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sabato 17 aprile 2021

Dagor Bragollach - Cosmogony of Yggdrasil

#PER CHI AMA: Atmospheric Black, Windir
Ufa, Repubblica della Baschiria. È da qui che arrivano questi Dagor Bragollach, nome Sindarin (linguaggio elfico parlato nella Terra di Mezzo) che significa letteralmente "Battaglia della Fiamma Improvvisa". E il moniker di questi quattro russi fa infatti riferimento ad una delle Quattro Grandi Battaglie del Beleriand accadute durante la Guerra dei Gioielli descritto nell'immaginario di J.R.R. Tolkien. 'Cosmogony of Yggdrasil' sembrerebbe (ma sarà limitata solo alla traccia in apertura) seguire la narrazione di quelle vicende sin dall'opener "Mordor - My Kingdom" che descrive appunto l'universo creato dallo scrittore inglese attraverso il verbo del black sinfonico. Una proposta, quella dei quattro musicisti russi certo non originale, soprattutto nei contenuti lirici, ma suonata comunque in modo che riesca a catturare l'attenzione nella sua essenzialità. Accattivante la melodia di fondo che ha subito presa nella sua essenzialità e nella centralità delle chitarre nel progetto, che si prendono la scena per tutto il tempo, imbastendo ottimi assoli e una ottima matrice musicale. Ne sono rimasto piacevolmente colpito, devo ammetterlo. E non si tratta certo del classico fuoco di paglia visto che anche "Skadhi Winter Giantess", song che ruota attorno alla figura della gigantessa Skaði, si conferma una song solida, dotata di un valido pattern chitarristico, buone melodie e con lo screaming di Art a narrare le vicende di questo personaggio della mitologia norrena. Proseguono i riferimenti ai miti nordici in "Howl of Garm" che presumo si rifaccia al cane infernale che sorveglia l'entrata del regno dei morti. Lo stile del brano ricalca il sound norvegese di metà anni '90, in primis Ancient ed Emperor, con stilettate alla sei corde, voci graffianti e melodie sempre ben presenti. Chissà se la band riuscirà ad impressionarmi lungo tutti i loro dieci brani? Non ho citato volutamente l'undicesimo, trattandosi della cover "...the Meditant" dei Blut Aus Nord. Comunque l'ensemble baschiro prosegue nella sua narrazione con "Raunen" che nel linguaggio germanico significa bisbigliare: la song è un oscuro mid-tempo che ci mostra un'altra faccia dei Dagor Bragollach. "Niflheimr" si riferisce nel mito nordico al regno del ghiaccio e si palesa proprio come un pezzo di black glaciale, fatto di chitarre taglienti (scuola Windir) e urla efferate, niente per cui stropicciarci gli occhi però. Tempo di un brevissimo pezzo death/black strumentale e si torna a bomba con "Underworld" e chissà se i riferimenti ci riportano nuovamente al regno del ghiaccio visto poc'anzi: musicalmente lo confermo con linee aggressive di chitarre inserite in un contesto mai esasperato e comunque dove la melodia rimane un punto fermo per la compagine russa. Ancora black tirato nei successivi pezzi, dove ahimè sembra essersi un po' persa per strada quella magia che avevo sottolineato nei primi brani. Tuttavia, segnalerei ancora il death black sulfureo della lunga "Nobody Needs This World", song dotata di un interessante break atmosferico con tanto di inquietanti voci sussurrate. Un bel pezzo dinamico è "Yggdrasil", che con le sue note diaboliche fa riferimento all'albero cosmico, l'albero del Mondo e che al suo interno contiene inaspettate melodie medievali (scuola Summoning, soprattutto a livello di percussioni). Citavo la cover "...the Meditant (Dialogue with the Stars)" dei Blut Aus Nord in chiusura: da 'Memoria Vetusta II: Dialogue with the Stars', uno dei miei lavori preferiti dei francesi, ecco la reinterpretazione di questo classico della discografia di Vindsval e soci, riletto in modo abbastanza fedele all'originale, che continuo però a prediligere. Insomma, bella scoperta questa dei russi Dagor Bragollach, una band di cui non conoscevo assolutamente l'esistenza ma che da oggi in poi rientrerà a pieno titolo sotto il mio radar. (Francesco Scarci)

