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sabato 1 dicembre 2012

Penthagon - Penthagon

#PER CHI AMA: Thrash, Speed
Dice: Alberto, ma a te non va mai bene quasi nessun disco, c’avrai mica la puzza la naso? Sarai mica uno dei quei criticoni mai contenti? Oddio, volete fare un album che mi piaccia? Non saprei dirvi perché dovreste, nel caso potete prendere tranquillamente spunto da questo esordio dei bresciani Penthagon. Il gruppo nasce nel 2008 e, cresciuti a pane e metal statunitense, ci scodellano la loro prima fatica: a me è piaciuta. Un lavoro che definirei di un thrash compatto e diretto, non troppo ricercato o barocco, ma con quella giusta dose di varietà (ora più verso lo speed, ora più verso l’heavy) che serve a non rendere noioso l’ascolto. Molto azzeccati i riff al rasoio delle chitarre, notevole la parte ritmica sempre con un buon equilibrio. Il singer Marco Spagnuolo è la caratteristica più notevole dell’ensemble. Una voce dirompente, particolarmente duttile che si esprime in tutta la sua ampiezza, sebbene non sempre con risultati del tutto convincenti. Tra le canzoni indicherei “Labyrinth of Fire” e “Shine Like the Sun” come le meglio riuscite. Come non citare la cover finale di “Innuendo” dei Queen; i nostri rimaneggiano il classico (classico? oddio sono vecchio!) in maniera originale. Il cantante riesce a portare la sua performance su di un binario tale da evitare confronti col compianto Freddy Mercury. Una pecca del ciddì la si trova nella produzione non particolarmente pulita, che nasconde purtroppo la bontà del prodotto. Un vero peccato per un disco d’esordio, dove tutto dovrebbe essere al massimo per scuotere il globo terraqueo. Consiglierei anche di asciugare un pochino le song, più brevi credo guadagnerebbero in potenza. Aspetto fiducioso i Penthagon al varco con la loro prossima fatica. Ecco, come vedete non è che serva poi molto per fare un ellepì che mi piaccia... no aspettate, sono davvero un criticone incontentabile. (Alberto Merlotti)

(Punishment 18)
Voto 70

http://www.penthagon.net/

Dødsengel - Imperator

#PER CHI AMA: Orthodox Black Metal
Proporsi nel 2012 con un doppio album di black metal ortodosso potrebbe sembrare un’impresa commerciale destinata a fallire. Un suicidio, se con doppio album si intendono 150 minuti di caos e devastazione. Ma cosa può fregare ai Dødsengel dei riscontri di vendita? Si suppone nulla, dal momento che certi eccessi musicali non vengono certo espressi per ottenere un consenso di pubblico monetizzabile. Eppure, quando il caos ci appare così perfettamente decodificabile nella sua incoerenza, il risultato può essere affascinante. Tanto affascinante che questo doppio “mattone” di estremismo sonoro è andato esaurito in pochi mesi dalla sua pubblicazione e questo è confortante, perché significa che nel sottosuolo della musica oscura le regole di mercato non sono poi così prevedibili e c’è ancora spazio per un album di grande valore come “Imperator”. Se complice di questo sold-out può essere stata una tiratura insufficiente o un’appetitosa confezione destinata ai collezionisti, ciò non è rilevante. Quel che davvero importa è che le 22 composizioni del duo norvegese fanno rabbrividire. Per la loro energia, per la loro oscurità, per la loro ferocia. Il segreto per apprezzarle sta nell’abbandonarsi ad un ascolto casuale, senza avere la pretesa di rispettare diligentemente l’ordine effettivo della scaletta. L’approccio canonico potrebbe, infatti, risultare oggettivamente difficoltoso e fiaccare ancor prima di aver scovato gli episodi più singolari dell’album, rappresentati da interi brani dal taglio sperimentale o da estemporanei passaggi d’atmosfera di una bellezza che lascia sbigottiti. Partire ad esempio dalla sesta traccia, “Holy Metamorphosis”, può essere una buona idea per perdersi immediatamente in una realtà visionaria che sa tanto di vecchia scuola death-doom. Risulta poi facile lasciarsi ammaliare dal cantato femminile in “Apoph-Ra” o dall’intermezzo acustico in “Pneuma: Sidpa Bardo”, ma l’estasi vera giunge solo con l’ipnotica “Hymn to Pan”, che sfiora vette di intensità inesplorate, fondendo potenza e misticismo in più di 11 minuti di esecuzione. L’esoterica introspezione di “Asphyxia”, con il suo tocco malinconico, potrebbe essere l’ultimo respiro concesso prima di un tuffo nelle tumultuose “Sun on Earth” o “No Beginning, No End”, due pericolose immersioni nel vortice della brutalità e della dissonanza. Sulle stesse acque torbide si muovono minacciose anche “Stellar Masturbation”,“Towers of Derinkuyu” e “Upon the Beast She Rideth”, tra litanie infernali e urla laceranti, ma a sorprenderci sono ancora una volta i brani più tetri e cadenzati, come “Ascending Beyond Good and Evil“ e “Attainment”. E in conclusione risulta innegabile come siano proprio questi episodi dal carattere audace e ricercato a saper spezzare magistralmente i numerosi assalti sonori di “Imperator”, elevandone peraltro il valore e rendendo quest’album una creatura ancor più multiforme, imponente e magnificamente inquietante. (Roberto Alba)

