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lunedì 27 agosto 2018

End of Green - The Sick's Sense

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Depressive Rock, Type O Negative
Il sesto album degli alfieri teutonici del "depressed subcore" (sic), un sottogenere languidamente mogio del gothic metal, vi sembrerà un po' un disco strimpellato dai Type O Negative a una convention emo, cantato dal tipaccio dei Seether mentre fa pulizia etnica di nutrie nella sua cantina e composto da Lydia Deetz nel giorno del suo ciclo mestruale. Cos'altro potevate aspettarvi da un mamlone di Stoccarda di uno e novanta che si fa chiamare Michelle Darkness (sic)? Con l'eccezione di un paio di chitarrismi alla Justice-for-raffiche (l'opener "Dead City Lights"), il resto dell'album si disperde freddo come una pozzanghera di sangue sul pavimento, tra melodie alla Mission, vocioni e tiritere pling-noise mid/ottanta ("Die Lover Die"). Ascoltate questo disco mentre vi recate al compeanno di vostra nonna indossando una t-shirt di rete a maglie larghe ostentando un anellino al capezzolo. (Alberto Calorosi)

(Silverdust Records - 2008)
Voto: 45

https://www.facebook.com/endofgreenofficial/?ref=ts

Sólstafir - Masterpiece of Bitterness

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Experimental Black Metal
Nell'ultradinamica e quintessenziale epica "I Myself the Visionary Head" (al termine della quale la band deve essere stata senz'altro frustrata, appagata e sfinita almeno quanto i Pink Floyd al termine di "Echoes") si riassumono i temi della rivoluzionaria (white) diffrazione (black) metal operata definitivamente dalla band islandese. Abbrivio ferino, pestaggio veloce e basso incalzante, vocalismi da plantigrado affamato. Prosieguo elementale. Terra: il drumming concreto e tagliente di Pálmason; acqua: il tumultuoso basso di Svabbi Austmann, bollenti vapori sotterranei, gelide creste ondose che erodono la costa; aria, il guitar riffing nebuloso di Pjuddi Sæþórsson; le lingue di fuoco Addi Tryggvason, sempre meno a suo agio con lo screaming. E poi, la dirompente ma obsoleta chiusura speed/tk-tk-tk. Dall'altra parte, la modulare e consapevole "Ritual of Fire", prossima e lontana da certo teutonic-wave. Le due epiche sono i fuochi nodali da cui scaturirà l'intera successiva produzione della band, senza dimenticare i rigurgiti black/lagunari di "Bloodsoaked Velvet" e l'epic thrash atmosferico (e amplissimo) di "Ghosts of Light" e "Nature Strutter", che completano mirabilmente questo straordinario e prodromico album. (Alberto Calorosi)

(Spikefarm Records - 2005)
Voto: 80

https://www.facebook.com/solstafirice

Pestilence - Consuming Impulse

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Techno Death, Morbid Angel
Il secondo album dell'immarcescibile collettivo olandese il cui primo, peristaltico demo porta il brodoso titolo di 'Dysentery', esplora un thrash-speed ipercinetico ("The Trauma" e "Dehydrated") microbiologicamente popolato da repentini cambi di tempo e ritmo-riffoni ga-ga-ga. Si disserta, con stuzzicante dovizia di dettagli, di ascessi, eviscerazioni, marcescenze varie e, per estensione, di ogni forma di mutiazione e degenerazione, possibilmente associata al dolore, dei tessuti umani, tanto che l'unica possibilità di evasione da cotanti laceratissimi sensi sembrerebbe la sospensione criogenica, cfr. "Suspended Animation" (a state of bliss?) e "Echoes of Death" (feat. un brevissimo solo, pensate, di tastiera). Non mancano pipponismi preterintenzionali sull'ecologia ("The Process of Suffocation"), sul degrado morale ("Chronic Infection") e sulla violenza intrinseca nella religione ("Reduced to Ashes" e "Deify Thy Master"). Brutale, limpido, ultraveloce, asfittico, infetto. Cult album, imprescindibile per qualcuno, tra i vagiti del neonato death-metal. E una copertina senza dubbio brulicante, da confrontare con quella di 'Straight Between the Eyes' dei Rainbow. Come? Non riuscite a immaginarvelo, un vagito death-metal? Dite sul serio? (Alberto Calorosi)

domenica 26 agosto 2018

Sathanas - Necrohymns

#FOR FANS OF: Black/Death
It's nice to hear some black metal with a swing to it, creating a rhythm that's more than an atonal hammering behind impersonal screams. Pennsylvania's Sathanas, now releasing its tenth full-length album, treads this path with a sharp lead guitar over swift double bass and a beatdown hailing from the Florida school of death metal. Its initial impressions impossible to ignore, the impact of “Upon the Wings of Desecration” and “Sacramentum” bring an initial burst of momentum before changing pace so as to propel such a weighty vehicle to conquer the incredible heights for which the treble strives. Like thrusting an eighteen wheeler into its low hill-climbing gear after getting a good run at a rising mountain road, Sathanas ascends the walls of Hell and perches atop the pit, and atop its perch it will stay for this band, born in the uncertainty of extreme metal's early movements, seeks to hone and define its terse and blunt sound.