May Result - Tmina

#PER CHI AMA: Symph Black, Emperor
Uscito originariamente nel 2001 per la CCP Records, 'Tmina' rappresenta il secondo album dei serbi May Result che ricordo all'epoca fu quasi una sorta di scoop che una band dell'ex Jugoslavia proponesse sonorità metal. Il disco è caduto poi nel dimenticatoio, complice una distribuzione alquanto limitata. Lo scorso anno però, la Careless Records ha pensato bene di riesumarne il corpo e riproporlo ad un pubblico più ampio. Questa premessa per contestualizzare meglio che quello che stiamo per ascoltare non è un disco attuale, ma rilasciato ben 20 anni fa e che se accostato con i grandi dischi dell'epoca, forse non ne sarebbe uscito con le ossa rotte. Le coordinate stilistiche di riferimento riportano inequivocabilmente ai primi Dimmu Borgir, ai Limbonic Art o agli Emperor, insomma ai fasti del black sinfonico degli esordi norvegesi, suonato però nei sobborghi di Belgrado. E il risultato non sarebbe affatto male, appunto se rapportato a fine anni '90. Il disco si muove comunque attraverso sette pezzi che irrompono con l'attacco frontale della lunga "Oгањ/My Martyred Soul", delle sue rare orchestrazioni affidate alle primordiali tastiere, ma soprattutto alla tempesta annichilente prodotta dal sestetto serbo. E l'annientamento strumentale prosegue anche nelle successive tracce, dove l'essenziale melodia è guidata dalle keys, sulle quali poggia poi tutta l'architettura ritmica a tratti davvero articolata. Ascoltando "Thy Last War of Times", ho ripensato ad un disco che al suo primo ascolto mi trasferì un feeling analogo, 'Goat Horns' dei Nokturnal Mortum, sebbene in quel caso, i livelli qualitativi fossero ben più elevati. Ecco, forse ai May Result manca proprio quello spunto vincente che tutte le band citate poco fa mostravano sin dai loro primi vagiti. I May Result invece rischiano di essere un po' caotici nella loro proposizione, quasi volessero impressionare l'ascoltatore con cosi tante cose nello stesso momento che alla fine, accalcate l'una sopra l'altra, rischiano di creare un bel pasticcio. Ci provano infatti nell'olocausto sonoro di "Stars Hysteria" ad emulare un ibrido vocale tra Arcturus e Korowa, ma il risultato si perde nel marasma sonico creato. Il che mi fa propendere nel dire che non sono degli sprovveduti a livello strumentale, soprattutto il batterista, ma il tutto all'epoca non fu convogliato nel migliore dei modi, pur proponendo tutti gli elementi chiave del black norvegese, tra linee di chitarra davvero tirate, screaming vocals ma anche break atmosferici davvero ben riusciti. A tal proposito, ascoltate "Nocturnal Pedigree" per comprendere ed apprezzare al meglio la proposta dei nostri. Diciamo che 'Tmina' potrebbe essere considerato un lavoro interlocutorio, che ha poi visto la band tornare con altri due full length (più compilation varie) prima di sparire definitivamente dai radar nel 2013. Chissà che riproporre questo disco non stia a significare che il sestetto è ancora vivo e vegeto e che presto ne sentiremo delle belle. Nel frattempo mi andrei ad ascoltare i loro ultimi due dischi più che altro per capire se alla fine, quell'evoluzione stilistica c'è realmente stata a seguito di questo promettente lavoro, che peraltro vide anche la comparsa di un paio di ospiti: Nefas dei Гавранови (altra band serba) in quella che è a mio avviso la migliore traccia dell'album, "Nocturnal Pedigree" e Pavle al violino che a deliziarci nelle note introduttive della devastante "Coldwinds Dominion (Son of Stribog)", che vanta peraltro uno splendido break acustico centrale e nel malinconico epilogo di "Јата моја црна (Мрак праскозорја)", due episodi davvero peculiari del platter che andrebbero meglio approfonditi. Alla fine, la riesumazione di 'Tmina' non è stata assolutamente cosa sgradita anzi, mi ha permesso di riscoprire una band a cui all'epoca non avevo dato troppo credito. (Francesco Scarci)

