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giovedì 9 febbraio 2023

Voyage in Solitude - The Isle of Death and Rebirth

#PER CHI AMA: Atmospheric Black
Li avevo recensiti a inizio 2021 in occasione dell'uscita del loro disco di debutto, 'Through the Mist with Courage and Sorrow'. Ora i Voyage in Solitude, il progetto della one-man-band di Hong Kong capitanata da Derrick Lin, torna con un nuovo secondo album, 'The Isle of Death and Rebirth'. Due anni fa avevo particolarmente apprezzato la proposta dell'artista originario dei Nuovi Territori dell'ex colonia britannica, dedita ad un post black atmosferico. Cinque nuovi pezzi oggi per il polistrumentista dell'estremo oriente con il lunghissimo incipit strumentale affidato alle melodie graffianti di "Set Sail for the Isle", che per nove minuti e mezzo ci delizieranno anche con atmosfere soffuse ed intriganti, e chitarre che, nel corso del brano, si paleseranno in modo assai simile alla forma in cui Burzum ci aveva abituato ai tempi di 'Hvis Lyset Tar Oss'. Non si tratta però di una ritmica cosi ferale, ma sicuramente tra un arpeggio e l'altro, di punti di contatto con l'artista norvegese ce ne sono parecchi. Con la seconda "Wrath of Nature" (singolo apripista per questo cd) la ritmica si fa decisamente più tirata e, finalmente, fa anche la sua comparsa il latrato animalesco di Derrick in un contesto feroce dal primo al quinto minuto, quando il frontman decide di tirare il freno a mano e, accanto al classico arpeggio di chitarra, proporre il raffinatissimo e deprimente suono di un violino che per quattro minuti ci coccolerà in eteree soluzioni atmosferiche prima dell'attacco frontale conclusivo che ci martorierà le orecchie per un altro minuto quando invece a fare la sua comparsa troveremo un altro drastico e repentino cambio di tempo. Suoni nord europei (chi ha detto Sarcasm?) si manifestano in "Miasma", un'epica cavalcata black che ricorda sicuramente anche i Windir ma che nel corso del brano, saprà palesarsi anche in modo più personale, con una ritmica stralunata, quasi di estrazione Blut Aus Nord. Il pezzo è tuttavia bello lungo e nei suoi 11 minuti avrà modo di investirci con le sue raggelanti melodie di scuola Dissection, prima di un folklorico break acustico e una successiva e più orchestrale porzione strumentale (quasi da colonna sonora) che conferma le eccellenti doti stilistiche del bravo Derrick. "Night Trek to Phoenix Mountain" è il pezzo più breve del lotto (quasi cinque minuti e mezzo) e forse anche quello più normale, vuoi anche la sua natura puramente strumentale, una sorta di ponte che ci condurrà al finale rappresentato da "And Meditate Through the Clouds", gli ultimi otto minuti e poco più, in compagnia del sound ricercato dei Voyage in Solitude. Credo sia un flauto quello che apre timidamente il pezzo, prima che la brezza chitarristica faccia il suo ingresso nella song, che meglio rappresenta la componente malinconica di Derrick, complice anche il tremolo picking delle chitarre e il suono (credo) di un violoncello che compensano la mancanza dell'ispirato screaming del frontman. Un peccato aver relegato la voce solo ad un paio di song, avrebbe meritato sicuramente più spazio. Alla fine, 'The Isle of Death and Rebirth' conferma quanto di buono avevamo già ascoltato in occasione del precedente lavoro; sono certo che se adeguatamente supportati, i Voyage in Solitude potrebbero regalare splendide perle in futuro. (Francesco Scarci)

domenica 21 febbraio 2021

Voyage in Solitude - Through the Mist with Courage and Sorrow

#PER CHI AMA: Depressive Black, Deafheaven
I Voyage in Solitude sono l'ennesima dimostrazione che il metal non ha confini e si possa suonare a tutte le latitudini e longitudini. Si perchè la one-man-band di oggi è originaria dei Nuovi Territori di Hong Kong e il polistrumentista che si cela dietro al monicker, Derrick Lin, ci propone un black che oscilla tra l'atmosferico e il depressive. Le atmosfere si gustano proprio all'inizio di questo 'Through the Mist with Courage and Sorrow', primo full length della band dopo tre EP e materiale vario, con la lunga apertura strumentale affidata alle magiche melodie di "Veil of Mist". Con la lunga "Dark Mist" la proposta del mastermind hongkonghese inizia a prendere più forma, delineandosi appunto come un depressive black, dalle tinte fosche e cupe, al pari dello screaming del vocalist. La prima parte del pezzo viaggia su coordinate stilistiche davvero atmosferiche, con una linea di chitarra evocativa in quel suo tremolo picking che potrebbe quasi fuorviarci e farci propendere ad un post rock. Il finale vede l'appesantirsi della sezione ritmica senza tuttavia mai trascendere in fatto di velocità, fatto salvo per la furia post-black affidata all'ultimo minuto e mezzo del brano. "Incoming Transmission" ha un preambolo nuovamente ambient, in cui una chitarra acustica s'intreccia con suoni di synth. Ma è solo una sorta di intro ad un pezzo più andante, nel quale l'artista esprime attraverso la malinconia della linea melodica e delle sue harsh vocals, la solitudine, l'impotenza e la frustazione della gente della città in cui vive, dopo un biennio davvero complicato per Hong Kong. E questo dissapore per la società emerge forte e sconsolato dalle note del brano, in cui il musicista ha modo di combinare al black eterei suoni post rock in lunghe fughe strumentali. I pezzi si susseguono, viaggiando peraltro su durate abbastanza consistenti: "Reign", nel suo torbido incedere, sfiora i nove minuti e lo fa combinando chitarre tremolanti con un drumming al limite del post-black, mentre la voce di Derrick, forse troppo nelle retrovie tipico delle produzioni molto underground, distoglie l'attenzione da quelle melodie che inneggiano qui più che altrove ai Deafheaven. Il risultato è davvero buono, forse una produzione più pulita avrebbe giovato ulteriormente, ma siamo agli inizi, quindi mi aspetto grandi cose in futuro da Mr. Lin. Ancora un intro acustico con la dolce (si avete letto bene) "Memories", un pezzo strumentale che potrebbe fare da ponte tra la prima parte e la seconda del cd, in cui lasciar vagare la vostra mente mentre guardate la cover dell'album. Qui è ancora la componente post-rock a dominare, sebbene il drumming nella seconda metà si faccia più convulso e alla fine dirompente. "Despair" prosegue sulla medesima linea tracciata dalle precendenti song: inizio timido, acustico e poi con l'ingresso dello screaming di Derrick, ecco che le chitarre si fanno più "burzumiane". Ma attenzione, perchè questo pezzo riserva una novità proprio a livello vocale con l'utilizzo del pulito in una sorta di coro, a mostrare le enormi potenzialità a disposizione della band asiatica. L'emozionalità che trasuda 'Through the Mist with Courage and Sorrow' va comunque sottolineata come vero punto di forza dell'album che si chiude con "In Between", un pezzo ove è lo shoegaze a dettare legge tra chiaroscuri di chitarra, magnifiche e sognanti melodie, un cupo pessimismo cosmico ed una gran dose di malinconia che mi fanno enormemente apprezzare la sublime proposta dei Voyage in Solitude. Bene cosi! (Francesco Scarci)

(Self - 2020)
Voto: 77