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venerdì 24 maggio 2019

J'ai Si Froid - Loin des Hommes

#PER CHI AMA: Depressive Black Metal, Burzum, Paysage D’Hiver
Da non confondere con l'omonimo film con Viggo Mortensen, 'Loin des Hommes' rappresenta la terza fatica della one-man-band francese J'ai Si Froid. L'act, guidato dal factotum Brouillard, e forte della collaborazione con la Transcendance, ha da offrirci sette tracce (che includono duo pezzi strumentali) di emozionale e atmosferico black metal. Questo probabilmente si evince anche dalla suggestiva cover cd che lascia presagire da quelle montagne all'orizzonte, il senso di solitudine che vivremo durante l'ascolto del disco. Un album, che dopo l'arpeggiata intro, irrompe con "La Débâcle" ed una proposta di depressive black metal, con tanto di strazianti melodie costruite da compassate e ronzanti chitarre ritmiche su cui poggiano i vagiti disperati del mastermind transalpino in un viaggio di 12 minuti, in cui vi ritroverete anche voi come accaduto al sottoscritto, a pensare a qualunque cosa, contemplando il grigiore del cielo. Non solo suoni emozionali però nei lunghi minuti di questa song, ma anche furiose accelerazioni black, in cui ad essere penalizzata è la componente strumentale legata alla batteria, troppo secca e artificiale nel suo asettico programming sintetico. A ciò dobbiamo aggiungere una registrazione globale non proprio al top, forse legata agli stilemi imposti dal genere. Se i dodici minuti iniziali mi sembravano un po' eccessivi, i 13 prima di "Endurer pour Éprouver la Candeur" e i 16 di "Valse Mélancolique" poi, rappresentano uno sforzo notevole da affrontare, visto che a fronte di un approccio di "burzumiana" memoria, l'artista francese ha poco di nuovo e vario da offrire all'audience, se non un notevolissimo break melodico nella seconda parte della prima traccia, dai forti richiami classicheggianti. Poi un nuovo roboante attacco black che questa volta mi ha ricordato i Windir. Se l'incipit di "Valse Mélancolique" sembra più una suoneria del cellulare, la sua evoluzione invece è un black tiratissimo, saltuariamente epico e assai melodico, in cui però accade che si perdano i contorni degli strumenti, offuscati da quella marcescente registrazione low-fi che citavo poc'anzi. Un intermezzo acustico e arriviamo a "L'Espoir est le Dernier à Crever" il penultimo glaciale atto di 'Loin des Hommes', che riflette esattamente lo spirito distaccato, intimista, a tratti misantropico, del polistrumentista francese. "Le Rappel des Plaines" chiude il lavoro con poche variazioni al tema, concludendo proprio come si era aperto questo viaggio spirituale, ossia con un oscuro e malinconico black metal. Un lavoro più che sufficiente, che necessita di una ripulita generale per potersi aprire a platee più ampie, partendo da una pulizia dei suoni, una maggior umanità nelle linee di batteria, e meno derive musicali ampiamente già sentite sino ad oggi. (Francesco Scarci)