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lunedì 18 febbraio 2019

Space Aliens From Outer Space - Nebulosity

#PER CHI AMA: Kraut Rock/Progressive
Un astrofisico statunitense nel 1961 formulò un’equazione per determinare il numero di civiltà extraterrestri presenti nella Via Lattea in grado di comunicare, poco più di un simpatico esercizio matematico che non tiene conto di una considerazione fondamentale: è molto difficile che degli alieni avvertano il bisogno di parlarci, a meno che non vogliano tentare la masochistica impresa di salvarci dall’autodistruzione. 

A Torino, vertice di geometrie esoteriche e infrastrutturali, l’improbabile si è trasformato in realtà quando dei missionari cosmici, gli Space Aliens From Outer Space, hanno deciso di atterrarvi per portare il loro“messaggio di luce” alla nostra triste umanità, un tentativo di primo contatto che giunge al suo quarto stadio con 'Nebulosity', album firmato dall’etichetta nostrana Escape From Today e dalla belga Cheap Satanism. 

Il progetto è un mix di rock psichedelico, progressive rock ed elettronica, a metà strada tra la synth-wave e le colonne sonore di John Carpenter, il tutto efficacemente accompagnato da un’estetica sci-fi che trasforma Paul Beauchamp (Almagest!, Blind Cave Salamander, Coypu), Daniele Pagliero (Lo Dev Alm, Frammenti, All Scars Orchestra), Francesco Mulassano e la nuova arrivata dietro le pelli, Maria Mallol Moya (Gianni Giublena Rosacroce, Lame, Natura Morta) in una vera e propria delegazione proveniente dalle stelle, pronta a sconvolgere gli arretrati terrestri con abiti argentati, attrezzature futuristiche ed un sound fuori dal comune. 

L’opera si configura come il racconto di un viaggio tra gli spazi siderali che ha inizio con le maestose melodie di sintetizzatore di “Asterism”, che si snodano tra percussioni lisergiche e il pervasivo uso del vocoder di Paul, da sempre marchio di fabbrica del gruppo. La navigazione si fa decisamente più turbolenta in “Trajectory”, brano appesantito da decisi colpi di batteria e caratterizzato dagli avvolgenti tappeti di tastiera che sembrano farsi largo tra asteroidi in collisione ed esplosioni di supernove, per poi stabilizzarsi con “Entanglement”, in cui le varie componenti elettroniche della band si inseguono lungo orbite fantascientifiche, richiamando Kraftwerk e Tangerine Dream, per poi ricompattarsi nella ritmica magnetica di “Propulsion”, durante la quale i nostri quattro esploratori sembrano voler aumentare la potenza dei motori per lanciarsi nella seconda parte dell’album. 

Con “Into The Nebula” affrontiamo un brusco cambio di rotta che ci porta attraverso territori meno idilliaci, ma ogni timore viene spazzato via quando Maria Mallol inizia a maltrattare piatti e pelli in un crescendo di dinamica, operazione che si ripete anche in “The Outer Realms”, brano estremamente ritmato e ricco di variazioni in cui la nuova batterista offre una grande prova. In “Particle Horizon” l’elettronica eterea ci lascia galleggiare come particelle neutre in precario equilibrio tra forze gravitazionali contrastanti, una sorta di quiete prima della tempesta sonora di “Starchaser”, brano ispirato all’omonimo film di animazione del 1985 e quasi stoner per potenza, perfetta colonna sonora della furiosa battaglia spaziale che si consuma tra le armate dell’ennesimo tiranno planetario e le infine vittoriose forze in lotta per la libertà. 

Gli Space Aliens From Outer Space rappresentano senza dubbio un’anomalia nel panorama musicale underground, forti di coordinate musicali inusuali e di una grande cura dei dettagli, tuttavia 'Nebulosity', se da un lato valorizza il percorso sperimentale della band, dall’altro si mostra più concreto e (paradossalmente) più umano, probabilmente grazie alla scelta di contenere la durata dei pezzi senza indugiare eccessivamente in esplorazioni sonore e all’aggiunta di una batterista in carne ed ossa, in grado di ricondurre le astrazioni elettroniche a strutture e ritmiche più definite. L’ascolto risulta pertanto piacevole per tutti i quarantacinque minuti di durata e l’unica pecca potrebbe essere nell’assenza di un vero e proprio fulcro, un pezzo in grado di catalizzare l’attenzione e magari anche di strizzare l’occhio a chi non è avvezzo a queste sonorità. 

