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venerdì 20 dicembre 2019

Martriden - S/t EP

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Black, Hypocrisy, Immortal
Originari del Montana ma ora trasferitisi in Colorado, ecco una band che stranamente non suona metalcore o qualsiasi altra cosa alternativa tipica degli Stati Uniti. Quello dei Martriden (nome che trae origine dal folklore scandinavo ossia gli spiriti femminili maligni responsabili degli incubi) è un quartetto death metal, le cui sonorità sono fortemente ispirate ai suoni del nord Europa, al black contaminato dei norvegesi Enslaved, al death degli Hypocrisy, al prog degli Opeth e al movimento swedish in genere. Nonostante i nomi altisonanti, non ci troviamo però tra le mani un lavoro eccelso: forse la band ai tempi di questo debut EP, era ancora troppo acerba per dimostrare le sue effettive qualità. E cosi nei 25 minuti a disposizione, il quartetto di Denver ci propone quattro discrete tracce, in cui i nostri fanno conoscere la loro musica al mondo. L’iniziale “Blank Eye Stare” è un mix black-death, tipico scandinavo, con un break acustico centrale niente male e un discreto finale emozionante. Tutte le influenze dei nostri, dagli Emperor ai primi Katatonia, passando attraverso Immortal e My Dying Bride, convogliano inevitabilmente nel loro sound. Nel secondo brano, un mid-tempo ragionato e cadenzato, si percepiscono anche reminiscenze thrash, stile Nevermore, per un brano francamente un po’ insignificante. Con “In Death We Burn” emergono le influenze swedish death, così come pure nella conclusiva “Set a Fire in our Flesh”. Ottimi i suoni, bravi i musicisti, più che discreta è la personalità del vocalist, ma un senso di già sentito e scontato pervade le mie orecchie. Qualcosa di poco convincente caratterizza l’intero lavoro per cui alla fine fatico a venirne a capo. Dategli un ascolto e aiutatemi a capire. (Francesco Scarci)

(Siege of Amida Records - 2007)
Voto: 60

https://www.facebook.com/martriden

giovedì 19 dicembre 2019

Rose Funeral - Crucify, Kill, Rot

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Death/Grind, Job for a Cowboy
Una pioggia minacciosa apre questo cd; poi una scarica di metallo incandescente invade le casse del mio stereo con il coro “Crucify, Kill, Rot” urlato a squarciagola dal vocalist. Inizia cosi il lavoro di questi sconosciuti Rose Funeral, autori di un sound caratterizzato dall’alternarsi di lentissimi e pesantissimi riffoni di chitarra, a brevi sfuriate death-grind. Diciamo subito che la parte predominante del cd sono proprio i breakdown che relegano in secondo piano tutto il resto, rendendo alla lunga (anzi dopo brevissimo tempo) il lavoro abbastanza noioso. La band di Cincinnati, influenzata da sonorità proprie di The Black Dahlia Murder, Job For A Cowboy, Arkangel e Prayer for Cleansing, non inventa nulla di nuovo, anzi, distrugge ciò che di buono è stato fatto fino ad ora da altri act statunitensi. La ritmica, violentissima, è interrotta troppo spesso dai già citati breaks; l’aria che si respira si fa asfissiante e tutto, alla fine, puzza di già sentito. Le doppie vocals, in screaming e growl, completano un quadro, visto fin troppe volte. Suggerito solo agli amanti di sonorità di questo tipo, gli altri si tengano bene alla larga. (Francesco Scarci)

(Siege of Amida Records - 2007)
Voto: 50

https://www.facebook.com/rosefuneralmusic