The Pit Tips


Bob Stoner

Coheed and Cambria - The Afterman Ascension
Iwrestledabearonce - Ruining It For Everybody
Enslaved – Riitiir
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Francesco “Franz” Scarci

God Seed - I Begin
Blut Aus Nord - 777 Cosmosophy
Between the Buried and Me -
The Parallax II: Future Sequence
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Alberto Merlotti


Cannibal Corpse - Torture
Manowar - The Lord of Steel
Green Day - Dos!
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Samantha Pigozzo


Martyr Lucifer - Farewell to Graveland
Paradise Lost - Tragic Idol
Laibach - Iron Sky Soundtrack
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Michele “Mik” Montanari


Limerick - Bectibù
Godspeed You! Black Emperor - ‘Allelujah! Don’t Bend! Ascend!
Mogwai - A Wrenched Virile Lore
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Roberto Alba

Dordeduh - Dar de duh
Emptiness - Error
Master's Hammer - Vracejte konve na místo
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Kent

Viscera/// - 2: As Zeitgeist Becomes Profusion of the I
Devotion. - Venus
Deafheaven - Roads To Judah

venerdì 30 novembre 2012

Fabrizio Leo - Mr. Malusardi

#PER CHI AMA: Guitar Hero, Rock 
A volte voler a tutti i costi ricevere materiale da recensire anche da amici e colleghi porta a delle sorprese. Appena “Mr. Malusardi” ha toccato il mio fido lettore cd, sono scaturite una serie di sensazioni libidinose. Premetto che da svariato tempo, ho lasciato perdere gli artisti ultra tecnici perché molto spesso la costatazione della loro bravura mi lasciavano poco niente a livello emozionale. Ma con Fabrizio è diverso. Partiamo dal fatto che come chitarrista ha un curriculum di tutto rispetto, collaborazioni live e studio con un numero infinito di big italiani, composizione di spot pubblicitari e docente di chitarra. Le basi il ragazzone ce le ha sicuramente e si sentono, come pure le influenze che hanno segnato la sua giovinezza. Bicio (per gli amici) fa trasudare perle di prog e fusion dalla sua fida chitarra, facendo della velocità di esecuzione una delle sue virtù ed è questa l'unica nota dolente dal mio punto di vista. Molti musicisti la possono apprezzare e anche qualche cultore del genere, ma rischia di diventare un pippone galattico se portata all'estremo e non la si riesce a dosare a puntino. Quello che differenzia Bicio è la sua capacità di trasmettere emozioni, dietro ogni tapping o bending riesco ad immaginare un bambino che vede per la prima volta un chitarrista mentre gode con la sua fida ascia e capisce all'istante cosa vorrà fare da grande. Macché medico o avvocato, la passione per la musica (che probabilmente non ti pagherà mai una casa o una bella macchina) è rimasta invariata e si percepisce l'entusiasmo da chi è spinto da un sogno e non si farà abbattere da niente e nessuno. Il main title del cd contiene uno dei solo di chitarra più cazzuti del cd e i