#PER CHI AMA: Post/Techno Death |
Il post metal non ha ancora esaurito tutte le sue cartucce. Dalle più svariate parti del mondo continuano infatti ad emergere nuove realtà devote a questo genere e ai soliti maestri Isis e Neurosis. La band di oggi arriva dal Canada, West Coast per l'esattezza. I Sundran sono infatti un trio di Vancouver, formatosi quattro anni fa e con all'attivo un EP, 'Another Place', e questo nuovo omonimo album di debutto. Partiamo subito col dire che, sebbene si citino Mastodon e Gojira tra le loro influenze, francamente poco o nulla di questi riferimenti ho trovato nella musica dei nostri. Si perché, "Diving" e soprattutto la seconda traccia, la title track, palesano nel loro "tiepido" incedere, influenze mai troppo celate provenienti piuttosto dai bostoniani Isis. Una ritmica lenta e fragorosa, stemperata da una musicalità sempre all'insegna di una ricercatezza melodica, urla potenti ed un'ambientazione costantemente cupa e misteriosa, con raffinati giochi di chitarra che potrebbero semmai richiamare i Tool nei loro chiaroscuri, costituiscono gli ingredienti chiave della musica dei Sundran. La voce del frontman si conferma uno dei punti di forza dell'ensemble canadese, cosi come le sezioni introduttive cosi atmosferiche di ciascun brano. "Vexed" è pezzo bello pesante: ritmica compassata, qualche cambio di tempo, soprattutto quello che interrompe con una deflagrazione post-black, l'avanzare angosciante dei tre musicisti. Buona l'idea di tenere incollati tutti i pezzi tra loro come se ci fosse un sottile filo invisibile che li tiene uniti l'uno all'altro. Ecco perché non mi accorgo neppure che nel frattempo sia esplosa nel mio stereo la psicotica "Scavengers", visto questo flusso continuativo del disco. Forse qui emergono alcune citazioni che riportano ai Gojira, con quelle sue chitarre sincopate e una veemenza generalizzata che avvolge l'intero lavoro e alla fine mostra ottimi spunti in un ambito che sembrava aver detto tutto o quasi. Il sound è qui davvero grosso, il classico muro imperforabile che ci introduce alla quinta song, "Impasse", una scarica adrenalinica di tre minuti di chitarre ribassate, un cartavetroso screaming che si alterna con un growling assai possente. Il sound si fa comunque sempre più poderoso e nella strumentale "The Fly", sembra essersi tramutato definitivamente in bordate death metal, a cui aggiungerei anche l'aggettivo techno. A chiudere il disco, ci pensa "Sink", l'ultima mastodontica traccia che si muove tra sonorità sludge, post-metal, black e techno death, che rappresenta la summa di un cd davvero intrigante che ha l'ultima sorpresa in serbo per noi, ossia la riproposizione di tutti i brani in formato strumentale. Come prima opera, direi decisamente ben fatto. Mi tengo però mezzo punto più basso, perché credo fermamente nelle potenzialità ancora inespresse di questi ragazzi. (Francesco Scarci)
(Self - 2017)
Voto: 75