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lunedì 3 dicembre 2018

Moonfrost - III

#PER CHI AMA: Black/Death, Celtic Frost
Ci hanno impiegato ben sei lunghi anni gli svizzeri Moonfrost per tornare sulle scene, con il seguito discografico di quel 'Starfall', che non aveva pienamente convinto gli addetti ai lavori, per quel suo sound che integrava influenze provenienti dal black scandinavo di anni '90 con il cosmic black metal dei connazionali Darkspace. Oggi, il quartetto di Solothurn torna con questo nuovo 'III' un numero che sta ad indicare il loro terzo full length, in oltre dieci anni di carriera. Il sound di questo  lavoro sembra però virare verso altri lidi, se lo compariamo alle performance passate del combo elvetico. Interessante senza ombra di dubbio, l'approccio stilistico di "Too Drugged to Dream", cosi intenso ed elegante a livello ritmico, ma ancora sgraziato a livello vocale. Parlare di black metal qui però mi sembra quasi una forzatura, potremo infatti citare gli Enslaved come influenza principale, anche se le chitarre cosi oscure, sembra vogliano evocare lo spettro dei Celtic Frost. Più ritmata la seconda song, "Frontier Spirit", una traccia che evidenzia la dissonanza a livello chitarristico quale marchio di fabbrica dell'act svizzero che palesa tuttavia un certo desiderio ad abbandonarsi a sfuriate dal sapore post black. Con "Transitions" le cose cambiano ulteriormente e ciò che mi preme sottolineare qui, è invece la performance a livello solistico in un squarcio chitarristico da applausi. La song prosegue poi in quel suo sporco lavoro, in grado di bilanciare egregiamente estremismi sonori (decidete un po' voi se death o black) con suoni commutati da influenze dall'orientamento progressive, che rendono il lavoro di sicuro interesse, ma ancora un pochino difficile in fase digestiva. Forse il classico rimedio della nonna, un po' di bicarbonato per intenderi, potrebbe tornarvi utile per assimilare al meglio la musica dei Moonfrost, ma tranquilli perchè il quartetto viene incontro alle nostre esigenze e confeziona una quarta traccia, "Obsidian", più abbordabile e magnetica, almeno nella sua prima lunga metà; la seconda parte, più dirompente, mostra una certa versatilità di fondo dei nostri nello sperimentare suoni che danno largo spazio al basso, in frangenti dal sapore post punk che chiamano in causa gli An Autumn for Crippled Children. Ecco cosa intendevo per virata stilistica all'inizio di questa recensione: i Moonfrost non sono rimasti con le mani in mano in questi sei anni e hanno sperimentato a tutto tondo cosa il proprio sound aveva da offrire per risultare più interessante. Detto che anche le successive "Doors of Perception" e l'ispirata "Beyond Death" confermano questo trend, vorrei aggiungere che quello dei Moonfrost sembra un cantiere ancora aperto, in cui l'ensemble svizzero sta lavorando alacremente per trovare una propria identità ben definita. Non posso che essere lieto di questa mutazione in seno alla band, che mostra anche nelle conclusive e atmosferiche "Halcyon" e nella rockeggiante "Thorns for a Dying Day", la loro volontà di inseguire qualcosa di originale e al passo con i tempi. La strada imboccata è di sicuro quella giusta, e lo sprono che posso dare io è di smussare quelle spigolature nel sound che rendono la proposta dei Moonfrost ancora a tratti ostica da affrontare. Partirei col ridurre la componente vocale dando maggior spazio alla musica atmosferica che a più riprese nel corso di 'III' sembra emergere. Migliorerei anche la pulizia a livello dei suoni e la loro coesione, per il resto rimango dell'idea che questi ragazzi del nord della Svizzera, hanno tutte carte in regola per poter emergere dalla massa. Per ora il mio è un voto un po' al ribasso uno stimolo a fare molto meglio in futuro, senza dover necessariamente attendere un altro lustro per ascoltare una nuova release targata Moonfrost. (Francesco Scarci)