#PER CHI AMA: Neo Prog/Avantgarde/Indie/Psichedelia |
Al primo ascolto sono rimasto folgorato da questo nuovo album dei transalpini Saint Sadrill, un ensable di musicisti atipici e geniali, in grado di generare un'infinità di emozioni, trasportandomi in un viaggio dai mille colori ed emozioni multiformi, attraverso i molteplici generi musicali rivisti in modo originalissimo e personale dalla band di Lione in questo 'Pierrefilant'. Mi sono perso nel guardare il loro splendido ed intimo "Live at Studio Rouge in Rivolet" del febbraio scorso, presente su youtube, dove il sestetto conferma la mia impressione di trovarci di fronte ad un super gruppo, con grandi capacità compositive, tecniche, canore ed espressive. L'album è uno spasso, per veri intenditori. Ci si sposta musicalmente con cotanta velocità e dimestichezza che mi risulta impossibile decifrarlo o definirlo a modo in poche righe. Potreste accostare un'attitudine elettro-minimalista con un appeal da composizioni cameristiche, una sensibilità soul grazie ad un canto in stile Antony and the Johnsons con la follia di un giovane Arthur Brown nel pieno di un sogno psichedelico; il post rock sofisticato e suadente proveniente dalla cristallina Islanda con la musica indipendente fatta di chiaroscuri emotivi degli Ulan Bator e ancora, la visione astratta e mistica del più fantasioso Terry Riley con il krautrock più ipnotico e meno convenzionale, i suoni space di Suzanne Ciani, con le vellutate sperimentazioni progressive di Steven Wilson, il tutto capitanato da un vocalist dall'estensione decisamente fenomenale. Sarebbe stupido descrivere ogni singolo brano come pure prenderne uno per dire che è il migliore, le canzoni sono cosi piene di vita, dai risvolti inaspettati, che partendo da un lato introspettivo, ci si può trovare a confrontarci con un coretto cantato alla maniera burlona del mitico Zappa o dal tono ecclesiastico del miglior alternative country, per continuare in un chitarrismo che ricorda le atmosfere dei Madrugada in 'Industrial Silence', o l'incedere moderno, intellettuale e neo prog dei The Pinneaple Thief, per finire nel jazz rumorista dei mai dimenticati meravigliosi Shub Niggurath, sempre in agguato ma nascosto tra le righe, di questi dieci brani dalla delicatezza infinita. Una rabbia dolce, sofisticata, sovversiva, fuori dal coro, capace di graffiare con il suo ammaliante potere di essere pop d'autore e avanguardia al tempo stesso, in un capolavoro fatto uscire dallo stravagante collettivo Dur & Doux, un disco che non merita di passare inosservato, un gioiellino da mettere sotto il cuscino e tenerlo stretto come un tesoro. Album geniale e ispirato. (Bob Stoner)