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sabato 25 maggio 2019

I Feel Like A Bombed Cathedral - Rec.Requiem

#PER CHI AMA: Ambient/Drone
La memoria ritorna al testo di una vecchia canzone dei Massimo Volume che mi aveva sempre fatto riflettere: "...mi sento come il tetto di una chiesa bombardata..." e più o meno il moniker di questo nuovo progetto solista dell'implacabile mente degli Ulan Bator, Amaury Cambuzat, esprime, a mio avviso, lo stesso concetto di stordimento emotivo di fronte ad un mondo moderno, divenuto oramai inconcepibile per gli uomini che cercano di vivere sotto la stella sacra della ragione e della libertà. L'artista francese si rimette in pista e fa uscire questo nuovo album, 'Rec.Requiem', sotto il moniker I Feel Like A Bombed Cathedral. Si tratta di un lavoro perfettamente in linea con i clichè della label italiana, Dio)))Drone, ossia drone music a caduta ottenuta da sperimentazioni musicali ed effetti chitarristici in gran quantità, con qualche leggera impronta ritmica a servire la cascata sonica ideale. Quattro brani mirati, lanciati a medio/lungo raggio, tra gli 8 e i 15 minuti, centrano in pieno la cattedrale delle emozioni, lacerandola, rovinando il suo essere arte, rendendola storpia e brutta, priva della sua entità storica e divina, azzerandone il suo stato di monumento ancestrale, lasciando un vuoto, una lacuna interiore che si riflette benissimo con il titolo doloroso del disco. I primi due brani volano sul ricordo del noise più catartico, come se ascoltassimo 'Metalmusicmachine', cambiandone le coordinate al nero, virando il magma sonico in una salsa più nera e immersa nel sentore sacro e misterioso tipico delle chiese monumentali, mastodontiche e spettrali. Per il brano "Req.", l'atmosfera cambia e sulle note lente, profonde e scandite di un battito ritmico potente e cadenzato, ci sembra quasi di assistere al momento esatto del bombardamento, con i fraseggi, le sperimentazioni e i giochi di chitarra che giostrano le immagini sonore delle esplosioni. Il lutto è compiuto con la docile chitarra eterea e ipnotica di "Rev.", dove Mr. Cambuzat richiama la sua migliore parte interiore e si riappropria in solitudine delle splendide atmosfere post-rock tipiche del suo repertorio, provando a farci sognare per chiudere un drammatico ricordo, e iniziare una ricostruzione difficile, segnata dal dolore. Musica d'ambiente visionaria, dove lo stile e la classe di Cambuzat emergono per diletto, sensibilità e gusto, una capacità innata di creare un film sonoro di qualità e spessore artistico. Nuovo progetto, consolidata bravura. (Bob Stoner)