(CCP Records/Careless Records - 2001/2020)
Voto: 68

https://carelessrecords.bandcamp.com/album/tmina

venerdì 2 aprile 2021

Lavizan Jangal - تاریکی و مرگ

#PER CHI AMA: Depressive/Experimental Black
All'etichetta russa Careless Records piace palesemente osare: dopo aver pescato in Iraq i Mullà, in Kazakhstan gli Scolopendra Cingulata, ecco tirar fuori dal cilindro la terza genialata, ossia gli iraniani Lavizan Jangal. La cosa mi stupisce parecchio perchè parlando con un musicista di Teheran poco tempo fa, mi disse di essere spaventato dall'idea di avere la propria musica in formato fisico perchè rischiava di essere perseguitato dall'oppressivo stato islamico. Eppure il misterioso duo di oggi se ne frega altamente e fa uscire questa quarta release ufficiale dal 2010 a oggi, chapeau. La band francamente non la conoscevo prima di oggi ed è interessante leggere su metal archives come il moniker Lavizan Jangal sia una parodia dei Carpathian Forest e si riferisca al Parco Lavizān (nei sobborghi di Teheran) dove si troverebbero parecchie gang. La proposta dei nostri effettivamente non va troppo lontano dai maestri norvegesi, proponendo sin dall'opener "Lavizan Jangal" un black ferale, senza troppi orpelli, il tutto in pieno stile scandinavo, dove viene comunque concesso un minimo spazio alla melodia in un break centrale ove la ritmica incendiaria trova ristoro. Le vocals manco a dirlo sono il classico screaming, però qui e là si modulano in una vena vicina a quella degli svedesi Shining, dirottando anche il sound dalle parti di un depressive black, con risultati alla fine apprezzabili. Certo un finale urticante come quello della traccia d'apertura era davvero tanto tempo che non lo sentivo, niente male, anche se sia chiaro, qui non stiamo scoprendo l'acqua calda. Spoken words in apertura di "Be Sooye Marg", un brano che si muove su ritmiche più cupe e lente, almeno nel primo minuto prima di schizzare più schizofreniche che mai, nei rimanenti tre minuti di infernale portanza. Interessante leggere che le liriche si mantengono a sfondo satanico coniugandosi con altri temi quali la droga, lo stupro, l'occulto, il crimine, le puttane (povere) e le gang iraniane che tornano ancora una volta come la bolgia sciabordante in chiusura della seconda song. Paurosi. In fatto di cattiveria credo non abbiamo troppi rivali, il che è confermato anche dalle successive tracce. In "F.I." ci sono evidenti rimandi vocali che conducono alla cultura dei nostri, per un pezzo che mostra una buona linea melodica, vocals più ricercate, ma che poi pecca per quella sintetica e fastidiosa batteria che ne rovina l'esito finale. Tuttavia, il disco scivola via veloce in tutta la sua mefitica malvagità. Il drone/ambient di "Dar Ghalbe Poochi" mi fa pensare al classico muezzin che blatera da qualche minareto di una moschea islamica. Mentre l'efferato attacco di "Enteghame Abadi" mi ha evocato gli Anaal Nathrakh più micidiali, anche se poi il pezzo comunque evolve in modo inaspettato. Un altro intermezzo ambient/noise ed è il turno della lunga "Amade Bash", un brano che assume le sembianze di un black doom con un certo tocco sinfonico in background che mi fa sgranare ancora una volta gli occhi su quanto il duo di Teheran sia stralunato ed imprevedibile, nonostante i basici mezzi a disposizione. Credo che alla fine questo sia il mio pezzo preferito, forse per non essere cosi pervaso dall'isteria di suonare a tutti i costi veloci e brutali, ma qui i nostri si mostrano invece assai atmosferici seppur la registrazione non aiuti ancora una volta. A chiudere il disco arriva "Yazdah" che miscela il black anni '90 con le intemperanze sonore disarmoniche di gente del calibro di  Deathspell Omega o Blut Aus Nord. Insomma i Lavizan Jangal sono una bella sorpresa che non posso premiare con un più alto voto semplicemente perchè la musica non è cosi originale, la registrazione non mi convince, al pari della drum machine e di qualche altra banalità che si ritrova lungo il disco. Eppure le qualità ci sono, andrebbero sfruttate solo al meglio. (Francesco Scarci)

