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martedì 8 gennaio 2019

Muon - Gobi Domog

#PER CHI AMA: Stoner/Doom, Electric Wizard, OM
Leggo e sento spesso considerazioni molto pessimistiche sulla musica underground italiana (metal e non), tra cui la ben nota triade “mancano i gruppi”, “mancano i locali dove suonare”, “mancano le idee”: se da un lato la scena è bella proprio perché esclusiva, dall’altro diventa difficile proporre nuovi progetti, nuove occasioni per live e nuove idee quando il movimento si esaurisce in una cerchia ristretta di eletti. Malgrado queste problematiche, il filone doom-psych-stoner nostrano sembra essere più florido che mai, grazie a nuove formazioni che spuntano come quei funghi che spesso stimolano la fantasia dei musicisti. Non conoscendo la dieta dei Muon, quintetto veneto dedito ai muri di amplificatori e a visioni sciamaniche, immagino che abbiano ottenuto l’ispirazione per il loro disco d’esordio dal monolite nero di “2001 Odissea nello Spazio”: come quest’ultimo 'Gobi Domog' è solido nella sua semplicità, un album quadrato e dal sound classico, eppure in grado di regalare spunti interessanti all’ascoltatore attento. Dopo una breve traccia introduttiva, veniamo storditi dall’impatto devastante di “New Born”, l’austero sottofondo di un rituale primordiale con cui verremo iniziati alla setta dei Muon: la voce salmodiante del cantante sembra infatti guidare immaginarie processioni pagane in cui i penitenti sono continuamente terrorizzati dai riff mastodontici di chitarra e basso detunati e sferzati dalle percussioni selvagge. L’iniziale violenza è poi mitigata da melodie orientaleggianti, le quali non fanno che acuire la sensazione di essere trasportati in un mondo surreale. Ci facciamo strada attraverso il canyon creato dalle colossali distorsioni di “The Second Great Flood”, il racconto reso in musica di un cataclisma ancestrale dove a sopraffarci non sono le maree del diluvio, ma penetranti onde sonore di potenza inaudita: è da sottolineare il perfetto lavoro in fase di post-produzione grazie al quale siamo letteralmente immersi nell’esecuzione dei brani, quasi come se stessimo assistendo all’esibizione dal vivo della band. Le tenebre calano su di noi quando un marcissimo giro di basso apre alle ritmiche imponenti di “Stairway to Nowhere”, pezzo in cui l’ascoltatore è portato a perdersi tra dune impossibili di paesaggi desolati mentre il cantante-profeta intona, con voce sconvolta, lunghi sermoni. Chiude la maestosa “The Call of Gobi”, un’insana fuga al ritmo della batteria martellante e caratterizzata da un finale psichedelico, con il quale il mostro, che dà il titolo all’album, verrà finalmente evocato. La fine del cd ci coglie un po’ di sorpresa, ormai stregati dalle melodie ipnotiche alla Om e dalle distorsioni senza ritegno in stile Electric Wizard, lasciandoci un nuovo interessante tassello della sempre più affollata offerta musicale stoner/doom italica. Va però detto che i Muon possono e devono crescere nel songwriting, imparando a riempire meglio gli ampi spazi sonori da loro creati, perché i produttori di riff cafoni ci piacciono, ma la concorrenza nel mestiere inizia a diventare spietata. (Shadowsofthesun)

(Karma Conspiracy Recors - 2018)
Voto: 65

https://muonstonerdoom.bandcamp.com/releases