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lunedì 15 agosto 2022

Cadaverous Condition - The Lesser Travelled Seas

BACK IN TIME: recensione gentilmente concessa da Nihil Zine
#PER CHI AMA: Death Metal
Questo è stato il quinto album dei Cadaverous Condition e la Perverted Taste può andar fiera di averlo pubblicato. La band austriaca riuscì infatti a fondere la forza d'impatto tipica del death metal con elementi melodici che parevano tratti dal repertorio delle ballate folk. State tranquilli, comunque, non c'è spazio per sdolcinatezze in questo album: i nostri Österreicher usano l'artiglieria pesante (ascoltate "I Came To Leave" per credere). Segnalo la presenza di una cover dei Death In June ("Heaven Street"). Inoltre, e questo è un aspetto che va sottolineato, i testi posseggono una rara raffinatezza, un inusuale sapore poetico. L'Austria è una nazione che ha sempre saputo dare un contributo originale e creativo al metal estremo (penso a band come Pungent Stench ed Abigor). I Cadaverous Condition onorano da oltre trent'anni questa illustre tradizione con un album da non snobbare. 
 

venerdì 12 agosto 2022

Dimmu Borgir - Spiritual Black Dimensions

#FOR FANS OF: Symph Black
A good follow-up from 'Enthrone Darkness Triumphant', but this album didn't surpass it in my estimation. The riffs are good and the synthesizers not overly powerful, though they were powerful. Not enough to drown out the guitars though. I think the riffs were solid, catchy and thick. That's one thing their predecessor lacked. Yes, this album a little more heavy than the last. Just the riff writing needed to be stronger and more creative. That's my view at least, but I still gave the album a "B" rating. And Silenoz does a great job on vocals. He makes Dimmu who they are. It's too bad the newer releases aren't as strong.

I felt that the vocals, guitar and synthesizers were the highlights to the album. They really hit home with me. It's not my favorite Dimmu release, but it's up there. I felt that 'Stormblast' was too mild a release, still good though. They toned it up in a big way in terms of the guitars. But it didn't seem like the guitars flowed with the synthesizers. That's one thing I felt was so awesome about 'Enthrone Darkness Triumphant'. Everything seemed to flow together guitars and everything. Not on here.

Silenoz seemed ultimately angry on here though. It's a positive for the guitars to keep that aggression up there. It's just the riffs weren't catchy enough. They seemed to fall short even though the distortion tone was good, the riffs weren't. That may just be something I had to accept from this album. They really needed a better follow-up to keep the progression cycle in place. But I was mistaken. Dimmu just has had a winding path from glory to doom. If they continued on a stronger lineup, then maybe that would've transpired. But this wasn't the case. The line-up changes didn't do good for the band. Not on every album, just a good portion of them.

I felt that the production sound on here was good, but the music fell short. It's still good, but just like I said a "B" rating. If you've never heard this one or are new to Dimmu and their sound, you could make your own determination whether or not it suits you and your taste in symphonic black metal. I like this album, don't get me wrong, it's just not my favorite. I think ti'd be best to check it out on YouTube or Spotify to make your determination as to if you should be the CD. I bought the CD, but it sits on the shelf most days because 'Enthrone Darkness Triumphant' is more in my headset. But still, check it out! (Death8699)