(Careless Records - 2021)
Voto: 66

https://carelessrecords.bandcamp.com/album/--6

Burnt Offering - Беснование

#PER CHI AMA: Black Old School, Mayhem, Darkthrone
La band di oggi ha base a Lipsia in Germania, eppure nessuno dei suoi tre membri è tedesco e il titolo 'Беснование' ne è la riprova: Blind Idiot God è infatti russo ed è peraltro bassista dei Darkestrah, cosi come Asbath, batterista di quest'ultimi ma originario del Kyrgyzstan. Charon infine è ucraino. Insomma un bel casino. Cosi come alquanto strana è la storia di questa release che in realtà sarebbe il demo uscito in cassetta nel 2015 per la Narcoleptica Productions e riproposto in digipack a dicembre 2019 dalla Careless Records. La mia speranza è che oltre ad una elegante veste grafica, il dischetto vanti anche una nuova registrazione, eppure quello che sentono le mie orecchie racchiude ancora la grezzura primigenia della prima release (o forse quella era ancora peggio e i miracoli non si riescono a fare?). Fatto sta che il demo in questione contiene cinque tracce dedite a un black puro e selvaggio, senza alcun fronzolo che ci viene sparato in faccia in tutta la sua gretta brutalità sin dall'opener "Пир", un brano sanguinolento che partendo dagli insegnamenti punk/hardcore degli esordi dei Darkthrone, combinato con un black satanico, fa fuoriuscire tutta la bieca malvagità di altri storici act quali Mayhem e Celtic Frost, deprivato ahimè dalla classe innata di quelle realtà. Stonano un po' le storture doomish in apertura di "Псы", che già erano comunque apparse in chiusura della prima song. Poi anche il secondo pezzo si lancia su un lineare e anonimo black metal, senza il benchè minimo briciolo di personalità. Ed è un peccato visti gli elementi inclusi nella band e le mie elevate aspettative. E la medesima matrice sonora si conferma anche nella violenza delle successive "Псоглавый святой" e "Мокошь", dove i nostri corrono sui binari di un feroce e caotico sound (scuola Immortal la prima), in cui le corrosive chitarre si incrociano con lo screaming efferato del vocalist (che però si diletta anche in strane ed apprezzabili sperimentazioni canore) e con il disumano drumming di Asbath. Nella seconda invece si avvertono lontani accenni folklorici alla Isengard, pur sempre immersi in un marasma nero come la pece. In chiusura, l'onirico ambient strumentale di "ДОБ и цинковый гроб" spegne tutte le pulsioni malvagie risvegliate sin qui dai malefici Burnt Offering. (Francesco Scarci)

(Narcoleptica Productions/Careless Records - 2015/2019)
Voto: 55

https://carelessrecords.bandcamp.com/album/--2