#PER CHI AMA: Post/Sludge, Isis, Russian Circles |
Cosa aspettarsi da un album intitolato “Silenzio Bianco”, da una band il cui nome significa “Muro di Ghiaccio”, e il cui, peraltro splendido, artwork mette in fila fotografie di mari ghiacciati e iceberg, rigorosamente in bianco e nero? Detto che ogni informazione supplementare bisogna sudarsela, essendo tutto (dal nome della band a i titoli dei brani e alle note di copertina) scritto in cirillico, vado in cerca di approfondimenti e trovo la recensione che il buon Franz fece dell’esordio del quintetto russo, datato 2010, allora promosso con riserva. Schiaccio play e vengo investito dall'equivalente musicale di una tempesta artica: muri di chitarre post hardcore e ritmiche serratissime, intervallate da momenti più riflessivi di stampo post rock e quindi nuove accelerazioni maestose, sottolineate da tastiere solenni e vocals sofferte e furibonde. Una bomba. Peccato che il resto del programma mantenga solo in parte le promesse fatte nei cinque minuti furiosi e drammatici del primo brano, “Fordevind”. Già, perché da qui in poi, gli Steny Lda propongono un post/sludge dalle forti componenti cinematiche ma che perde molto potenziale allorché decide, e lo fa per buona parte del programma, di rimanere soltanto strumentale. Come già rilevato nell'esordio, anche qui infatti l’impressione è che molte delle potenzialità della band vengano meno quando non supportate adeguatamente dalla voce. I tre brani successivi, infatti, mettono in fila in maniera diligente tutto l’armamentario classico del genere, come insegnato negli anni da gente come Isis e Russian Circles, il tutto incastonato sullo sfondo di quello che, come suggeriscono i titoli, sembra essere il tema portante del lavoro, ovvero il ghiaccio. Peccato che la personalità avvertita nel pezzo di apertura qui si perda e così diventa davvero difficile distinguere l’incedere lento dei 10 minuti di “Ice Storm, The Earth Ball” da quello di un qualsiasi altro brano prodotto da una delle tante band post/sludge strumentali. Quando sembra che le cose debbano incanalarsi per il peggio, ecco però che l’album sterza decisamente a partire dalla traccia numero 5 “Drifting Icebergs in the Fog, Causing Destruction and Destruction “ (metto solo la traduzione dei titoli, che già sono lunghi di loro...) che, guarda caso, vede il ritorno delle voci che innalzano immediatamente l’asticella dell’intensità emotiva. Intensità che i cinque riescono a mantenere alta più o meno fino al termine dei 12 minuti della conclusiva “Cold Earth” (quando si dice avere un chiodo fisso...), dove veniamo salutati dal suono di un vento gelido che spazza le lande desolate del nostro animo. Alcune cose ottime, altre decisamente meno. La direzione è giusta, adesso sta a loro imboccare con più decisione il bivio, sperando che facciano la scelta migliore. Adesso però vado a mettermi un maglione pesante. (Mauro Catena)
(Slow Burn Records - 2014)
Voto: 70