(Nuclear Blast - 1999)
Score: 83

https://www.facebook.com/dimmuborgir

The Scum - The Hunger

#PER CHI AMA: Death Old School
Nati semplicemente come Scum, i sei colombiani di Manizales, hanno mutato il loro moniker in The Scum nel 2017, rilasciando successivamente il debut album 'Ashen' nel 2018 e quest'anno il secondo 'The Hunger'. I nostri sono fautori di una proposta brutale che dal rombo di chitarra (ce ne sono ben tre!) dell'iniziale "Winds of the End", sembrano poter evocare un che degli esordi di Grave/Entombed, con un pizzico in più di groove nelle chitarre soliste. La ritmica è comunque tesa con il bel vocione di José Fernando Ospina a sostenere un sound spinoso, alleggerito da un paio di assoli niente male. Le cose si ripetono anche nella successiva "I Drink Your Blood and I Eat Your Skin", song forse drammaticamente old school ma con degli assoli da urlo che si stagliano su una porzione cupa e orrorifica. Mettiamo comunque subito i puntini sulle i: per quanto il lavoro conservi un'aura retrò evocante un po' tutti i maestri del death europeo di metà anni '90, peraltro enfatizzato dal mastering del buon vecchio Dan Swanö, trovo che sia ideale come spaccaculi, suonato poi da musicisti davvero bravi e ispirati in chiave solistica. È il caso della strepitosa "Burial" con assoli epici e melodici sciorinati l'uno dietro l'altro. Un po' meno invece la malmostosa "One of Them", fatto salvo sempre per quei giochi di luci ed ombre messe in scena dalle sei corde, reale punto di forza di un lavoro che rischierebbe invece di scadere nell'anonimato. La title track ha un impatto devastante ma in corrispondenza di un rallentamento a metà brano, sigilla la sua forza con un assolo di scuola Morbid Angel, che ci accompagna quasi fino al finale. Apertura inedita per "Withered Faith" la song più lunga e strutturata del lotto, che sembra prendere le distanze dagli altri pezzi per una velocità decisamente più meditabonda ed un assolo qui più ringhiante. In chiusura, un'altra manciata di pezzi che vi permetteranno di apprezzare ulteriormente l'urticante proposta dei The Scum: dalle brevissime "The Seal" e "Redemption" alle veementi "The Death of Light" e "Rogue", quest'ultima una vera e propria contraerea a livello di batteria. Insomma una bella carneficina da quella che viene chiamata "La Città delle Porte Aperte". (Francesco Scarci)

(Satanath Records/Wild Noise Productions - 2022)
Voto: 73

https://satanath.bandcamp.com/album/sat342-the-scum-the-hunger-2022

La Reine Seule - Visages

#PER CHI AMA: Neoclassic
Nel 1988 comprai un album della cantautrice italiana Alice, che interpretava arie di Satie, Faurè e Ravel, in una forma molto classica di solo piano, suonato dal maestro Michele Fedrigotti. Era intitolato 'Melodie Passagère' e mi colpì molto per il suo effetto sospeso, malinconico ma arioso pieno di vitalità, ma grigio interiormente, proprio come i colori della sua splendida copertina. La stessa bella sensazione la riprovo oggi nell'ascoltare 'Visages', il nuovo lavoro di Judith Hoorens uscito per la Kapitän Platte, già pianista dei post rockers We Stood Like Kings. Un album adulto, sognante, riflessivo ed onirico simultaneamente, un disco neoclassico di solo piano diviso in otto parti, dove da un'identica cellula musicale di tre sole note, tra minori e maggiori, si sviluppano tutte le varie melodie che compongono l'opera, donando una corposità materiale alla musica, che avvolge e rapisce l'immaginazione costantemente, nota dopo nota. L'effetto sospensivo è ipnotico e mette in mostra le capacità eccelse della pianista belga nel comporre ed eseguire musiche in solitudine di fronte ad un pianoforte, che a volte si copre di malinconiche arie ma che sanno anche dare cristallini tocchi di vitalità, una gioia leggera come un soffio di vento soffice sul viso. In queste otto tracce, La Reine Seule dona vita ad un lavoro magico, gestito come una colonna sonora per un film in bianco e nero di una pellicola retrò, intenso e profondo accompagnato da un artwork di copertina assai affascinante ideato dall'artista Taila Onraedt. Non è facile spiegare come un disco di questa fattura possa entrare nelle grazie di un pubblico esteso, ma credo che basterà un solo ascolto di 'Visages', per farsene una ragione, d'altronde Judith Hoorens, era già deliziosa nei dischi degli We Stood Like Kings fin dall'ottimo 'Berlin 1927', passando per 'Classical Re:Works', dove il post rock incontrava la classica, rivisitandola a suo modo e come fosse cosa di tutti i giorni farlo in quel contesto. La Reine Seule conferma la sua ottima qualità, anche in perfetta solitudine, legata mani e piedi al neoclassicismo di un piano che è impossibile non amare alla follia. Ascolto consigliatissimo. (Bob Stoner)
 

