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mercoledì 19 aprile 2017

Trollband – In the Shadow of a Mountain

#PER CHI AMA: Pagan Black/Folk, Wardruna, Otyg, primi Vintersorg
Senza togliere nulla al lavoro più recente dei Trollband, datato 2013, ritengo che l'ispirazione che ha portato alla creazione del loro primo full-length, sia di quelle folgoranti, che non capitano sempre nella carriera di un artista. Di quest'album se ne è già parlato a suo tempo, quando uscì nel 2011, e oggi vede la luce in ristampa tramite la Vegvisir Distribution, che saggiamente ha pensato di rimetterlo sul mercato per non farlo finire nel dimenticatoio. Infatti, questo disco merita molto rispetto, perché pieno zeppo di riferimenti cari a generi come il pagan metal, il folk metal, il black metal sinfonico e, il suo carattere istrionico all'interno di queste vesti del metal estremo, lo rendono originale e dinamitardo. Seppur ovviamente derivativo dal sound di band più blasonate, bisogna ammettere che di personalità questo pugno di canzoni ne ha da vendere e su tutte spunta il fatto che l'album si faccia ascoltare senza remore né lacune, in un continuo sorprendere l'ascoltatore con il suo profilo cinematografico, ideale per essere la colonna sonora per un documentario sui vichinghi. Lo scambio tra strumenti moderni, melodie e suoni antichi rappresenta un'apoteosi mistica (da ascoltare la title track "In the Shadow of a Mountain" degna dei Wardruna). L'atmosfera è quella sciamanica della divina Hagalaz Runedance: ancestrali leggende senza tempo si fondono con la ferocia di un tipico combo black metal (complice una voce affascinante e maligna) quando c'è da far tremare le menti assopite del mondo moderno e farle tornare ad un passato crudo e violento ("Heathen Blood") con il tutto che rimanda ai bei momenti dei Forsth, degli Otyg, dei Waylander o di Vintersorg della prima maniera. Nel loro sound c'è spazio per alcune forme di classic metal ed è una cosa che si sposa perfettamente con la componente black più veloce e guerriera, i brani sono molto variegati e niente è lasciato al caso, ben curate le ariose parti di tastiera e le suite folk pensate alla perfezione e ben suonate ("We Live"), con la voce narrante e un suono generalmente grezzo ma avvolgente e stranamente caldo, che risultano centratissimi. La copertina è perfetta per il loro stile mitologico e fantastico, bisogna poi sottolineare che a dispetto della comunanza del genere, la band canadese non ha nulla a che vedere con il sound festaiolo e alcolico dei Korpiklaani (senza nulla togliere al mito della band finlandese) ma vive di musicalità più introspettiva e sinistra. Riascoltato a distanza di qualche anno, quest'album suscita ancora tante arcaiche emozioni offrendo una proposta variegata e assai valida nel vasto ed inflazionato mondo del folk metal mondiale. Ascolto consigliato. (Bob Stoner)