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lunedì 7 gennaio 2019

Inira - Gray Painted Garden

#PER CHI AMA: Death/Groove/Djent, Meshuggah, Tesseract, In Flames
Nel 2018 il metal nostrano è andato alla grande anche al di fuori dei confini italici. Peccato solo che i friulani Inira abbiano dovuto firmare per l'etichetta ucraina Another Side Records (sub-label della Metal Scrap), per rilasciare il loro 'Gray Painted Garden', secondo atto dal 2005 a oggi per i nostri. Avessi avuto la mia label, avrei puntato alla grande sulla fresca proposta della band del Vajont, che tra echi meshugghiani a livello ritmico, un cantato graffiante (e un altro in versione growl) condito da chorus di sapore "in flamesiano", un background tipicamente a cavallo tra metalcore e post-hardcore, hanno reso la loro proposta davvero gustosa da ascoltare. La title track, posta in apertura, conferma immediatamente le mie parole con un pezzo dritto, piacevole, carico di groove (ottime le keys a tal proposito) e melodie ruffiane quanto basta per mantenere comunque intatta l'esplosività intrinseca alla musica dell'act italico. Ancora meglio "Discarded", con quel suo riffing a cavallo tra Gojira, Mesghuggah e Tesseract, ad individuare solo alcune delle influenze dell'ensemble friulano. Le vocals più pulite suggeriscono infatti un altro filone da cui i nostri traggono ispirazione, ossia quello più "mainstream" di Architects e Bring Me the Horizon, ma non fatevi fuorviare da queste mie parole, gli Inira sapranno coinvolgervi con sonorità belle intense, moderne e avvincenti. Bella scoperta, visto che le undici tracce qui incluse, sono tutte delle potenziali hit: detto delle prime due, "This is War" ha un approccio più oscuro (sulla scia dei primi Tesseract) nelle note introduttive acustiche, che la rendono solo in apparenza meno orecchiabile rispetto le precedenti. Si torna a far male con le sghembe melodie di "Sorrow Makes for Sincerity", un brano più cattivo che vede in Meshuggah ed In Flames i punti di contatto più evidenti per i quattro musicisti nostrani. Si prosegue con la più ritmata e malinconica "Venezia", una song in cui le chitarre ultra ribassate dei nostri, sembrano maggiormente echeggiare nei miei timpani, e in cui la porzione solistica ci rende testimoni dell'ottima prova alla sei corde di Daniele "Acido" Bressa. L'unica cosa che mi fa storcere il naso è quanto diavolo canta qui il buon Efis Canu Najarro. L'approccio oscuro evidenziato in "This is War", riemerge più forte in "Zero", una song davvero potente che ci prepara alla più alternative "The Falling Man", in cui emerge qualche affinità con i Deftones, cosa che si ripeterà anche nelle successiva "The Path", la più delicata, suadente ed ipnotica del lotto, a rappresentare anche il pezzo più erotico dei quattro giovani musicisti, sebbene la tensione vada lentamente aumentando sul finale. Analoga come sonorità anche "Universal Sentence of Death". Decisamente più interessante è l'iper ritmata "Oculus Ex Inferi": ottime melodie, coinvolgenti le atmosfere e niente male le sferzate ritmiche che accrescono l'incandescenza dei contenuti. Si giunge, madidi di sudore a "Home", ultimo atto di questo ottimo 'Gray Painted Garden' che ci ha riconsegnato, dopo un bel po' di anni, una band pronta a dire la sua nell'iper saturo mercato musicale. Ben tornati ragazzi. (Francesco Scarci)