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venerdì 8 maggio 2020

Megatherium - God

#PER CHI AMA: Stoner Psych Sludge
Ci siamo lasciati con i Megatherium nel 2016 quando uscì il debut album 'Superbeast'. Ci ritroviamo oggi con un nuovo solido lavoro dall'onnipotente e "poco ingombrante" titolo, 'God'. Otto tracce per i nostri, di cui solo cinque in realtà veri e propri brani, visto che "(generate)" funge come sorta di dronica intro, "(organize)" come intermezzo strumentale, mentre "(destroy)" è una più breve e avvinghiante rumoristica song. Con "The One" il quartetto di Verona inizia a macinare i propri classici mastodontici riffoni e la prima cosa che vorrei sottolineare rispetto al precedente lavoro, è un netto miglioramento a livello vocale: Manuele ha infatti aggiustato il proprio modo di cantare e ora lo trovo meglio collocato all'interno di uno stile musicale che rimbalza costantemente tra stoner, sludge e doom, senza tralasciare che altre componenti, quali math, heavy classico, alternative e psichedelia, s'intersecano in più punti nei brani. "The Holy" parte più in sordina, tra riverberi di chitarra e giri ritmici melmosi che sembrano evidenziare una minor accessibilità alla proposta dei nostri rispetto al passato, privilegiando qui un approccio più pesante e oscuro. Forse questo potrebbe essere il secondo punto che differenzia 'God' dal precedente 'Superbeast' e devo ancora maturare l'idea se si tratti di un punto a favore o sfavore di questa nuova release. Probabilmente la differenza risiede nel cambio di line-up, che ha visto la fuoriuscita di Davide alla chitarra e il successivo innesto di Alberto "Tode" a rimpiazzarlo. La quarta song, "The Truth", ha un incipit ben più atmosferico, frutto dell'utilizzo di synth in background che ne mitigano non poco, la fruibilità. Ampio spazio viene dato comunque alla parte strumentale, come a voler stordire l'ascoltatore prima di porgere un paio di carezze ristoratrici, carezze che coincidono con l'ingresso alla voce del vocalist. Ma il sound continua a rimanere urticante e duro da digerire, frutto di continui tortuosi giri ritmici che finiscono col produrre un effetto sfiancante. È il turno della song più lunga del lotto, "The Eye", quasi undici minuti in totale apnea, visto il grado di angoscia che il pezzo riesce a generare. Il brano apre con un arpeggio dal vago sapor mediorientale, prima che un ribassato rifferama si metta a costruire un enorme muro sonoro dove ancora una volta, il cantato di Manuele, cerca di addolcirne le asperità. Il sound dei Megatherium si fa ancor più minaccioso con un giro ritmico dai tratti fortemente dissonanti che trovano in uno psichedelico break percussivo di scuola tooliana, l'apice compositivo (e di irrazionalità) di 'God'. Ecco, questi sono i momenti che adoro di questa band, in cui ti prendono, ti portano all'inferno e li ti abbandonano. Quest'ultimo alla fine è l'episodio del disco che ho preferito, finalmente identificato dopo una serie estenuante di ascolti che mi ha portato quasi al delirio psichico. Tuttavia, il finale è affidato ad una song dal temperamento più hard rock oriented, "The Strenght", in cui i nostri mostrano inizialmente i muscoli con il loro stoner lento ma possente, intriso di una buona verve grooveggiante che rende questa song di facile presa anche laddove la band si infila in un tunnel ove una luce soffusa sembra voler intorpidire i nostri sensi con fare seducente. La porzione interamente strumentale qui votata peraltro alla psichedelia più pura, mostra un'altra faccia dei Megatherium, quella più lisergica e sperimentale prima dell'ultimo ingresso vocale di Manuele. La song chiude un riffing monumentale cosi ritmato che nel suo fading out mi ha evocato i Metallica di 'Master of Puppets'. 'God' alla fine è un album complesso che non si capisce certo al primo ascolto ma necessità di grande attenzione per poter coglierne dettagli a volte sommersi da un riffing pachidermico e assaporarne cosi tutti i suoi colori e odori. (Francesco Scarci)

