#PER CHI AMA: Heavy Metal |
Della serie riscopriamoli, il 1986 è l'anno dove la strumentazione musicale ha subito una particolare modifica; è stata creata una nuova sonorità tramite i sintetizzatori per basso e chitarra elettrica. Questo è anche l'anno in cui il sesto album degli Iron Maiden, registrato tra i "Compass Point" e i "Wisselrood" Studios in Olanda, fu rilasciato con il titolo di "Somewhere in Time". La composizione dell'album fu affidata a solo due dei componenti della band, ovvero Adrian Smith (chitarra) e Steve Harris (basso), salvo per la traccia numero 7, intitolata "Deja vu", che fu scritta da Dave Murray (chitarra) che poi venne arrangiata con l'aiuto di Harris. Otto tracce in totale per questo album, che venne definito "spartiacque", perchè lo stile duro che i Maiden solitamente avevano utilizzato, dovette lasciar spazio a qualcosa di più melodico. L'azione prodotta dai sintetizzatori portò a fare varie prove su questo "melodic hard style" (mia piccola definizione). Vollero mantenere pur sempre il loro stile originale, cercando di non rivoluzionare tutto con uno stile puramente commerciale come fecero altre band. "Somewhere in Time" venne definito l'album più "snobbato" della loro intera discografia, perché tutt'ora solo alcune canzoni possono essere suonate live come ad esempio "Heaven Can Wait" e "Wasted Years". Le restanti tracce sono risultate impossibili da eseguire live perchè l'effetto dei sintetizzatori renderebbe le canzoni di scarsa qualità a differenza dalla registrazione in studio. "Heaven Can Wait" venne scritta e arrangiata completamente da Steve Harris: parla di un malato di cancro che lotta tra la vita e la morte. Una canzone con una base melodica che però poi sfocia in un coro continuo. Altra canzone da sottolinare è "Sea of Madness", scritta da Adrian Smith, mostra le notevoli e potenti cavalcate di basso di Harris; un particolare in più che mi fa apprezzare questa canzone è l'inizio del ritornello che la rende più attraente. Altro fantastico pezzo è "The Loneliness of the Long Distance Runner"; Steve Harris ci mette del suo per rendere grande questa song che contiene dei spaventosi giri di basso. Ultima ed epica, ecco far capolino "Alexander the Great" traccia che parla delle grandi gesta del mitico condottiero macedone che all'età di 33 anni ha conquistato terre e nazioni senza mai essere stato sconfitto sul campo di battaglia. La song della durata di circa otto minuti si rivela complessa e con una lunga parte strumentale, ma nel complesso è una canzone con delle buone fondamenta. "Somewhere in Time" vuole dare l'idea che pur essendo proiettati nel futuro e alla costante ricerca di migliorare il proprio stile, i Maiden vollero mantenere un saldo legame con il passato: basti dare un occhio alla copertina e molti particolari salteranno davanti a noi: un piccolo esempio è la torre dell'orologio che segna le 23.58 facendo riferimento alla canzone "Two Minutes to Midnght" dell'album "Powerslave". Questo sarà l'ultimo album prima che Adrian Smith lasci la band per la sua piccola parentesi in una carriera da solista che non ha avuto un gran successo, lasciando il posto al nuovo entrato Janick Gers, ma questa è un'altra storia. Catalogabile decisamente come un buon album nel complesso. (Alessandro Vanoni)
(EMI Records)
Voto: 75
Voto: 75