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lunedì 21 settembre 2020

Bleeding Eyes - Golgotha

#PER CHI AMA: Sludge/Doom
La trasformazione dei Bleeding Eyes è ormai completa e ci mostra una band in una splendida forma decadente e buia, dal forte sapore poetico e dal suono asfissiante, concentrata in territori funerei tra sludge e doom metal. La loro nuova opera, 'Golgotha', è marcata da un'importante presenza vocale che caratterizza oggi più che mai il risultato sonoro, non solo per la capacità canora, che rincorre gli stilemi del genere, ma per le sue proprietà espressive che, con lunghissimi testi apocalittici cantati in italiano, superano ogni aspettativa artistica, proiettando l'esperta band di Montebelluna in una dimensione propria assai originale. Dimensione che in "1418", un bel pezzo sulfureo e potente cantato in inglese (lingua prevalentemente usata per i primi quattro album), rischia di sfigurare di fronte alla magniloquenza mostrata negli altri brani cantati in italiano. Il salmodiare del canto, unito alla ricerca nera delle melodie, che si muovono tra chiaroscuri potenti ed infernali, inoltrano l'ascoltatore in un pozzo senza fine, diabolico ed infinito. Sono pochi gli album cantati in lingua italica che si lasciano apprezzare come questo nuovo full length del combo veneto, intitolato a fondata ragione, 'Golgotha'. Dicevamo che la metamorfosi è ora completa ed il fatto che per la prima volta nella discografia dei Bleeding Eyes, i brani in lingua madre siano in numero maggiore rispetto a quelli in inglese, è un segnale di forte emancipazione. I suoni sono sporchi, macabri e sinistri, non vi è luce nemmeno nell'arpeggio apripista del singolo "Confesso", che non lascia speranze tra le parole di un disco che trasuda macabro esistenzialismo da tutti i pori, per una traccia killer di oltre otto minuti. Traccia che parla del rapporto uomo e ira divina, dolore, morte e mancata redenzione. Le atmosfere lugubri ricordano il side project di Lee Dorian, Teeth of Lions Rule the Divine, per la loro ruvidezza e sofferta esternazione, il contraltare sludge alla decadenza black metal dei Forgotten Tomb, una sorta di Massimo Volume in salsa hardcore stile RFT, rinchiusi tra inquietanti e mastodontici riff diabolici, dove il diavolo s'impadronisce del linguaggio messianico per predicare una visione di morte imminente. La band trevigiana sfodera un album al fulmicotone con i controfiocchi, visionario, violento e abrasivo quanto basta, in tutta la sua durata. Brano dopo brano, il veleno si mostra in tutta la sua forza, con stile e sapienza, una svolta che eleva il quintetto italico ad un piano dimensionale superiore e si fa amare sempre più, nota dopo nota, per quel cantato in lingua originale ed il potere evocativo ed angosciante dei testi. In questo lavoro licenziato dalla GoDown Records, la poesia dell'apocalisse incontra la musica del destino, in un calderone di devastante cupa emotività. Un piccolo gioiello di poesia doom dalle immense potenzialità. Musica tesa, esistenziale, depressiva, dai toni biblici e catastrofici, un mix originale per un disco che solleva la sorte della scena sotterranea, estrema nazionale. (Bob Stoner)

lunedì 24 agosto 2015

The Black - Golgotha

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Hard Rock
Mario Di Donato è un artista dall'esperienza che supera i 40 anni all'interno dei circuiti hard rock italiani. Attraverso le varie formazioni di cui ha fatto parte sin dagli anni '70 (Respiro Di Cane, Unreal Terror, Requiem) e la sua creatura più importante a nome The Black, si è costruito attorno a sé la fama di personaggio di culto. Quest'aura affascinante e misteriosa che avvolge il chitarrista abruzzese nasce dal suo modo unico di concepire ARTE e MUSICA, entrambe connotate da una forte teatralità e indissolubilmente legate a temi di carattere religioso. Ad avvalorare la singolarità della sua proposta musicale, contribuisce in parte la scelta coraggiosa di cantare in italiano e latino fin dagli esordi ma anche l'intento ammirevole di unire la CULTURA al metal, in modo che testi, musica e immagini facciano parte di un unico corpo. Mario Di Donato, oltre ad essere un musicista di valore, è anche un pittore molto apprezzato a livello internazionale, ogni disco uscito per The Black infatti, raffigura sulla copertina i suoi dipinti e così è anche per 'Golgotha', sulla cui front-cover possiamo ammirare 'Post Mortem', la deposizione di un Cristo attorniato dai volti ambigui e traditori dei suoi carnefici. 'Golgotha' è appunto il monte dove fu ucciso Gesù Cristo, è il simbolo della sofferenza e del dramma umano ma anche il proseguimento di un viaggio all'interno di se stessi, una ricerca spirituale che l'artista abruzzese cominciò tanti anni fa. 'Golgotha' nasce dal dolore e lo sdegno per chi calpesta la vita con la violenza, è l'esplosione emotiva di un uomo sensibile e tormentato, che si trasforma in una denuncia verso questo "mondo di fango". Un hard rock dalle tinte molto oscure si potrebbe definire lo stile del sesto album di The Black (ormai datato 2000), un'opera raffinata dal suono un po' retrò, con i riff più freschi dell'heavy metal anni '80 e le inevitabili influenze dei seventies (nel cd è presente anche "Sospesa A Un Filo", cover dei Rovescio Della Medaglia e "Il Giudizio", un rifacimento di un brano dei Corvi). Gli assoli ispirati della title-track e di "Ivstitia" (che per la loro bellezza varrebbero da sole l'acquisto del disco), la voce inconfondibile ed "imperfetta" di Mario e le tastiere usate in chiave organistica, sono tutti elementi che fanno di 'Golgotha' un album imperdibile! Fondamentale per chi segue già da anni The Black ma anche l'occasione ideale per scoprire un artista a tutto campo che il grande pubblico metal ha malauguratamente da sempre ignorato. (Roberto Alba)

(Black Widow - 2000)
Voto: 85