continui cambi ritmici della traccia mantengono alto il livello di concentrazione dell'ascoltatore medio. L'intermezzo con delle ballate rock (non le definirei lente, ma sicuramente qualche bpm in meno delle altre canzoni ce l'hanno) come "Eyes of Ice" spezza il ritmo forsennato del cd, regalando comunque una complessità compositiva notevole, mentre gli arrangiamenti e la scelta dei suoni evidenzia l' esperienza e il bagaglio artistico del Bicio. "Hammer Honor" è il pezzo che sento più nelle mie corde, forse per la chitarra di accompagnamento molto prog rock. Ad un certo punto ti aspetti l'entrata di un fantastico synth invece del solo di chitarra, ma ovviamente era solamente la mia testa malata che a questo punto del cd viaggia a briglie sciolte... Chiudo con "Galactic Way", bellissima intro in reverse che lascia subito spazio ad una ritmica suicida e fuori dagli schemi tradizionali. Alla fine del pezzo se ne esce provati fisicamente, solo per aver provato a tener il ritmo col piede dall' inizio alla fine. Questo "Mr. Malusardi" conferma il livello qualitativo altissimo dei nostri musicisti e se amate la tecnica dei Dream Theatre e lo sweeping di Frank Gambale, non potete perdervi questo cd. Segnatevelo come regalo di natale e vi prometto che al cenone vedrete la renna salire sul tavolo preparato a festa e intonare le note di “Pull Me Under”! (Michele Montanari) 

(Shrapnel) 
Voto: 80 

lunedì 26 novembre 2012

Eryn Non Dae. - Hydra Lernaia

#PER CHI AMA: Post Hardcore/Metalcore
Alquanto movimentati codesti END. Già avrete capito che non è il mio genere preferito ma sono stato piacevolmente sorpreso da questa band di Tolosa. Formati nel 2001 escono, con questo debut album sotto Metal Blade nel 2009, dopo un EP autoprodotto rilasciato nel 2005. Posso dire tranquillamente che non sono il classico gruppo -core americaneggiante, che si fonda su breakdown, chitarre droppate e gente che urla (oltre che libertà e democrazia, guai a non nominarle). La musica di questi francesi non è di facile classificazione in quanto le sonorità da loro proposte, non rientrano nei schemi blindati del metalcore ma vanno ad estendersi nel metal di nuova fattura, con profonde radici che affondano nel groove. Si trovano reminiscenze di Meshuggah, Dillinger Escape Plan ma anche dei Sepultura, periodo post-thrash. Le composizioni hanno un sound moderno, forse a tratti troppo plasticoso, ma varie ed originali, combinando le varie influenze del gruppo con una enorme base che a tratti spazia nel deathcore più profondo, sprigionando una pesantezza ed una forza viste raramente. Un sapiente mix di suoni e creatività alla fine risulta essere l'arma vincente di questo combo francese che tiene sull'attenti fino alla fine con quest'opera frutto di una saggia ricerca stilistica. Ed ora sono curioso di sentire il nuovo album, sperando solo che i nostri decidano di inviarmelo, dal momento che l’ho addirittura acquistato… (Kent)

