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sabato 15 febbraio 2020

Mourner - Apogee Of Nihility

#PER CHI AMA: Death/Doom, My Dying Bride
Se dico Russia voi a cosa pensate, fatto salvo per il buon vecchio volpone Vladimir Putin? Io ormai vado col pilota automatico e dico death doom, cosi quando ho letto che i Mourner venivano da quelle parti e soprattutto avvantaggiato da questo moniker, l'associazione è stata fin troppo semplice. Infilato 'Apogee Of Nihility' nel lettore, ho avuto conferma della mia ipotesi in tempo zero. La band suona appunto un death doom, molto death nella sua parte ritmata, un po' vetusta e obsoleta nel suo approccio, ma al tempo stesso quando ci infilano quel malinconico violino di scuola My Dying Bride, ecco che è davvero tutta un'altra musica. Anche quel mostruoso vocione growl del vocalist Gor assume un tono più umano. E l'opener "The Scorched Sun" è la prima testimonianza di quanto scriva, cosi poco brillante in chiave ritmica, ma davvero brillante nello sciorinare il suo lato più malinconico. Il problema ovviamente si ripete nelle tracce successive: "Do Not Get Through" è un altro pezzo classicheggiante (in ambito death doom ovviamente che evoca 'Serenades' degli Anathema) che non smuove nulla almeno finchè si muove tra sgroppate death e growling vocals; poi uno squarcio acustico, una voce meno cavernosa e più sofferente, preludio forse di una nuova parte drammatica che arriverà solamente a pochi secondi dalla fine del brano. "Slaves of Fate" sembra fare il verso ai My Dying Bride di 'The Dreadful Hours' quelli più violenti per intenderci, e proprio di fronte alla veemenza di fondo del terzetto russo, rimango fondamentalmente impassibile, impietrito da un sound che da dire non ha praticamente nulla. La magia sembra ristabilirsi questa volta per l'apparizione di un synth che regala un fronte melodico intrigante, rimaniamo lontani però dai fasti emotivi della prima canzone. Ci si prova con la title track, doomish quanto basta ma lontano parente dell'opener, per quanto, nel momento di assolo del basso, abbia pensato a "A Kiss to Remember" dei MDB che rappresentano l'influenza principale del trio russo, almeno sul versante doom. Il disco si avvia verso la conclusione ancora con qualche cartuccia da sparare: si parte con "The Broken Life", traccia più dinamica di scuola primi Paradise Lost questa volta (e il trittico magico l'abbiamo citato del tutto) che sfoggia un timido ma evocativo violino che accompagna la pesante base ritmica. "Cobweb of Captivity" è la song più lunga del cd (quasi nove minuti) e qui ho pensato di associare ai Mourner anche un che dei cechi Master's Hammer, più che altro da reminiscenze che sono radicate nella mia testa e si risvegliano non appena ascolto qualcosa di simile. La band è piuttosto ridondante a livello ritmico, ma qualche cosa di gradevole lo si riesce a pescare anche qui, che probabilmente è il capitolo più sperimentale dell'album (che ricordo essere il debuto per i Mourner). L'epilogo è affidato alla strumentale "Epilogue" che sancisce la conclusione di un disco ancora un pochino acerbo ma dotato comunque di qualche buona trovata. Se potessi fare una richiesta esplicita, spingerei molto di più sull'utilizzo del violino, io gradirei molto. Forza e coraggio, usciamo dai classici schemi precostituiti. (Francesco Scarci)

(Satanath/The End of Time Records/More Hate Productions - 2019)
Voto: 63

https://satanath.bandcamp.com/album/sat257-mourner-apogee-of-nihility-2019