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martedì 21 agosto 2018

Roamer - What The Hell

#PER CHI AMA: Noise/Alternative
I Roamer sono quattro musicisti provenienti da Olten, città svizzera incastonata tra le montagne e attraversata da un fiume cristallino che ha sicuramente stimolato i sensi dei nostri ragazzi. Attivi dal 2011 con un paio di EP ed un album, sono tornati aprile scorso con il nuovo album 'What the Hell' edito dalla Czar of Revelations, ovvero il lato meno aggressivo dell'etichetta svizzera Czar of Crickets Productions (la Czar of Bullets infine si occupa di metal e genere affini). "Open my Pants" è la prima traccia e dopo poche battute veniamo scaraventati in una dimensione che non rispetta le comuni regole della fisica. La ritmica sintetica disturba a causa della sua non linearità, ma viene dominata da un basso baldanzoso e dal vocalist che ci sussurra all'orecchio con fare provocatorio. Finalmente il brano si distende, entrano le chitarre con un assolo a tratti dissonante, mentre il martellante e malizioso ritornello ci trasporta verso la conclusione di un brano scarno che ci lascia in bocca il sapore plastico di un noise/alternative pop. "Today" mischia le carte ricordando vagamente l'appeal degli Anathema grazie al pianoforte potente e alla kick drum pulsante, con lo sviluppo che prende poi una strada diversa fatta di una grande intensità ritmica dato dal supporto delle chitarre distorte. Nel frattempo il vocalist cerca melodie dal percorso inaspettato che alleggeriscono il mood del brano. Da una pazzia all'altra, è il momento della title track, "What the Hell", che spinge verso sonorità ancora più noise e pattern poco friendly che mettono alla prova l'orecchio pop rock dell'ascoltatore. Dopo il delirio cacofonico, tutto si ferma con uno stacco leggero di pianoforte e cantato, appesantito solo da un'imprecazione che viene scandita più volte fino alla chiusura. Per addolcire l'album, i Roamer ci deliziano con "Touchscreen" che gronda groove da tutte le parti grazie alla sezione di basso e batteria con gli immancabili innesti eterei, oramai marchio di fabbrica della band elvetica. Un brano che scivola bene, nonostante la composizione sia complessa, grazie agli arrangiamenti che a volte ricordano i Radiohead imbastarditi con i NIN quando serve un po' di grinta in più. Il livello compositivo si mantiene medio alto anche negli altri brani che si differenziano con qualche piccolo excursus alla QOTSA ("Rebel") o ancora NIN ("Number"), caratterizzati però sempre dal cantato che deve molto alla scuola brit dei vecchi Blur. 'What the Hell' è alla fine un album assai godibile, che spezza la monotonia di una serie di produzioni simili tra loro e con poca creatività. I Roamer hanno il merito di aver saputo forgiare un proprio stile che, nonostante lo scarso mainstream, gode del dovuto rispetto. (Michele Montanari)