(Argonauta Records - 2020)
Voto: 76

https://megatheriumstonerdoom.bandcamp.com/album/god

mercoledì 16 novembre 2016

Megatherium - Superbeast

#PER CHI AMA: Stoner/Psych/Doom, Tool, primi Cathedral
Il megaterio, citando wikipedia, è un genere estinto di mammiferi, il cui nome scientifico deriva dal greco e significa grande bestia; esso comprendeva varie specie di bradipi terricoli giganti vissuti milioni di anni fa nelle Americhe. Megatherium e 'Superbeast' appunto, per svelare il binomio di quest'oggi che vede raccontarmi del full length di debutto del quartetto veronese. Il disco, uscito per l’Andromeda Relix, include il materiale di tre anni di composizioni, mostrando al suo interno, le influenze stoner del primo periodo, e il mood psych-doom che caratterizza i quattro musicisti oggi. Andiamo incontro alla bestia, facciamone la sua conoscenza sin dall'intro, in cui il mostro sembra celarsi all'interno di una caverna e il suono che ne esce è verosimilmente quello del suo verso che echeggia sulle pareti rocciose. Ed è un riffing mastodontonico quello che si palesa in "Refuse to Shine", con la 6-corde ultra ribassata inserita in un contesto psichedelico, in cui la voce pulita di Manuele Germiniani appare effettata (quasi cyber) e ben si amalgama nella ritmica corposa (a tratti ossessiva) e compassata che evoca spettri degli Ufomammut. Complici i retaggi passati della band (che ricordo includere ex membri di Aneurysm, Gen Marrone, Elicotrema, Mr. Wilson e Tokio Conspiracy), i nostri si muovono in modo affine all'interno di territori doom, space rock, psych e stoner. Quando parte "Fly High", vengo catapultato indietro di oltre vent'anni, e ripenso al capolavoro 'The Ethereal Mirror' dei Cathedral; mancano solo i mitici "oh yeah" di Lee Dorrian e l'accostamento tra le due band sarebbe perfetto. Ma i Megatherium non sono affatto dei pivelli e non cadono nel tranello del tentato plagio, iniziando ad agghindare al meglio la propria musica con inserti di synth, voci litaniche, sprazzi di melodia, per un brano alla fine davvero ben riuscito. "Twiceman" è una bella scalata d'affrontare: una parete di oltre tredici minuti di suoni dapprima roboanti, ben arrangiati, che lasciano intravedere pochi squarci di luce, in un rifferama asfissiante alternato a momenti più meditativi e downtempo. Compaiono anche ipnotici break dal sapore ambient che contribuiscono a rendere l'atmosfera ancor più pesante, prima di un arrembante finale doom atmosferico, in cui accanto alle urla di Manuele, si affianca una parte in spoken word. Se con "Ghost of the Ocean" si rivedono i fantasmi dei Cathedral più stoner (a livello vocale qui c'è un cambio nell'impostazione vocale di Manuele), con "Cleveland (Is Far From Here)" è quello dei Tool ad emergere prepotente, in un brano breve e diretto. Arriva anche la traccia strumentale, con la breve "The Wolf and the Deer", in cui la band veneta si diletta con un riffing dal sapore southern stoner. I nostri proseguono con l'intento di cacciarsi negli anfratti più cupi e tenebrosi dello stoner doom: è il momento di "Grey Line" e del suo giro di chitarra melodico su cui si staglia la psicotica voce del frontman, che sembra quasi in preda ad un hangover di proporzioni bibliche. L'ensemble italico cambia ancora, probabilmente le ultime tracce si rifanno ad un periodo più in là nel tempo e la componente stoner si fa più forte, e qui emergono anche le influenze più primordiali della band, che spaziano dal grunge di "Betrayers, Everywhere!" a quelle più oniriche, che strizzano l'occhiolino ad A Perfect Circle ("Slow Down"), per chiudere con i riffoni granitici alla High on Fire di "Retrowsky", che nelle sue involuzioni, ha modo anche di offrire uno spaccato sonoro evocante gli Sleep . 'Superbeast' alla fine è un buon disco, con diverse piccole imperfezioni da smussare, e una ben più definita personalità da identificare. È un album che si lascia comunque apprezzare enormemente, soprattutto se ascoltato in cuffia. L'effetto ipnotico è garantito. (Francesco Scarci)

