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lunedì 7 gennaio 2013

Epitimia - Faces of Insanity

#PER CHI AMA: Black/Post Rock
Epitimia: la parola deriva da un termine greco che tradotto significa penitenza, il che è già tutto un programma. Si, perché non so decisamente cosa aspettarmi in termini musicali da un lavoro, il cui flyer informativo cita il sound dei nostri, come un mix tra black atmosferico e post rock. Tuttavia, il combo russo è già alla sua terza release, quindi un po’ di esperienza la deve già aver accumulata, pertanto mi devo fidare. “Faces of Insanity” si apre con “Reminiscentia”, un’ottima intro strumentale di quattro minuti e più, i cui contenuti suonano effettivamente come black, avvolti però da una magica aura post rock. Quindi le aspettative nel mio animo si fanno più forti, perché coniugare due tra i generi che in questo momento prediligo, oltre a non essere cosa facile, mi darebbero un grande piacere. Quando parte “Epikrisis I: Altered State of Consciousness”, mi rilasso per la apertura sinistra affidata a chitarre dal flavour rockeggiante, prima che vedano sovrapporsi un secondo riff più pesante e un cantato harsh. La song vive di sussulti: prima una galoppata black, poi un’eterea voce femminile, di nuovo la furia che irrompe, spezzata solamente dalla malinconia che fuoriesce dalla chitarra. “Epikrisis II: Obsession” apre in acustico, per poi confermare che la formula segreta dei nostri, non è poi cosi tanto segreta: ossia l’aggiunta della voce corrosiva di K., una ritmica più incisiva, che si sposa alla perfezione con una produzione un po’ sporca, il tutto pervaso comunque da un tocco chiaramente decadente e intriso di disperazione. È il turno di “Epikrisis III: Megalomania”: inizio a mal digerire il cantato in lingua madre (russo), forse scelta per rendere la proposta più originale o per farsi seguire dal proprio pubblico, ma a mio avviso sarebbe meglio virare il tiro verso l’inglese. Il sound del trio russo conferma la propria vena depressive anche con “Epikrisis IV: Jamais Vu”, dove splendido è il lavoro delle chitarre, potenti ed epiche, mentre il vocalist invasato, arriva ad urlare belluinamente dentro al microfono. “Epikrisis V: Rorschach Inkblot” incuriosisce maggiormente per il contenuto lirico probabilmente riguardante le famose macchie di Rorschach, utilizzate in psicodiagnostica come strumento di indagine della personalità ed in questo caso, per misurare la delirante lucida follia del nostro terzetto. Scherzo, ora vi spiego meglio: “Faces of Insanity” tratta infatti il tema della sofferenza individuale a causa di disturbi mentali, quindi un argomento ahimè attuale e assai interessante. “Epikrisis VI: Leucotomy” vive sullo “sfarfallio” melodioso delle sue chitarre e su aperture pregevoli di scuola primi Katatonia; l’unico problema continua a rimanere la performance poco aggraziata del cantante che alla fine tende a calmierare un po’ tutti gli altri strumenti. A chiudere il disco ci pensano la lunga, malinconica ed oscura “Ds: Schizophrenia” e “Lethe”, deprimente e strumentale outro. “Faces of Insanity” è un album interessante musicalmente parlando; lo sarebbe anche in termine di contenuti se solo questi fossero in lingua inglese. Tante le cose da sistemare ed affinare: la voce e la lingua, un po’ di tecnica individuale, eliminando qualche banale ed inutile cavalcata black, che poco ha a che fare con il sound e le reali potenzialità di questi Epitimia. (Francesco Scarci)