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I Monarca sono una formazione nata recentemente nell'est veronese, un quartetto dedito al rock strumentale, che è partito in quarta vincendo alcuni premi e sfornando questo EP omonimo. Come dichiarato dalla band stessa, i veronesi si inspirano ai granitici Tool e ai A Perfect Circle, ma l'assenza della voce e quindi lo studio di linee melodiche aggiuntive, li porta ad essere più vicini anche a band come Russian Circles e in ai primi Pelican. I suoni dei Monarca sono però meno saturi e lasciano maggiore respiro all'ascoltatore che non viene costantemente investito da muri di distorsioni, che vengono invece utilizzate ad hoc per caricare al meglio le tracce e dare loro maggior dinamicità. I brani contenuti sono cinque e dopo un'eterea traccia introduttiva a ritmo di hang drum, si viene accolti da "Cricktes", sette minuti di prog rock che convince, affascina e non stanca. Le chitarre la fanno da padrone e la loro corposità appaga l'orecchio del rocker smaliziato, mentre le linee melodiche che i Monarca tessono, non fanno certo rimpiangere la mancanza di un vocalist. Alcuni passaggi risultano minimalisti, creano un'atmosfera introspettiva ed oscura per cui probabilmente si poteva osare qualcosina di più. Gli strumenti ci sono e varrebbe la pena sfruttarli fino all'ultima nota. La sezione ritmica viaggia appaiata e lavora all'unisono per regalare una struttura compatta e coinvolgente che muta con una certa costanza. "Kookai" è la traccia che spicca nel lotto grazie ad il suo riff di chitarra che penetra velocemente nel nostro orecchio e si avvinghia ai neuroni in modo indissolubile. Ottimi gli arrangiamenti e la crescita verso l'alto del brano; si denota la qualità compositiva della band che sicuramente investe tempo e sudore per non (s)cadere nella banalità. Il finale è un'esplosione di quelle ben fatte: grande accelerazione e potenza che spingono anche il più timido ascoltatore ad abbozzare un qualsiasi movimento a tempo di musica. "Sunrise" chiude questo self-titled iniziando con un arpeggio ipnotico accompagnato da un synth spaziale, un perfetto biglietto di sola andata per una lontana galassia sconosciuta. L'evoluzione del brano poi non è da meno e ci ritroviamo in un vortice di luci e suoni che annientano il concetto di spazio/tempo, permettendo alla traccia di diventare la perfetta colonna sonora di un cortometraggio futuristico. Come in precedenza, sul più bello che si pensa di essere arrivati al capolinea, la canzone muta di nuova, introducendo una diversa ritmica. A volte si sente il bisogno di qualche bpm in più, questo permetterebbe alle canzoni di aver un piglio più incisivo e probabilmente aumenterebbe il potenziale bacino di proseliti della band. In sostanza l'EP è ben registrato ed eseguito, a volte pecca in alcuni passaggi di immaturità, ma lascia un discreto margine di miglioramento alla band che ci fa comunque ben sperare per il prossimo futuro. (Michele Montanari)
(Self - 2015)
Voto: 70