martedì 2 agosto 2022

Bestialord - Bless Them With Pain

#PER CHI AMA: Thrash/Death/Doom
Dagli US ecco arrivare un mefistofelico mostro che risponde al nome di Bestialord, un moniker che pensavo mi potesse portare nei paraggi di un death black senza compromessi e invece mi consegna in questa terza release intitolata 'Bless Them With Pain', un disco devoto ad un thrash death doom ritmato e chiaramente super old school. Le influenze che si riscontrano infatti sin dall'iniziale title track sono riferibili a band quali Celtic Frost o primi Cathedral anche se poi a livello solistico, il terzetto originario di Wichita, si lancia in suoni più heavy metal che estremi, sebbene il growling possa semmai evocare Death o Obituary. Insomma un bel minestrone avrete capito, ma tutto concentrato comunque in sonorità estreme di fine anni '80 inizi '90. Tutto questo è sottolineato anche dalla celerità di un brano come "Face Your Sin", thrash death nella più marcata tradizione americana, con un riffing che richiama i primi Over Kill. Con "Upon the Altar" si rimane nei paraggi di un death doom (cosi come "Are We Not Gods") che puzza proprio di sulfurei suoni infernali; ci pensa fortunatamente una buonissima chitarra solistica (ottima anche in "So It Shall Be" e in "Starless Seas", cosi vicina ai Nocturnus) a dare una certa verve ad un pezzo che altrimenti non mi farebbe certo gridare al miracolo. E il problema permane anche nelle successive tracce, a mio avviso rimangono troppo legate ad un passato di cui dovremmo rassegnarci al fatto che non ci siano più degni eredi. Le otto song qui incluse alla fine faranno la gioia di vecchi nostalgici del thrash death di tre decadi fa, gli altri per favore si astengano o si vadano a recuperare gli originali. (Francesco Scarci)

Haissem - A Sleep Of Primeval Ignorance

#PER CHI AMA: Black/Death
Avevo già apprezzato gli Haissem nel 2020 in occasione del loro disco 'Kuhaghan Tyyn'. Li ritrovo ora con due nuovi album alle spalle, 'Philosofiend' uscito lo scorso anno e questo 'A Sleep Of Primeval Ignorance', fuori nel 2022 per la Satanath Records e per cui concentrerò le mie attenzioni quest'oggi. Il sesto album per la one-man-band di Donetsk contiene quattro nuove tracce che irrompono con un indelebile black/death melodico sin dalla distruttiva "Shade Upon the Forsaken Grave" che apre le danze del nuovo lavoro. Devo ammettere che pur mantenendo quella vena melodica apprezzata in passato, avverto la proposta di Andrey Tollock un po' meno accessibile rispetto ai vecchi lavori. La musica è decisamente più tesa, inglobando un rifferama tagliente, che sottolinea in certi rallentamenti, e più in generale in drastici cambi di tempo, le caratteristiche di questo nuovo disco. Buone le linee di chitarra (e alcuni assoli) ma francamente mi ero esaltato molto di più con 'Kuhaghan Tyyn'. Trovo che il nuovo cd sia un gradino (forse due) sotto rispetto a quel disco, probabilmente perchè maggior ancorato ad una tradizione "old school". I pezzi, sempre lunghissimi nei suoi minutaggi, si lasciano comunque ascoltare piacevolmente. "Bleak Heaven Aloft" mostra una ritmica sghemba anche laddove il mastermind ucraino prova ad attenuarne il temperamento con parti atmosferiche o più orchestrali. "Dieu Le Veut. Chaoseed" (a mio avviso il miglior pezzo dei quattro) richiama solo inizialmente un che dei primissimi Katatonia, mentre la componente corale/sinfonica potrebbe fare il versetto a Dimmu Borgir o Cradle of Filth, certo non con la medesima caratura. Il disco però sembra migliorare man mano che si prosegue nell'ascolto e si arriva infatti alla conclusiva "At the Trail to Devastated Infinity" con un sorriso più marcato, complice quel miglioramento globale della proposta tanto auspicato. L'ultima traccia si rivela come un altro modo per tributare Dani Filth e soci in un contesto sinistro di black doom che non esiterà a lanciarsi in epiche e furenti cavalcate black contrapposte a frangenti atmosferici e partiture decisamente più melodiche per un album alla fine da ascoltare e riascoltare per poter essere davvero apprezzato fino in fondo. (Francesco Scarci)

Cannibal Corpse - Butchered At Birth

#FOR FANS OF: Brutal Death
This is a top album by the band over their enormous career. The fact that it's a follow-up from the debut album, they show much superiority in songwriting here, my favorite ever. Barnes is better on here than 'Tomb of the Mutilated', he wasn't so burly sounding, just gruesome enough to show us that he's at his mightiest. The tempos of the songs are pretty fast and the riffs are top-notch. So are the leads. I'm surprised that at early on their style was ingenious. They knew how to construct death metal that has now lasted over 30 years. On 'Butchered At Birth', they took time to formulating riffs that instill precision.

