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lunedì 5 dicembre 2022

Wizrd - Seasons

#PER CHI AMA: Psych Prog Rock
Ho visto molto movimento nei giorni scorsi riguardo all'uscita di questo album, tanta attività pubblicitaria nei social, e devo dire che in effetti questo lavoro merita davvero una grossa esposizione, anche perchè, esce per la Karisma Records, non una label qualsiasi infatti, visto lo standard qualitativo delle band di questa etichetta decisamente indiscutibile. Poi, a dirla tutta, il quartetto norvegese non si è certo limitato a fare il solito album di rock progressivo, ha mischiato infatti le carte di questo difficile genere, l'ha studiato per bene, e l'ha servito in una veste moderna, con una registrazione che rievoca il vintage style dei '70s ma che gode di suoni caldi e profondi e una freschezza di suoni tutta nuova, con un'ottima produzione che soddisferà anche gli audiofili più accaniti. Freschi di accademia, la giovane band di Oslo, si fa carico del verbo espresso soprattutto nelle gesta di maestri come gli Yes, ed in particolare le più evidenti somiglianze stilistiche si ritrovano con l'album 'Fragile', della band inglese. Gli Wizrd hanno capacità tecniche notevoli, lo si nota fin dalla traccia d'apertura "Lessons", ed il brano "Free Will" si fa ottimo portavoce della bravura compositiva ed esecutiva dei nostri. Sezione ritmica pulsante, sofisticata e complessa, che non si placa mai, che sfodera parti melodiche e ritmiche accattivanti e piene di fantasia creativa, morbida psichedelia e schegge impazzite di Canterbury sound, un'ottima esecuzione, orecchiabilità e virtuosismo dosati a dovere, per un brano che da solo vale tutto il disco. In realtà, il cd pende per la prima metà verso un prog rock molto tecnico, tirato e impetuoso per poi progressivamente rallentare nella seconda parte, virando verso una psichedelia più morbida, e senza mai dimenticare il tecnicismo, ci ritroviamo nelle terre più tenui e allucinate di un sound più fine anni sessanta, un power flower evoluto e intrecciato con variazioni più free rock e jazz rock ("Show Me What You Got"). Un'opera lunga, variegata, come la sua copertina, fantasiosa e colorata, un moniker magico per musicisti fantastici, cori e suoni di un tempo rivisitati benissimo, virtuosismi e un'energia sonica, anche nel cantato, che mi ricorda stranamente, certi lavori più stravaganti dei Motorpsycho. Un disco che vale proprio la pena ascoltare, avere, custodire. E se questo è l'album di debutto, bisogna proprio ammettere che per questa giovane band si mostrano solo grandi prospettive all'orizzonte. Ascoltare per credere. (Bob Stoner)

(Karisma Records - 2022)
Voto: 83

https://wizrd.bandcamp.com/album/seasons

giovedì 25 settembre 2014

Seasons - Patriarch

#PER CHI AMA: Death Progressive/Djent/Metalcore, Opeth, Tesseract 
Il Pozzo lo seguono anche dalla Nuova Zelanda. Ecco quindi arrivarmi da Auckland il notevole cd dei Seasons, quartetto che si muove sulle coordinate stilistiche del djent/metalcore progressivo. Non vorrei però che queste mie etichette avessero una qualche valenza limitante per l'egregio lavoro fatto dai nostri. 'Patriarch' è un album di nove pezzi che dura la bellezza di 60 minuti. Un'ora che scorre via veloce come il vento, nonostante un genere come questo necessiti solo di una trentina di minuti per esplicare il suo effetto. 'Patriarch' no, richiede più tempo per essere assimilato, percepito, letto e gustato. Un po' come quando sorseggiate un ottimo rum invecchiato o un whiskey, 'Patriarch' lascia il suo forte retrogusto. L'intro ci inebria immediatamente con quel suo piacevole fare melodico ma deciso. Quando attacca "Eutopia" ho il timore che la song possa annoiarmi nel suo evolvere burrascoso. Nulla di più sbagliato: il brano esordisce con fare gagliardo e violento per poi imboccare una strada oscura, quasi drammatica, che prende le distanze da quel metalcore paventato all'inizio della recensione. Ci riprovano i nostri a spararci in faccia il loro armamentario metallico con "Nimbus"; all'inizio della traccia la band sembra anche riuscirci, ma poi ecco nuovamente che i nostri si avviano alla loro personale reinterpretazione del genere, cambiando mille volte il tempo, offuscando addirittura la mia mente con passaggi più plumbei, al limite del doom. I riffoni, quelli seri del djent, mica da femminucce, rombano pesanti in "Sunshine", con il bravo vocalist che ringhia a denti stretti il suo growling scorbutico e acido. La song, un po' come tutte, miscela furia metallica con una discreta dose di melodia, facendosi notare per l'elevato quantitativo di groove che si cela nei pezzi, che trovano addirittura il tempo di piccole divagazioni industrial e sfoggiano qualche tastierina stile primi Tesseract. Fenomenali. Per impatto e per perizia tecnica. Un po' meno per originalità, ma poco importa. Con "Odysseus" ci addentriamo ancor maggiormente nel sound intimista dei Seasons: un death metal illuminato, a tratti sperimentale, che saprà accendere l'anima inquieta che è celata dentro di voi. Non solo: estesi sprazzi post metal in un break di "tooliana" memoria che lascia vagare ampiamente la mente e inebria non poco i miei sensi. "Atlantis Rising" è un pezzo strumentale che ammicca ancora ai Tesseract più potenti e fantasiosi, con quelle belle chitarre polifoniche come i mostruosi Meshuggah insegnano ai propri adepti da più di vent'anni. Se avete per un attimo avuto il timore che i nostri avessero calato il tiro, niente paura, ci pensa la devastante "Lotus" a ripristinare il tutto con la sua verve, la pesantezza delle sue chitarre e l'eclettismo sonoro del suo drummer. L'eco dei maestri svedesi è forte più che mai, ma non stiamo certamente parlando di plagio, bensì di una rivisitazione alquanto interessante, che propone nuove soluzioni al tema, grazie all'inserto mai massivo di tastiere. Dopo 48 minuti di botte, sento che posso andare avanti e sfidare il limite dell'ora, dove molte volte la tensione tende a calare. I nostri non cadono nel tranello e anzi trovano il modo con "Flourish", prima di sfondarci il cranio con un ritmo infernale e poi di darci lo zuccherino con i passaggi più mansueti del cd, dove appaiono anche clean vocals e chorus ruffiani davvero azzeccati. Il suono del mare di "Marine Snow" ci accarezza per i cinque minuti finali di questo ottimo lavoro che mette in luce l'ottima prova canora del frontman in chiave pulita, un po' a rendere omaggio a Mikael Åkerfeldt degli Opeth, anche per quello che è l'aspetto musicale. Che altro dire di un album che ho incensato in lungo e largo, se non auspicare un vostro ascolto accurato. (Francesco Scarci) 

(Self - 2014) 
Voto: 80