Viene quindi da chiedersi se con questo album il messaggio di Paul e compagni sia un mero invito a contemplare l’immensità del cosmo e ad omaggiare gli artisti che da questa si sono lasciati affascinare, oppure un‘esortazione ad uscire dal nostro piccolo mondo ed esplorare nuove possibilità (musicali e non), cosa non facile in un contesto storico in cui coloro che mostrano curiosità e apertura al diverso sono visti con sospetto, proprio come “alieni provenienti da un altro spazio”. (Shadowsofthesun)

(Escape From Today/Cheap Satanism - 2018)
Voto: 75

martedì 5 giugno 2018

Gabriel Hibert - Abducté

#PER CHI AMA: Noise/Post Rock/Math
Laminari stralci sonori apparentemente industrial (l'opener "Griserie", per esempio), vagamente noise ("Guirlandes", ancora per esempio) oppure blandamente math ("Pianoté", sempre per esempio, oppure "Matière") pretestuosamente concatenati con quella logica che la comunità scientifica anglofona, ostentando il caratteristico sense of humour, denominerebbe "at dog's penis". Se lasciate galoppare la fantasia oppure ci date dentro con l'advokaat, potreste individuare qualcosa dei Melvins in "Matière" o qualcos'altro dei Don Caballero in "Pianoté", o qualcos'altro ancora di vagamente kraut in "Uranus", ma la verità è che questa sequenza di crapulose dissonanze sedicentemente avanguardistiche generate attraverso una opinabile combinazione di batteria tradizionale e music pad (ciò che secondo le note biografiche di Bandcamp porterebbe l'autore a definire se stesso alla stregua di un multistrumentista), potrà al limite suscitarvi il medesimo pathos di una scena di sesso lesbo in un film d'azione seminale danese. Niente male, quindi. Ma solo a patto che siate appassionati di film d'azione seminali danesi. Oppure di... uh, lasciamo stare. (Alberto Calorosi)

(Econore/Tandori/Permafrost/Who's Brain Records/Cheap Satanism Records - 2016)
Voto: 50

https://acidegorp.bandcamp.com/

venerdì 1 maggio 2015

?Alos – Matrice

#PER CHI AMA: Sonorità Avantgarde/Noise/Sperimentali
Sono sempre felice di ritrovarmi tra le mani un nuovo disco di Stefania Pedretti, la ragazza dalla folle e geniale arte con i dreadlock lunghissimi, chiamata ?Alos, la mitica performer/artista/sperimentatrice e musicista che condivide anche l'arte degli OvO con Bruno Dorella. Questo suo nuovo album, realizzato con l'aiuto di Lorenzo Stecconi e intitolato 'Matrice', è uscito per la Cheap Satanism Records nel 2015, e sonda terreni cari alla sperimentazione tout court basata su rumori e disarmonie creati ad arte, dal groove molto nero, teso e spettrale. L'interpretazione dei brani è comandata da un istinto primitivo nevrotico. Le evoluzioni canore di ?Alos toccano vertici drammatici e asprissimi che sfiorano le malate alchimie vocali di Diamanda Galas fino quasi a ricercare il plagio come devoto omaggio. Il tutto si svolge all'insegna di quel suono freddo, a metà tra l'ambient e l'industrial, la rumoristica urbana dei primissimi Einsturzende Neubauten ed il suono desolante e metallico dei Les Tambours du Bronx che fanno scuola. Musica velata quella di Stefania, da una oscura tendenza dub ipnotica e da una manciata di distorsioni dal sapore sludge/doom che riportano le composizioni dell'intera collezione ad un più attuale stato di modernità. Il lotto si apre con "Ecate" ed espone subito l'innata propensione ad un suono luciferino e negativo, carico di spettri e fantasmi tanto caro alla corrente sperimentale di un certo depressive black metal. Molto bello il suono realistico delle tracce, con un effetto quasi live, che nel brano "Luce/Tenebre", guidato da sonorità che renderebbero felici anche gli Electric Wizard e i droni Sunn O))), sembra riesumare una nuova versione senza batteria né chitarre di "Religion II" dei PIL in una versione indemoniata e apocalittica, stracarica di stupefacenti, e cantata con lo stesso spirito del Rotten dell'epoca ma con lo stile della musa ispiratrice Galas. "Ignis Rede Elixer" è la song più violenta e buia, che ricorda le sperimentazioni degli AMM in una veste più oscura, ai confini canori con certo black metal d'avanguardia e distorta come lo erano gli Atari Teenage Riot ai tempi d'oro del digital hardcore. L'incedere lento di 'Matrice' si fa notare per quella sua cadenza rallentata e la lunga durata, per il sound cosmico, decadente e mistico, quasi fosse un demone impegnato in un rito sacrificale. Il disco si chiude con "Hyle", ed è sperimentazione pura tra jazz d'avanguardia (Naked City), drone music, le lontane percussioni di memoria 'Flowers of Romance' (PIL) ed i sussulti della nostra eroina a emulare 'The Litanies Of Satan' (Diamanda Galas) in maniera del tutto personale e tanto ispirata. Musica di nicchia, non per tutti, da ascoltare decisi ed interessati. Astenersi perditempo. (Bob Stoner)

(Cheap Satanism Records - 2015)
Voto: 80

https://www.facebook.com/signorinaalos