Cerca nel blog

martedì 29 agosto 2017

Landskap - III

#PER CHI AMA: Psych Doom Rock
In apertura di 'III' ci si trastulla con quel vintage graffiante ("Wayfarer's Sacrifice" e "Awakening the Divide", che per chiarire il concetto, sfoggia una palese citazione di "Gypsy" nel bridge) di matrice desert-nordica, quindi più meno dalle parti di Graveyard (stiamo ovviamente parlando del deserto della taiga che si estende alle spalle di Göteborg) e Rival Sons (dopotutto Long Beach è a nord di qualcosa, per esempio di San Diego), il che suggerisce una certa prossimità ai momenti più riverberanti dell'atto prima della band britannica. In contrapposizione, la straordinaria e irrotazionale epica conclusiva di "Mask of Apathy", costruita con gli stessi mattoncini di "To Harvest the Storm" e inopinatamente caratterizzata da una repentina e sublime discontinuità steppenwolfica (più precisamente born-to-be-steppenwolfica). Applausi a scena aperta: l'obnubilante crescendo emotivo in 19/8 di "TheTrick to Letting Go" esprime una maestosità che a confronto 'Anathema' degli Anathema sembra una ballatina voce-tremula-e-chitarra-scordata di quelle canticchiate dai perditempo nei corridoi della metropolitana londinese. Produzione abbordabile e limpidissima, crooning straordinario tra un Jim Morrison col tovagliolo sulle ginocchia e un Ian Astbury che sta cavando le zecche dal suo cane. Un album, nonostante la breve durata, immensamente fatiscente. (Alberto Calorosi)