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giovedì 9 marzo 2017

Ande - Het Gebeente

#PER CHI AMA: Punk/Post Black
Lo stuolo di one man band si fa più sempre più corposo qui nel Pozzo dei Dannati. La band di oggi arriva dal Belgio, parte fiamminga mi pare di capire dalla "durezza" del titolo, con un disco che rappresenta la seconda fatica per il mastermind Jim, dopo il positivo esordio 'Licht', di due anni fa. Non è certo una regola scritta, ma chi è parte di una one man band, notoriamente suona black metal e gli Ande infatti non sono immuni a questa legge non scritta. Sei le tracce incluse in questo 'Het Gebeente', di cui una è il prologo che fa da apripista al sound tortuoso e feroce di "Argwaan", che delinea per sommi capi la proposta del combo belga: un riffing efferato in salsa punk black costituisce il background su cui si muovono i nostri, da cui si ergono le vocals incomprensibili e spietate del cantante. La song, nei suoi oltre otto minuti, va dritta al sodo, tagliente più che mai con una crudezza vocale data da uno screaming che di umano ha ben poco, e in cui gli accenni di melodia si dimostrano merce assai rara. Non c'è spazio per sprazzi di luce o di un barlume di speranza nel sound degli Ande. Anche se "Gebukt" è più compassata nel suo incedere, le sue fattezze sono spettrali, amplificate poi da una voce dilaniata e da vertiginose accelerazioni post-black, interrotte da ipnotici giri di chitarra black doom. Non è proprio una proposta facile da digerire quella contenuta in questo primitivo e misantropico 'Het Gebeente'; c'è un che dei Darkthrone nelle linee di chitarra di Jim, anche se poi influenze post e una leggera vena atmosferica, contribuiscono a prendere le distanze dall'ensemble di Fenriz e soci. "Oud En Vet" è interessante per un tribale break down centrale ma anche qui poi la rigidità delle ritmiche, cosi come la mancanza di melodia o di qualche orpello stilistico che permetta un ascolto più easy-listening, rendono questa traccia cosi come la successiva "Leeg", davvero montagne insormontabili. Ci pensano ancora una volta gli ostici intermezzi ambient (a tal proposito complicato è il finale ambient drone affidato a "Uittrede") a dissipare qualche nube e rendere l'ascesa verso il picco, un po' meno difficoltosa. In realtà, ancor più che le pause atmosferiche, credo che siano le accelerazioni post black a conferire una maggiore accessibilità a questo disco. Buffo da credere, ma 'Het Gebeente' non è certo un album per tutti, neppure per molti a dire il vero, forse solo per pochi mefistofelici intimi. (Francesco Scarci)