As many metals melt monuments into the mountains surrounding Hell's sea of fire, and more sophisticated constructs frame perdition with the stately accouterments of a thriving and growing megalopolis, Sathanas' structure stands as a relic hailing the imposing fortress-like brutalism of yesteryear's architectural aesthetic. Its signature ascending arpeggios, screaming through grain and choking on embers, bouncing beats battered by blistering bass, and a filthy snare rhythm joining the fury make “Harbinger of Death” grind bones to dust while digging chains into the wailing walls of souls entombed in the fearsome kingdom. The chaos of this dominion is denoted in the gratifying carnage of a solo springing up from “At the Left Hand of Satan”, the obscure coven in which “Witchcult” practices its damnable rites, and the condemnation of “Raise the Flag of Hell” ensure that the consistency of an aging band retains its potency in venomous vocals and raucous riffing.

Sathanas isn't out to bring a new definition to a genre, attempt to pay homage to the past with young blood and flagging creativity, or to ruin a prolific and lengthy career with an egregious about face. Sathanas instead is honing its craft and reveling in its longevity. While embracing the mass of its sound and preoccupied with expanding its waistline rather than its musical horizons, the band brings the stamina that carries such a heavy burden endlessly upwards and continues to etch finer details into its basic and brutalist building. Still solid under its doughier surroundings, Sathanas stands strong. (Five_Nails)

(Transcending Obscurity Records - 2018)
Score: 70

https://sathanas.bandcamp.com/album/necrohymns-black-death-thrash-metal

venerdì 24 agosto 2018

The Pit Tips

Francesco Scarci

Baume - Les Années Décapitées
Vargrav - Netherstorm
Void of Silence - The Sky Over

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Alain González Artola

Akhenaten - Golden Serpent
Forelunar - Wine and the Limerent
Gargoylium - Chroniques de la Citadelle

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Matteo Baldi

Oranssi Pazuzu - Värähtelijä
Converge - Axe to Fall
Neurosis - The Eye of Every Storm

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Felix Sale

Omenfilth - Hymns Of Diabolical Treachery
Embalsamo - Embalmed Alive
Whipstriker - Merciless Artillery

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Michele Montanari

Otehi - Garden Of God
Holygram - S/t
The Red Coil – Himalayan Demons

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Alejandro Morgoth Valenzuela

Terra Tenebrosa - The Purging
Wolves in the Throne Room - Thrice Woven
AnnenMayKantereit - Alles Nix Konkretes

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Five_Nails

Atlas - The Destroyer of Worlds
Plini - Sunhead
Sathanas - Necrohymns

Wagooba - Total Emotion

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: Psichedelia/Glam
La Loa Rising, nata inizialmente da una costola della nota Lucifer Rising di Steve Sylvester, si prefiggeva l'intento di produrre quei combo che esulavano dai soliti cliché della scena alternativa italiana, portando in superficie stimolanti realtà musicali ancora sommerse. Stimolante è appunto il termine più appropriato per 'Total Emotion', album di debutto dei Wagooba (peraltro rimasto senza un seguito) e prima uscita sul mercato per la Loa Rising. I Wagooba nascono nel lontano 1987 e vantano nella loro line-up, in veste di sensualissima cantante/urlatrice, l'eclettica Stefania D'Alterio, ai tempi caporedattrice di "Mondo Culto" (era un portale dedicato alla "weird culture" e al cinema considerato di bassa lega) e nera sacerdotessa che ha curato per anni rubriche di "cultura apocalittica" per testate quali Psycho! e :Ritual:. Cosa ci si poteva aspettare dalla carismatica Stefania se non un disco dannato, torbido e terribilmente sexy? 'Total Emotion' si presentò al pubblico proprio così, un calderone di sonorità che traeva le proprie influenze dai generi musicali più disparati come street-rock, disco-music, glam e psichedelia ma che, soprattutto, assorbiva la sua viziosità dal gusto per una certa cultura cinematografica porno-trash anni '70. "Mirrorball Love", "Woodoo Wagon", "Overload Jesus", "El Coche Fantastico", la bellissima ballad "Malhombre": un concentrato di brani bollenti ed eccitanti, ricchi di una forte carica sessuale e non privi di una certa ironia, questo è 'Total Emotion'! La colonna sonora della deviazione e della passione, l'ideale punto d'incontro tra la carne e lo spirito che danzano eccitati in un dannato rituale. 'Total Emotion' mi ha spiazzato, stupito, divertito, in un'unica parola emozionato ed emozioni è quello che proverete anche voi appena vi sarete impossessati di questo disco e l'ascolterete... Come and meet Wagooba! (Roberto Alba)

