#PER CHI AMA: Death Doom, primi Anathema, My Dying Bride |
Non potevo farmi scappare la possibilità di recensire una band chiamata Restless Oblivion, nome che evoca nel sottoscritto (e in chissà in quanti altri di voi) ancestrali memorie che riportano ad una delle più famose canzoni degli Anathema, contenuto nel mitico 'The Silent Enigma' del 1995, ultima grande perla death doom della band inglese. Cosi, con un mix tra interesse e curiosità, mi sono avvicinato al debut album del combo russo. Ovviamente a tutti risulterà scontato cosa ci sia da aspettarsi da 'Sands of Time', soprattutto quando dietro c'è anche lo zampino della Solitude Productions. Ora, la grande domanda è piuttosto che tipo di release death doom i nostri hanno da offrirci, e a quale livello qualitativo si pone nella miriade di uscite in quest'ambito. Ebbene, presto detto: dopo un'inusuale intro, "Edge of Existence" parte con i consueti ritmi a rallentatore e le profonde growling vocals di Elf. Fin qui tutto nella norma in effetti, il solito album dell'ormai arcinota etichetta russa. Tuttavia, qualcosa di atavico e anomalo (nel senso positivo del termine, sia chiaro) va maturando nel sound dei nostri, anche se è ancora in forma embrionale. Difficile da spiegare peraltro, ma intanto qualche linea di chitarra mi sembra possa richiamare il capolavoro succitato dei fratelli Cavanagh; da sottolineare poi l'eccellente lavoro in chiave solistica del duo di asce formato da Asmodian e Evgen e infine l'intrigante lavoro di atmosfere eretto, che rimanda invece agli esordi dei Phlebotomized. Insomma, un pezzo che per quanto segua le orme del classico death doom albionico, nasconde comunque qualcosa di intrigante e suggestivo nelle sue note. "Resolution of Slavish Pain" ha in sé qualche richiamo al suono più oscuro e morboso dei primi My Dying Bride, quello più funereo e depressivo, anche se i giochi espressivi dei due axemen, favoriscono una maggiore dinamicità della proposta dell'act di Voronezh. Pur offrendo una musica che tende spesso a virare verso lidi funeral doom, il punto di forza del quintetto rimane quello delle su parti atmosferiche che donano grazia, melodia e pertanto una maggiore accessibilità al nuovo prodotto targato Solitude. "Like the Hope of Escape" continua nel macinare riff massicci, ritmi slow, vocioni da orco, malinconiche tastiere e ottimi solos. Insomma fin qui tutto bene, il classico e onesto lavoro apocalittico che farà la gioia degli amanti del genere. Ma la domanda che nasce spontanea è un'altra: non ci si può discostare dagli stilemi di un genere che sta andando via via impantanandosi nella noia? Una voce diversa a parte quella terribile e profonda, un riffing un po' più stralunato? I Restless Oblivion ci provano qua e là, ripescando qualche soluzione acustica proprio dal mai dimenticato 'The Silent Enigma', il cui eco appare e scompare più volte nel corso del disco. C'è ancora da lavorare e sodo, tuttavia come detto inizialmente, c'è qualcosa di leggermente diverso nel sound di questi ragazzi che mi tiene ancora incollato all'ascolto di 'Sands of Time'. Devo capire cos'è. Lasciatemelo ascoltare ancora una volta... (Francesco Scarci)
(Solitude Productions - 2014)
Voto: 70