(Andromeda Relix - 2016)
Voto: 75

https://megatheriumstonerdoom.bandcamp.com/

domenica 18 ottobre 2015

Megatherium - Retrosky

#PER CHI AMA: Stoner/Doom/Sludge
I Megatherium sono tornati, quindi mollate tutto, bambini compresi e venite ad abbracciare il culto della bestia selvaggia. Il quartetto veronese è relativamente giovane (quattro anni all'anagrafe), ma dietro le quinte si celano musicisti che bazzicano la scena musicale da ben quindici anni e con un curriculum di tutto rispetto (Aneurysm, Gen Marrone, Mr. Wilson, Lokomotive, Elicotrema). Ci sono pertanto tutti gli ingredienti per aspettarci una band solida, matura e di qualità, e difatti, i Megatherium, dopo una pausa riflessiva, tornano in pompa magna con un EP di quattro brani che anticipa il nuovo full length, previsto a breve. 'Retrosky' è in parte scaricabile gratuitamente da Bandcamp e così anch'io ho seguito la via del digitale per questa recensione. Il primo brano si intitola "Ghost of the Ocean" ed è una via di mezzo tra una ballata stoner e una traccia doom, quindi lentezza morigerata e il tipico impatto del genere. Le chitarra avanzano con i loro rifferama in stile Down e Conan con suoni belli pieni e arrangiamenti che deliziano le nostre orecchie per accuratezza e stile. Per quando riguarda la sezione ritmica si è scelto un taglio classico-vintage, con il rullante definito come pure la grancassa. Nonostante il genere musicale, la registrazione riesce ad accontentare tutti, purtroppo le frequenze basse sono un po' limitate dal digitale via web, ma un bel cd o tanto meglio un vinile, renderebbero giustizia a questo EP. Il cantato è un altro elemento di valore che aggiunge interesse al lavoro dei nostri, offrendo una timbrica matura e trascinante che convince e che accompagna l'ascoltatore per tutti i quasi cinque minuti del brano. La seconda traccia è la title track, un vero e proprio capolavoro compositivo e melodico che rappresenta in pieno lo stile Meghaterium. Nei suoi otto minuti abbondanti, la band propone un folto numero di stati emotivi e mentali, passando da un mood psico-depresso alla rabbia più furibonda. Un'onda d'urto che incute ancor più timore perché viaggia a rilento per cui abbiamo tutto il tempo per realizzare che la piena ci investirà brutalmente segnando la nostra fine. Gli strumenti confermano il buon lavoro precedentemente fatto, ma stavolta il vocalist si esibisce in un cantato dall'indole quasi svogliata, a mio parere una trovata azzeccata che dà un taglio completamente diverso, decisamente intrigante. In seguito si trasforma in una sorte di inno a qualche belva satanica, con anche una sfumatura ruvida a mo' di ciliegina sulla torta. Buono l'uso delle doppie voci, mentre gli arrangiamenti possono risultare già sentiti, ma quando hai quindici anni di musica alle spalle, tutto il tuo background esce fuori prepotentemente come un alieno che ti squarcia il petto. Gli altri due brani sono "Betrayers Everywhere" e "Refuse to Shine", il primo risulta essere complesso e introspettivo, dove il vocalist si esibisce con uno stile alla Chris Cornell assai convincente. Il secondo è un'altra bordata con un buon lavoro di post produzione fatto di cori, effetti e quant'altro che dona un taglio moderno al brano. Peccato per la mancanza dei synth che probabilmente torneranno nel prossimo lavoro; avrebbero sicuramente aggiunto altre sfumature al già buon lavoro di arrangiamento fatto in studio. Direi che potevate iniziare già a scaricare l' EP alle prime righe della recensione, quindi se siete arrivati alla fine vuol dire che i quattro brani non hanno fatto altro che stuzzicare la vostra bramosia di stoner/doom e non vedete l'ora anche voi di mettere mano al prossimo album. Io di sicuro. (Michele Montanari)

(Self - 2015)
Voto: 75