(Czar of Revelations - 2018)
Voto: 75

https://roamer.bandcamp.com/album/what-the-hell

mercoledì 22 novembre 2017

Echolot - Volva

#PER CHI AMA: Psych/Stoner
Gli Echolot sono un trio stoner/psychedelic rock nato a Basilea nel 2014 e già al secondo album, 'Volva' appunto, prodotto dalla label Czar Of Revelations. L'artwork mostra una grafica molto accattivante che racchiude un profondo significato, alla base dell'album stesso. Come gli stessi Echolot hanno dichiarato qualche tempo fa durante un'intervista, 'Volva' in latino significa conchiglia o involucro. I testi dell'album e la musica stessa affrontano questo concetto a livello sociale, dove l'uomo ha sviluppano una propria corazza che si adatta per interagire con gli altri, ma allo stesso tempo è alla ricerca di un'indipendenza da essa per evolvere e crescere indipendentemente da questo guscio. Tutto questo è rappresentato dalla copertina dell'album appunto, dove il piede del scarafaggio acquatico Dytiscus è stato fotografato tramite un microscopio a scansione laser per mostrare le ventose che gli permettono di camminare sott'acqua. Un esempio di come il nostro guscio sia uno strumento importante per interagire con il mondo. Dopo questa divagazione scientifica, che comunque ci introduce accuratamente nel mondo degli Echolot, cominciamo a parlare della loro musica. I brani sono quattro e prima ancora di insorgere e gettare nelle fiamme questo 'Volva' classificandolo come EP, vi informo che in media essi durano tredici minuti, quindi prendiamo un profondo respiro ed lasciamoci trasportare dalla musica dei nostri. Le atmosfere dilatate sono forgiate dalla classica formazione rock, ovvero chitarra-basso-batteria con alcuni excursus vocali. I suoni sono prettamente vintage, usciti direttamente dai '70s con chitarre distorte ricche di fuzz e un caldo velo analogico che avvolge il tutto. "II" ci catapulta direttamente in uno spazio-tempo informe, dove riff di chitarra riecheggiano lontani, il basso pulsa come una battito ancestrale e la batteria sostiene la trama e la sua evoluzione strutturale. La voce ricorda antichi canti sepolti dall'incedere del tempo, ma che riemergono potenti quando stimolano il nostro subconscio primitivo e pagano. La band riesce ad alternare sapientemente passaggi doom e psichedelici, come in "III", un vero e proprio percorso sensoriale che appaga l'ascoltatore guidandolo in una progressione che passa dalla calma iniziale all'esplosione della parte centrale. Tutto sembra condotto dalla chitarra e dai suoi riff, in realtà la struttura è più complessa, non mancano sezioni drone/ambient come l'inizio di "V", dove suoni indefiniti accompagnano la sezione ritmica. In seguito trovano spazio anche alcuni inserimenti noise concepiti da chissà quale sintetizzatore o simili. Colour Haze, Mars Red Sky e Samsara Blues Experiment sono le prime somiglianze che mi vengono in mente pensando a gruppi attuali, ma basta guardare un po' più indietro per sentire Hawkwind, Pink Floyd e Black Sabbath. Un trip classico, sicuramente niente di nuovo sul fronte svizzero, ma cavolo, questi ragazzi ci sanno fare veramente. Un album ricco di atmosfera, musicalità e solidi arrangiamenti, che non ci fan rimpiangere di esserci persi i veri anni '70s, tanto ci sono band valide come gli Echolot che ce li fanno rivivere oggi. (Michele Montanari)

(Czar of Revelations - 2017)
Voto: 75

https://darkseacreature.bandcamp.com/album/volva

giovedì 5 ottobre 2017

Sum Of R – Orga

#PER CHI AMA: Dark/Ambient/Elettronica
Disco dalle atmosfere plumbee e rarefatte, basato su suoni profondi e ancestrali, crepuscolare e oscuro, questo è il nuovo lavoro degli svizzeri Sum Of R. Veterani della scena ambient/dark europea, dopo quattro album dalla loro nascita (2008) i nostri si concentrano in un album per appassionati del genere e per ricercatori di musica emozionale sulla scia di Dead Can Dance e Coil, un ambient sperimentale, dilatato e carico di suggestioni evocative (vedi Alva Noto oppure alcuni lavori sul catalogo della Ultimae Records). Piccoli suoni sparsi ovunque che creano composizioni cerebrali cariche di tensione esistenziali. Musica ai confini tra elettronica, ambient e rumori nella distanza, perfetta colonna sonora per film cervellotici ambientati nell'oscurità dello spazio più profondo. C'è il classicismo di Brendan Perry e i piccoli rintocchi ritmici dal sapore etnico, quel senso d'attesa e di infinito che si sviluppa in tutti i brani, gli Art Zoyd in un momento di piena oscurità. Difficile dire quale sia il brano più importante, poiché il disco va assaporato nella sua veste di soundtrack spirituale, perfetta per una elevazione della propria anima. Composizioni di alta qualità in ambito dark, nel segno del noir alla Dale Cooper Quartet di 'Metamanoir' e persino un riferimento alla perversa psichedelia musicale del David Lynch nei suoi più oscuri lavori. I brani sono corredati poi da una splendida produzione, musica da ascoltare in perfetta solitudine o nelle notti più insonni, album per veri cultori che sapranno cogliere e apprezzare il suo valore. Da ascoltare immersi nelle tenebre! (Bob Stoner)

