#PER CHI AMA: Funeral Doom |
…e a volte ritorni alle origini, rendendoti pienamente conto del perché certe melodie sono definite ‘spirituali’, della capacità che hanno nell’evocare nel tuo subconscio energie contrastanti e infinite. Come posso non spingermi in riflessioni filosofiche quando sono davanti a questo tipo di eccellenza musicale? Questo non è “un album”, questo è “l’album” per definizione di come dovrebbe essere un depressive-funeral doom. Dovrà entrare per forza di cose negli annali di storia del genere. Non può essere altrimenti. Signori, abbiamo tre singole tracce (di lunghezza variabile) che racchiudono in esse lo spirito di un’inquietudine talmente profonda da non poter essere espressa a parole. Mantenendoci sul piano puramente musicale si evidenzia un uso sistematico di riff tradizionali slow doom, un uso spasmodico dei piatti (non in senso di oppressione, ma di onnipresenza), pesanti corde di chitarre che creano l’atmosfera per le melodie delle tastiere, e il basso (non ci credo ancora) che si espone in desolati assoli. Un suono potente ma non pressante. Passaggi di melodie che trasportano in universi distanti, in antri dimenticati pervasi da un senso di disperata impotenza. Non vi è ostilità in queste note. Ed è bellissimo. Ecco la musica che prende il ruolo di Madre, che incarna il Bene e il Male allo stesso tempo, che sprigiona una forte volontà di riemergere dagli abissi ma che resta salda nella consapevolezza di essere in un guscio protettivo, mentre si dimora nelle tenebre. E quando senti l’armonia che pervade il tuo spirito ti rendi conto che in tutto il disordine è solo la piccola, debole melodia di una tastiera che apre le porte della speranza… come un’anima, sola, che agogna al termine del samsara in quest’epoca di oscura decadenza. Non ve lo scorderete. (Damiano Benato)
(NitroAtmosfericum Records)
Voto: 90