#PER CHI AMA: Death Metal dalle venature Progressive |
Mmmm, oggi ho una bella fame di sonorità death metal: cosa c’è di meglio che farsi servire una succulente pietanza a base di sanguinosa brutalità e vertiginosa velocità, il tutto annaffiato da fiumi di tecnicismo e spruzzate di melodia? Per cercare simili ingredienti dovrei guardare ad occidente, negli States per l’esattezza, dove di solito si celano proposte di questo tipo; invece quest’oggi, mi trovo inaspettatamente a recensire una siffatta creatura, proveniente dalla Norvegia. Strano, non trovate? Gli Okular sono assai prelibati, una sorta di bisteccona al sangue da gustarsi con un bel bicchiere di vino rosso, di quello che arriva immediatamente al cervello e ti inebria senza ubriacarti. Un po’ come il sound di questi baldi ragazzoni del nord Europa che appassionati, incazzati, ma decisamente al passo con i tempi, mettono in mostra tutte le loro qualità, con dieci fantastici pezzi di puro death metal, riletto in chiave moderna. “Connected in Betrayal” e la cervellotica “Probiotic (for Life)” aprono le danze, mostrando subito di che pasta è fatto il quartetto di Oslo, per non parlare dell’assalto all’arma bianca di “Fucking Your Dignity!”: tutte e tre le song, cosi come le successive, sono caratterizzate da una matrice di fondo tipicamente brutale, con ritmiche non troppo veloci, ma estremamente potenti e sempre dotate di buone dosi di melodia, contraddistinte poi da un tasso tecnico elevatissimo (mostruoso, come spesso mi accade di sottolineare, la performance alla batteria del drummer, Bjørn Tore Erlandsen). Se l’acustica strumentale “Tranquillity of the Night”, lascia presagire erroneamente esplorazioni in territori progressive a la Opeth, la successiva “State of Immediacy”, mi spinge invece verso zone perlustrate dal grande Chuck Schuldiner e dai suoi Death. Abbacinato da cotanta perizia, mi concentro ulteriormente nell’ascolto di questo speranzoso lavoro (il verde è infatti il colore dominante nell’artwork del cd). “Choose to be Free” è una song annichilente, la classica canzone taglia gambe, che con la sua ritmica prepotente, imbastisce un muro sonoro insormontabile. “Flowers Uncared For” è una epica cavalcata, dove le vocals di Marius S. Pedersen, trovano un maggior raggio d’azione, abbandonando la componente growl, per lanciarsi in un cantato pulito mentre le linee di chitarra si fanno più melodiche, mantenendo comunque un incedere ipnotico e selvaggio. La spagnoleggiante traccia strumentale “Celebration” ci concede un altro breve attimo di respiro, prima del conclusivo attacco, affidato all’inequivocabile “The Most Violent Thing”, che non può che lasciar presagire che la furia sarà l’elemento dominante in questa intricata song, ricca di cambi di tempo e pregna di atmosfere al limite del black. “Creativity or Fear?” chiude splendidamente, con mia somma sorpresa, un platter coraggioso, che mi fornisce ulteriori indicazioni: la Norvegia non è solo black metal o l’”americaneggiante” sound dei Blood Red Throne; da oggi, nel mio immaginario, sarà anche l’armonico incedere audace e minaccioso dei rocciosi Okular. New entry da sballo! (Francesco Scarci)
(Regenerative Productions)
Voto: 85
Voto: 85