(Czar of Revelations - 2017)
Voto: 80

https://sumofr.bandcamp.com/

martedì 15 agosto 2017

Neo Noire - Element

#PER CHI AMA: Alternative/Grunge, Alice in Chains, Smashing Pumpkins
I Neo Noire (NN) sono un quartetto proveniente da Basilea, in Svizzera che qualche mese ha pubblicato 'Element', il loro album d'esordio. Dietro tutto ciò troviamo la Czar of Revelations Records e Raphael Bovey (GOJIRA) che hanno permesso l'uscita di questo lavoro in bilico tra l'alternative rock e il metal. La band stessa annovera tra le proprie influenze Smashing Pumpkins e Jane’s Addiction, ma diverse altre contaminazioni si percepiscono ascoltando le otto tracce del disco. "Save me" è una canzone che porta con sé il bagaglio grunge del quartetto, con l'atmosfera che richiama molto gli Alice in Chains e gli Stone Temple Pilots più oscuri e malinconici. Nei quasi sette minuti di esecuzione, l'esortazione a salvare il protagonista si poggia su riff potenti e penetranti che cercano una via di riscatto con le accelerazioni e il ritornello. Il break psichedelico ci mostra il lato lisergico della band e l'assolo di chitarra allunga il brano senza renderlo monotono e regalando una variazione sul tema. Cambiamo traccia e sound con "Shotgun Wedding", canzone più sostenuta con una sezione ritmica che pulsa, dove il basso è ben amalgamato nel mix sonoro e la batteria è registrata in modo eccellente. Una classica cavalcata hard rock/metal che si fa spazio con allunghi e stop&go per modulare al meglio il suo svolgimento, invece il ritornello è assai orecchiabile e raggiunge l'obiettivo di scavarsi una nicchia nel nostro cervello. Il vocalist/chitarrista convince su tutti i fronti, ha una timbrica grintosa e matura di chi persevera nel rock da sempre, nonostante stili e generi diversi si siano accavallati negli ultimi tempi, l'estrazione anni '90 è solida come il granito. A metà album troviamo "Element" e non si può che confermare l'influenza della band capitanata da Billy Corgan, quella del periodo 'Siamese Dream', per capirci. Questo si concretizza dal cambio di stile del cantato e dagli arrangiamenti più soffici ed eterei tipici delle ballate prodotte dalla band di Chicago. Un cambio che spiazza in principio, ma si amalgama abbastanza bene grazie ai giri di chitarra che si destreggiano bene in entrambi gli stili mantenendo una proprio identità. Un brano facile, che con il suo crescendo risulta piacevole e di più facile assorbimento, ottimo modo per accontentare anche ascoltatori dediti a melodie più soft. "Neo Noire" sposta l'ago della bilancia verso lo stile più graffiante e introspettivo dei NN, infatti il brano convince per la struttura alquanto semplice, ma con arrangiamenti studiati nel minimo dettaglio a confezionare una song che scorre fluida senza infamia. Un debut album solido, ben fatto e che porta tutto il bagaglio musicale di una band maturata in altri progetti e che si ritrova ancora ad amare il rock e volerlo suonare davanti ad un pubblico che condivide la loro stessa passione. Da prendere ed ascoltare senza controindicazioni. (Michele Montanari)

(Czar of Revelations - 2017)
Voto: 75

https://neonoire.bandcamp.com/album/element

domenica 9 aprile 2017

Autisti (Louis Jucker & Emilie Zoé) - Autisti

#PER CHI AMA: Psych/Indie Rock, Dinosaur Jr. 
Autisti (Louis Jucker & Emilie Zoé) è un progetto indie ambizioso, che profuma di low-fi a partire già dalla copertina. Ambizioso perché nella visione del suo autore, lo svizzero Louis Jucker, il prodotto finale consisterà in 5 LPs o CDs per un totale di 40 canzoni, che confluiranno in un cofanetto-booklet intitolato 'L’Altro Mondo, Music with Lovers and Friends'. Quello che ci accingiamo ad ascoltare oggi è il volume 2 di 5 dal titolo omonimo, in uscita questo mese di aprile. Con Jucker, voce e chitarra, sono della partita Emilie Zoé (voce, chitarra e organo) e Steven Doutaz (batteria). Il disco si apre con "The Dower", qualche secondo di attesa con le corde delle chitarre che prendono tempo prima della botta di batteria e quando il brano parte, le voci di Louis ed Emilie sono armonizzate e catchy al punto giusto. Un bel pezzo per farsi conoscere e conquistare immediatamente l’ascoltatore. A seguire "Peaches for Planes", costruita su un riff di chitarra sferragliante e di matrice blues con una voce filtrata che potrebbe ricordare Dan Auerbach dei Black Keys. Il disco si spinge verso sonorità ipnotiche con "No Anchor" ove i ritmi si fanno più lenti e un organo fa da tappeto alle voci, mentre proseguendo nell’ascolto la musica s'incupisce ancor di più con la successiva "L’Altro Mondo", caratterizzata da un finale decisamente noise. La velocità e lo spirito punk contraddistinguono "You Felons!", meno di tre minuti intensi e rabbiosi. "Trundle Beds", più riflessiva nella sua esecuzione, ha nel suo impianto una voce telefonica e le interferenze tipiche di una comunicazione difficile. Al sottoscritto ricorda molto lo stile di Jim White ma potrebbe anche essere una personale suggestione. Il disco giunge al termine con l’ottava traccia dal titolo "Down to the Minimum" dove il trio satura per bene gli ampli facendo staccare dalla parete il poster dei Dinosaur Jr. Il progetto Autisti, restando nell’ambito dell’alternative rock si dimostra vario nelle sue espressioni e di sicuro rispecchia la curiosità negli ascolti del suo autore. Sarà interessante poter valutare anche le prossime uscite. Ancora una volta, dalla vicina Svizzera ci giungono produzioni decisamente meritevoli di ascolto. (Massimiliano Paganini)