There is no downfall found in this album, it's purely immaculate in its entirety. They really show the listener what a great release is where it's at: IT'S ON HERE! Barnes has no variability on here. It's purely deep throat the whole way through and the guitars are as I've said ingenious. The leads are quality too. I think it took quite a while to construct music like this because not only is it original sounding, but it's unique too. All of the songs took a shit-ton of guts to put forth throughout the entire entourage. These guys know how to kill it and not only that but KILL IT ALL THE WAY THROUGH THE ALBUM!

It's my favorite Cannibal Corpse release to this date. I'm not just jumping on the bandwagon here, I'm being honest about my preference in this respect. Barnes is solid the whole way through the way that wasn't evident on it's predecessor nor the follow-up from this on 'Tomb of the Mutilated'. I've found no flaws on this album and it'll continue to remain my favorite of all time. The music, vocals, production and sound quality is all tight. And Jack/Bob rip it up here on the guitars. Original member Alex Webster racks it on bass as well. Not to mention Glen Benton guest vocals on a track on here to show you that they were at a high level early on.

I bought this CD a while ago and you can probably hear it on YouTube if you're a newbie death metal fan or metal fan at that. I didn't find any flaws on here throughout the release. I would say support the band and buy the CD. And forget the digital, pull out your boom box and listen to it on there. That's where I started listening to it so take back time and go old school! These guys always showed that potential and on here they deliver. Definitely will remain my favorite release on here of all time but that doesn't mean the newer material is bad in any respect! Check this out! (Death8699)


Ad Noctem Funeriis - Abyss, Fire, Brimstones

#PER CHI AMA: Black Old School
Gli Ad Noctem Funeriis sono una band italica in giro dal 2003 dedita ad un classico black metal di stampo norvegese. Ora, mi domando come sia possibile che mi sia perso i loro tre album (oltre ad un paio di split), scrutando io il mondo dell'underground da oltre trent'anni. I circuiti bazzicati dal quintetto pugliese devono essere stati davvero un sottobosco per pochissimi eletti. Comunque, oggi 'Abyss, Fire, Brimstones' è arrivato sulla mia scrivania con tutto il suo carico d'odio e blasfemia, attraverso gli amici della Symbol Of Domination. Otto le tracce a disposizione per i nostri per convincermi della bontà musicale (non certo quella spirituale visti gli espliciti accenni satanistici). E l'attacco di "Abyss I" non prelude a nulla di buono, investendemi con tutta la sua furia ma anche con la sua scarsa verve in fatto di personalità. Si perchè, sarà tutto anche al posto giusto ma la proposta degli Ad Noctem Funeriis francamente rientra nella categoria del già sentito milioni di volte tra ritmiche tesissime e scream vocals. Molto meglio "Abyss II" che include nel suo interno anche una certa dose di malinconia, palesata anche attraverso un break atmosferico che interrompe la colata lavica che ci investe attraverso quelle linee di chitarra tesissime, che si riproporranno un po' in tutti i brani, evidenziando una certa ridondanza di fondo nella proposta dei nostri, che finisce per avere quell'effetto sul sottoscritto nel voler skippare quanto prima al brano successivo. D'altro canto, chi mai ha detto che fare black metal fosse realmente una passeggiata? E poi ci sono io che sono una persona estremamente esigente visto che ascolto questo genere dal 1985 e di album di questo tipo ne sono passati a centinaia tra le mie grinfie di cui la maggior parte brutalizzati. Andando avanti comunque, pregevole il tentativo di inserire voci pulite a fianco delle grim vocals in "Fire I", un brano che si conferma comunque allineato ai precedenti in fatto di violenza ma che comunque mi convince di più forse proprio grazie a questo dualismo vocale. La cosa ahimè non si ripete in "Fire II" e ripiombo nel desiderio di avanzare alle tracce successive, dove manca ancora soluzione di continuità. Per vedere il classico strappo alla regola dobbiamo attendere la strumentale ed acustica "Brimstones I", un po' poco per considerare 'Abyss, Fire, Brimstones' un album ricercato o dotato di una sua personalità, visto che la conclusiva "Brimstones II" ci spinge direttamente all'Inferno senza il classico biglietto di ritorno. (Francesco Scarci)

(Symbol Of Domination/Pluton’s Rising - 2022)
Voto: 63