Everything

#PER CHI AMA: Noise/Post-Punk/Rockabilly/Country/Garage Rock
Ascoltarli è una goduria e accostarli ad un solo genere è compito arduo e impossibile. I The Rambo, band di Lodi al terzo lavoro, proseguono la loro folle corsa verso una commistione di musiche allucinate e scapestrate fatte di garage punk, derive noise, post punk, country e rockabilly, ben intuibili anche dall'artwork scherzoso di copertina. Il tutto viene gestito benissimo con un'irruenza nevrotica e un sano tocco di pazzia tanto caro alla Captain Beefheart, con tanto di vocals degenerate, paranoiche e indigeste. I primi tre brani impazziti di questo 'The Past Devours Everything', volano che è un piacere e ci mostrano ballerini country intenti a pogare, lanciando per aria il loro cappello texano, poi si entra con il ritmo rumoroso, ipnotico e malato di "Rope of Sorrow" e qui si sventolano alte le bandiere in onore del psychobilly alla Cramps. Il disco prosegue con la bellissima "The Past Returns" e si continua sulle coordinate schizoidi tra punk e no wave, corrosiva e tagliente, mentre ci si arresta nei ritmi di "Napalm", brano dai connotati blues, tanto vintage alla Stones vecchia maniera che amplifica e mette in risalto le già note capacità compositive della band lombarda. Siamo a metà dell'opera e un titolo assurdo "Wh_T's Th_S S_Ckn_Ss?", ci porta una ventata di festoso quanto strampalato country da saloon che fa da apripista alla sbilenca, e diciamo per certi versi, etnico-balcanica, "The Devil Lurk in the Holy House". Il tutto seguendo sempre i canoni stilistici psicotici e rumorosi del gruppo che afferma ad ogni brano la propria personale visione dei generi toccati volta per volta. Accenno di ottimo post punk a ritmo di ballo liscio per la breve e sfuggente "Deadline Show" e finale esplosivo acido e perverso con la conclusiva "Shining Light". Una carrellata di generi e stili in circa mezz'ora di musica piena di energia e originalità, brani brevi e veloci, vitali e taglienti, un attitudine punk e un piglio compositivo da far invidia, che non sempre emerge nelle band italiane di certa musica trasversale. Non saranno di facile ricezione ma il buon intenditore saprà apprezzarli per bene. Ottimo album. Buona follia a tutti! (Bob Stoner)

(Dischi Bervisti/Wallace Rec/Cloudhead Rec/Villa Inferno/Il Verso del Cinghiale Rec - 2018)
Voto: 70

https://dischibervisti.bandcamp.com/album/the-past-devours-everything