(Hummus Records/Czar of Revelations/SK Records - 2017)
Voto: 75

giovedì 18 febbraio 2016

Zlang Zlut - Crossbow Kicks

#PER CHI AMA: Hard Rock, Led Zeppelin
Gli Zlang Zlut sono un duo di cinquantenni svizzeri che ha dedicato la propria vita alla musica. Infatti sono attivi sin dai mitici anni '90, quando i due di Basilea si dedicavano prima alla musica classica e poi al rock con diversi progetti. Amici di lunga data, nel 2010 hanno deciso di fondare questo energetico duo dando così alla luce il loro primo EP l'anno seguente. Nel 2014 hanno sfornato l'album omonimo ed ora ritornano con 'Crossbow Kicks', un digisleeve ben fatto con undici tracce di rock dalle influenze hard, ma pieno di sperimentazioni e con così tanta energia che farebbe impallidire parecchie giovani punk band. I ragazzotti amano il rock'n'roll vecchia maniera, ma non disdegnano anche sonorità moderne, distorsioni seducenti e ritmiche taglienti come un rasoio. In realtà la formazione è alquanto strana, nel senso che la line-up prevede un violoncello elettrico/bass synth con controllo a pedali e una batteria/voce, con un risultato finale alquanto soddisfacente. "Hit the Bottom" apre le danze con una ballata rock veloce, un cantato squillante e ben modulato in pure stile hard rock, mentre la sezione ritmica srotola un'ingente quantità di battute. Il violoncello distorto non fa certo rimpiangere la mancanza di una chitarra, anzi, l'assolo permette di godere appieno le diverse sfumature che tale strumento regala. In sé la canzone non offre niente di nuovo, grandi influenze dal passato sia nella struttura che nei riff, ma non fermiamoci al primo brano e passiamo oltre. "Rage" alza il tiro con un mood più oscuro e introverso, sonorità tra i Led Zeppelin e AC/DC, mentre il vocalist si lancia in un cantato ipnotico, sostenuto dai riff ossessivi del violoncello. I cinque minuti abbondanti della traccia rimangono sempre ad un livello che sembra voler esplodere, ma in realtà gioca su altri fattori, come i brevi assoli psicotici di violoncello. Non ancora soddisfatto, passo a "Out of Control", una vergata rock old school fatta di riff ballerini e ritmica figlia dei migliori moto raduni dagli anni sessanta ad oggi. In alcuni passaggi vocali sembra quasi che l'inossidabile Ozzy abbia prestato le sue corde vocali, in realtà il cantante è cresciuto a pane e rock come avveniva qualche anno fa. Anche qui il cello si inerpica in un assolo granitico, dimostrando che non ci vuole per forza una sei corde per scrivere qualche pagina di rock. "Now" è il brano più variopinto dell'intero disco, la struttura è classica, ma il tempo a disposizione permette di dare spazio al bass synth che probabilmente è un Taurus della Moog, a sentirne la cremosità delle frequenze. Anche il violoncello qui si arricchisce di effetti che insieme ai già sentiti excursus sclerotici, permette di inserire dei break che spezzano e rendono più vario il lungo brano. In generale gli Zlang Zlut sono un ottimo duo che brucia di rock come se non ci fosse un domani e nonostante sia restio a prendere la strada della sperimentazione, ne esce a testa alta, grazie anche alla lunga esperienza musicale che i due musicisti si portano sulle spalle. L'impressione è che i due si divertano un sacco, suonino quello che adorano e quindi vincano la loro sfida, senza il bacio accademico però. (Michele Montanari)

(Czar of Revelations - 2016)
Voto: 75