(Metal Blade) 
Voto: 80

Ragnarok - Malediction

#PER CHI AMA: Black, Emperor, Dissection, Gehenna   
Il ritorno sulla scena di questa storica band norvegese era atteso da due anni. E l'attesa è ben ripagata e siamo di fronte ad un rumoroso e violentissimo album di classicissimo black metal pieno di odio e paganesimo, al punto giusto e ben equilibrato. L'intro classicheggiante è da copione e la partenza a razzo di “Blood of Saints” ricalca un copione già scritto ma con ancora una forza espressiva tale che l'intero cd è pressoché perfetto nella sua staticità. I canoni ci sono tutti: ritmiche tiratissime, riff che alternano melodia e potenza una voce praticamente perfetta e un drumming sempre al massimo dei giri. Tutte le canzoni girano sui 4/5 minuti e non presentano particolari cambi di registro, sono di ottima fattura e il cd si ascolta tutto d'un fiato ed è velenosissimo, carico di adrenalinica rabbia in ogni suo registro per circa tre quarti d'ora di durata. La cosa che colpisce di più è la qualità della registrazione e l'esecuzione, assai pregevole. La classe, mista ad un po' di manierismo, con cui questa band agita il mercato fin dal 1994, senza perdere smalto e coerenza, è spiazzante e spettacolare, considerando che il combo ha sempre vissuto all'ombra di band molto più in vista. Non ci sono spazi per l'innovazione e questo fa in modo che il disco diventi inossidabile, inattaccabile a qualsiasi livello e l'alto valore tecnico/melodico delle composizioni, lo rende splendido, senza lacune. Dobbiamo ammettere che il solo fatto che esistano band ancora così ortodosse e con il gusto della qualità portato all'ennesima potenza, rende questo genere musicale sempre vivo e vegeto. Nessuno potrebbe dire ascoltando “Malediction” che non ci sia vita dietro questo lavoro, la cui godibilità sta nella sua canonicità stilistica e nell'energia con cui questi musicisti norvegesi continuano a riproporre un genere di nicchia nei migliori dei modi. Se vi svegliaste la mattina con un assurdo bisogno di comprare un buon disco di puro black metal, non dimenticate il nome Ragnarok e “Malediction”, sicuramente una garanzia di qualità! (Bob Stoner)

(Agonia Records) 
Voto: 80

domenica 25 novembre 2012

Forgotten Tomb - ...And Don't Deliver Us From Evil

#PER CHI AMA: Black/Doom, Taake, Esoteric, primi Katatonia
Nell'ultimo album dei piacentini Forgotten Tomb, si possono ascoltare le evoluzioni di una band che ha lavorato molto per elaborare un sound che in origine era debitore al più oscuro doom/ black metal e come per altre realtà musicali, la loro musica si è innalzata a forme sonore sempre più personali e di ampio raggio e visione. Incuranti delle critiche sul cambio di direzione artistica, i nostri hanno resistito fino ad arrivare fin qui e a dar vita ad una creatura che vive di luce propria, un’oscura creatura, a dir poco entusiasmante. Possiamo prendere in prestito alcuni riferimenti per far capire il loro sound, ma non riusciremo di certo, ad inquadrarlo comunque tanti sono gli spunti che in esso possiamo trovare. Dentro questo cd troveremo echi doom di scuola Esoteric e il black dei norvegesi Taake, la sospensione temporale di Ancestors e piccole inserzioni di buon rock dal retrogusto seventies e gotico sapientemente mischiati, come se i Fields of the Nephilim si imbattessero in una cover dei The 69 Eyes, cercando di copiare i Candlemass degli ultimi anni. Il sound è esuberante sempre carico e pieno di pathos, solenne ed epico allo stesso istante. “...And Don't Deliver Us From Evil” suona omogeneo, non mostrando lacune, e alla fine risulta veramente piacevole all'ascolto con un'atmosfera ricercata ed un mixaggio molto saggio, che appiana tutte le difficoltà che potrebbero insorgere in un disco di questo genere. La melodia ed il gran lavoro delle elettriche va omaggiato e sulle parti doom i Forgotten Tomb sono irresistibili. La voce è sempre ben calibrata è per tutto il tempo si instaura nell'ascoltatore quella forma d'ascolto malinconico/riflessiva che ha reso celebri band come i Katatonia. Ascoltate “Cold Summer” e la sua vena lievemente romantica oppure “Let's Torture Each Other” e il suo giro di basso che mostra legami alchemici con lo stoner dei Cathedral per poi lanciarsi in un ritornello gotico splendido e tutto, senza dimenticare mai il black d'origine e senza mai risultare banali. Un disco da avere e ascoltare un sacco di volte, sicuramente una perla che ben figurerebbe nell'olimpo accanto a nomi eccelsi del metal. (Bob Stoner)

