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lunedì 31 agosto 2020

Less Win - Given Light

#PER CHI AMA: Post Punk/No Wave
Se questo album fosse uscito nella prima metà degli anni ottanta, non mi sarei stupito di vederlo ai vertici delle classifiche di musica alternativa e potremmo anche immaginare i Less Win in tour con i maestri The Birthday Party, da cui il trio danese ha ereditato la dissacrante arte di rendere tutto della loro musica, estremamente nervoso e nevrotico, emotivamente estremo, un mal de vivre disturbante ed affascinante, al contempo spietato e tagliente. I suoni di 'Given Light' sono stupendi, rimandano la mente all'epoca d'oro del dark/gothic rock degli eighties ma al tempo stesso suonano freschi ed attuali. Il talento della band non si ferma al banale rifacimento dei clichè di genere, poiché, leggendo tra le righe di questi brani, s'intrecciano chitarre lisergiche e sbilenche di velvettiana memoria, richiami, soprattutto nell'uso dei fiati (vi è una lunga lista di musicisti ospiti in questo disco), alla no wave di derivazione jazz dei sottovalutati Laughing Clowns, e per finire un'urticante tensione continua che ricorda i lavori maledetti dei Grinderman. Ricordo anche che tra le fila dei Less Win milita il chitarrista Casper Morilla e quindi il rimando agli splendidi lavori degli Iceage è d'obbligo, anche se qui l'anima compositiva è molto più buia, meno inquietante ma molto più ostica ed oscura. Il ritornello di "Passion's Puppet" è brillantemente straziante, la musica lo esalta a dovere e con "Sure I've Been Convinced", che sembra un brano uscito da 'Porcupine' degli Echo and the Bunnymen suonato con una contorta vena alla Naked City, formano un binomio perfetto che con l'intro in stile "Heroes" di "Truths, Like Roses" completano un triangolo infernale dove si può tranquillamente perire musicalmente soddisfatti. Ascoltato tutto d'un fiato e ad alto volume il disco è decisamente sorprendente, per il tiro serrato delle ritmiche che ricordano i primi lavori dei the Wedding Present e la fantasia compositiva che mette in mostra una band in grado di far saltare sulla sedia l'ascoltatore ed allo stesso tempo, proiettarlo in un diluvio di emozioni contorte, avvolgendolo in un vortice di suoni vertiginosi e ossessivamente creativi (il parallelo con' Phantasmagoria' dei The Damned è quasi un obbligo, almeno per quanto concerne la sua attitudine gotica). Il nero è il colore di questi brani e devo ammettere che da tempo non sentivo un album accostabile al filone post punk così convincente. "Man of My Time" sembra un vecchio brano dei The New Christs suonato alla maniera dei giovani Pardans, che neanche farlo apposta sono compatrioti dei Less Win. A questo punto credo sia naturale chiedersi se, effettivamente, la Danimarca sia la nuova patria d'adozione del post punk, quello più originale e di qualità. Comunque la cosa certa è che non si vive di soli Idles, c'è dell'altro in giro, basta semplicemente guardarsi attorno. 'Given Light' è un lavoro imperdibile per gli amanti del post punk di ieri e di oggi. (Bob Stoner)

domenica 12 gennaio 2020

Excelsior – O Horizon

#PER CHI AMA: Electro Pop
Non è facile identificare questo primo album degli Excelsior, progetto capitanato dalla musicista danese Anja Tietze Lahrmann (ex Ice Cream Cathedral), che in solitudine si affaccia al mondo musicale con un disco ricco di spunti intelligenti e rimandi al creato del pop più raffinato e ricercato. Non so, se come ho letto in rete, l'accostamento all'avanguardia pop elettronica sia proprio la più giusta definizione per la sua opera, di fatto, quello che si nota  nelle tracce di questo 'O Horizon' sono numerose rievocazioni dal passato, dai primi Eurytmics, ai Soft Cell, passando per le derive elettroniche dei Visage e la Danielle Dax di 'Pop-eyes'. Diversi i suoni sintetici qui contenuti con la musica che non emana mai particolare calore, suonando decisamente gelida. Al contrario, la voce dell'artista di Copenaghen, che per le liriche ha trovato ispirazione nella geotassonomia e nei bestiari medievali, si mostra sognante, malinconica ed intensa, sempre all'altezza della situazione. Dando uno sguardo ai brani, "In Silico" sembra uscita da una registrazione perduta della dimenticata Sade, mentre "White Arrow" si erge nella sua candida ed eterea introspezione, su di un tappeto sonoro fatto di note di un piano che potrebbe essere stato un tempo degli Alan Parsons Project (epoca 'A Dream Within a Dream"), in una scarna veste digitale, modernissima e senza ritmo. Tecnicamente si nota una continuità musicale verso lidi sempre più elettro-pop dalla metà del disco in poi: in "Wandering Womb" ad esempio si sfoderano ritmi cari al geniale David Byrne, con un tocco di glacialità tipica della musica elettronica del nord Europa. Nel finale ci si immerge poi in un'inaspettata, romantica e acustica ballata dai rintocchi pizzicati, dal sapore a metà strada tra folk e tramonti dell'America latina più intima. È comunque la bellissima voce di Anja a fare la differenza, penetrando l'ascoltatore e accompagnandolo alla scoperta della sua musica, facendo aumentare il peso di un disco che, nella mera valutazione musicale, sarebbe un po' povero per sostenersi da solo senza parte vocale. Nel complesso 'O Horizon' è un buon lavoro con una produzione più che ricercata e ben fatta, alcuni pregiati cenni di sperimentazione digitale conferiscono uno status di moderno pop astrale che si lascia ascoltare facilmente ma senza dare l'idea del banale. L'orecchiabilità sofisticata delle melodie poi e il richiamo a quei suoni cari alle synth wave band degli anni '80, conferiscono una raffinata qualità e omogeneità al disco, che non definirei del tutto originale ma sicuramente una singolare re-interpretazione in chiave moderna di certo pop sperimentale e di classe di quegli anni. (Bob Stoner)

(The Big Oil Recording Company - 2019)
Voto: 70

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