Voices of Masada - Four Corners

BACK IN TIME:
#PER CHI AMA: British Goth Rock, Fields of the Nephilim
Quella dei Voices of Masada fu la classica sorpresa che non ti aspetti, ossia l'incontro con sonorità che credevi sepolte sotto una spessa coltre fatta di uscite discografiche mediocri, concepite con il solo intento di soddisfare un mercato che stava rifiorendo o intese unicamente ad emulare le gesta di qualche vecchia gloria gothic-rock. Per quanto le release Strobelight non raggiungessero sempre livelli qualitativi eccelsi, la condotta dell'etichetta austriaca parve discostarsi da tali politiche e, in particolare, i Voices of Masada sembravano intenzionati a creare belle canzoni, piuttosto che tentare di assomigliare ai Sisters o ai Fields of the Nephilim. I Voices of Masada rappresentavano senza dubbio una tra le punte di diamante della scuderia Strobelight ed è sufficiente un rapido ascolto di 'Four Corners' per riconoscere le qualità uniche del quartetto inglese (anzi, italo-inglese, vista la presenza al basso dell'ex-Burning Gates, Danny Tartaglia), che dopo aver rilasciato un altro album nel 2006, se ne sono perse le tracce. Melodie dalle tinte crepuscolari, gusto sopraffino negli arrangiamenti e cospicue dosi di energia sono le armi seduttive con le quali i quattro musicisti vogliono conquistarci e se il loro intento è quello di scuotere l'ascoltatore, brani graffianti come "Days of November" e "Flight" raggiungono l'obiettivo in pieno, inebriandoci con sonorità dalle sfumature ora grigie, ora più limpide e scintillanti. La preparazione tecnica dei Voices of Masada è un altro elemento da non sottovalutare, se vogliamo comprendere il valore di quello che fu il loro debutto, perciò, vale la pena di soffermarsi sull'enorme lavoro di chitarre di Eddie Martin e Rob Leydon, assaporandone ogni fraseggio. Si ascoltino ad esempio i delicati arpeggi di "Fragments" o lo splendido assolo finale di "Shine". Buona anche la prova al microfono di Raymon Shah, anche se la sua voce calda e conturbante avrebbe le potenzialità per arrischiarsi su scale ben più tortuose. British Goth al meglio della sua espressione. (Roberto Alba)

(Strobelight Records - 2004)
Voto: 75

https://voicesofmasada.bandcamp.com/album/four-corners

giovedì 23 agosto 2018

Overflowing - S/t

#PER CHI AMA: Alternative/Electro Music, Puscifer, Depeche Mode
Quando i primi secondi di "Blood is God" hanno invaso la mia stanza, ho immaginato la classica dance floor anni '80 con tanto di luci stroboscopiche e un giovane Tony Manero intento a ballare. Forse esagero un pochino visto che quella degli Overflowing non è proprio musica da discoteca bensì quello che si apprezza all'interno di questo brano (da cui peraltro è stato estratto un videoclip), è piuttosto un electro sound che evoca ad esempio i Depeche Mode più danzerecci. E dietro a questo moniker si cela Gian Maria Vannoni, musicista della Riviera Romagnola che propone cinque pezzi che si muovono all'interno di contorni non propriamente definiti. Se l'opener ammiccava appunto alla band di Dave Gahan e compagni, la seconda "How Far Now" è decisamente più compassata nel suo mite flusso sonico. Un mood che si conferma anche nella terza "Indigo", traccia dai suoni maturi che miscela una certa elettronica oscura da anni '80 con una più minimalistica no wave che arriva ad evocare addirittura i Genesis. "Youth", il quarto pezzo, è un malinconico beat di 150 secondi, mentre la conclusiva "Witch" ha modo di offrire gli ultimi tre minuti abbondanti di sonorità quasi trip-hop che chiamano in causa anche i Puscifer. Insomma, quello degli Overflowing è un EP che funge da antipasto a qualcosa che auspichiamo decisamente fuori dagli schemi. Seguire please nuovi sviluppi. (Francesco Scarci)