(Agonia Records) 
Voto: 85

giovedì 22 novembre 2012

Mare Cognitum - An Extraconscious Lucidity

#PER CHI AMA: Black/Post/Cascadian
Quasi quasi anch’io domattina mi sveglio e metto su la mia band, la mia one man band. Ormai non mi è chiaro se sia una questione modaiola, o il fatto di avere fior di computer a casa o cos’altro, ma ormai i progetti solisti spuntano ovunque come funghi. Non voglio assolutamente criticare nessuno, la mia è una pura e semplice constatazione, che mi porterà sicuramente a dire, a fine recensione, “ben vengano i progetti solisti”. Dopo queste mie elucubrazioni mentali della mezzanotte, mi avvio alla scoperta di questo progetto californiano che risponde al suggestivo nome di Mare Cognitum. Il cd è essenziale e stilizzato nella sua confezione, ma probabilmente legato al fatto, che la copia nelle mie mani, è promozionale. Mi ha colpito però l’interno del booklet con il simbolo di un segno zodiacale differente collegato alle sei tracce qui contenute (che arrivi un secondo disco con i rimanenti sei segni?). La proposta del nostro bravo individuo, all’anagrafe Jacob Buczarski, è un feroce preparato di black atmosferico, probabilmente contaminato dalla corrente cascadiana, che brulica sulla costa ovest degli States. E ovviamente, dinnanzi a simili sonorità, io non posso che essere felice. La cosa un po’ bacata (della mia mente intendo) è che il Cascadian Black Metal non è nulla di cosi trascendentale o geniale: si tratta di melodici riff glaciali, interrotti da intermezzi acustici (talvolta dal sapore folkish, ma non in questo caso), momenti meditativi (come la chiusura di “Collapse Into Essence”), rabbrividenti harsh vocals e poi… e poi un feeling di insana malvagità intrinseca, che popola tutte queste release, e che sinceramente io riesco a ritrovare solamente in questa corrente musicale. E anche “An Extraconscious Lucidity” non ne è immune, pur non rappresentando in realtà in piena regola, il genere sopra descritto. Chissà, sarà forse l’aria dell’Oceano Pacifico, che mi sembra molto più calda di quello delle foreste norvegesi, a plasmare simili individui, eppure le chitarre acuminate, le voci ringhianti, la voglia di dipingere paesaggi desolati, emerge prepotentemente anche dai solchi di questo cd, di sei lunghi pezzi, in cui emergono, senza ombra di dubbio, la furente “Degeneracy Pressure” e la più (relativamente) tranquilla “Nascency”, un pezzo di black mid-tempo, contaminato però da un po’ tutte le ultime correnti musicali, dal post al cascadian, fino al depressive; però permettetemi di dire banalmente quanto bellissimi siano quei break strumentali, in cui chiudo gli occhi e mi abbandono “al mio dolce naufragar in questo mare”. Il sound dei Mare Cognitum è una tempesta in mezzo al mare, con il gelo che penetra nelle ossa ed un senso di famigerato disagio che si insinua nel mio animo costantemente inquieto. Questa la sensazione ascoltando la deprimente “Ergosphere” o la catartica conclusiva “Pulses in Extraconscious Lucidity”, che chiudono un lavoro dal difficile impatto emotivo, in quanto permeato da sublime disperazione. Ebbene si, alla fine confermo, ben vengano tutte queste one-man band, se i risultati sono questi… (Francesco Scarci)

(Lunar Meadow Records) 
Voto: 75