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sabato 2 aprile 2016

Throat – Short Circuit

#PER CHI AMA: Noise Rock
È con piacere che accolgo il ritorno dei Throat (in un Ep ormai risalente alla metà del 2015), che già da qualche anno mettono a ferro e fuoco la Finlandia a colpi di noise rock brutale e malsano, contribuendo cosí, al pari di band quali Hebosagil e Baxter Stocktman, a sfatare il luogo comune secondo il quale dalla terra dei mille laghi provenga solo dark metal. Il sound del quartetto è intriso fino ai capelli dei miasmi che esalavano dalle prime storiche uscite di etichette quali Sub Pop, Touch & Go e American Reptile, di band quali Unsane, Melvins, Jesus Lizard e i Nirvana di 'Bleach'. Non ha molto senso in questo caso parlare di originalità della proposta, dacchè 'Short Circuit' si limita a mettere in fila una manciata di pezzi, per un totale di circa 25 minuti che, per chi ha amato quei suoni, hanno l’effetto dello zucchero su una fetta di pane per una mosca. Un corto circuito (appunto) emozionale che bypassa ogni razionalità. Semplicemente non si riesce a non ascoltarli a ripetizione, ad alto volume, infine convincendosi che gli anni '90 non siano mai finiti. Noise rock sporco, sgranato come una vecchia foto in bianco e nero, che non fa prigionieri con la sua sezione ritmica granitica, le chitarre affilate e urticanti, una voce in grado di scoperchiare il disagio e la rabbia. Difficile scegliere e non rimanere affascinati in egual misura da queste tracce, tanto dal riff caterpillar e le vocals torturate di “Houston Soup”, quanto dall’incandescente “Dog Wrestle Dog”, e ritrovarsi poi sconcertati a riconoscere, sotto uno strato di feedback e sax urlanti, una devastante cover di “Unjoy” di Björk. Niente di nuovo o rivoluzionario quindi, ma tanta sostanza. Sarà una debolezza mia, ma datemi un disco del genere al mese e farete di me una persona felice. (Mauro Catena)

91 All Stars - Retour Vers la Lumière

#FOR FANS OF: Metalcore/Hardcore, Dagoba, Trivium, All That Remains
Not usually known for it’s Metalcore scene, French proponents 91 All Stars offer up a decidedly fun and enjoyable variant here on their second release. Offering spindly, technical riffing with all the hallmarks of thrash augmented by the stuttering rhythms and breakdowns associated with most hardcore bands, it comes off rather nicely here as a straightforward variation on the style which oftentimes displays the kind of energy and enthusiasm needed for this particular style. Offering up pounding drumming and a fine series of vocal styles in accordance with the wide range of music, it’s all quite a dynamic offering that comes off rather nicely if formulaic. It’s all rather blended together for a rather disappointing amount of time this one spends with those same, familiar patterns featured for the majority of the songs which makes this somewhat drag on in the second half, despite featuring some good songs there. There’s still a lot to like here though with the tracks getting plenty to enjoy throughout here. The opening instrumental ‘Intro’ is a fine set of spic sound collages that sets up for proper first track ‘Omniscience’ which is a strong blend of swirling thrash riffing and stuttering paces alongside a fine series of breakdowns and clattering drumming that brings along plenty of tight rhythms throughout the final half for a rather engaging, enjoyable opening effort. ‘Mon Bien,Mon Mal’ is a lot more of a straightforward blend of swirling metalcore riffs with works within a fine up-tempo pace with plenty of breakdowns and thumping rhythms that bring along plenty of high-speed rhythms into the finale for another strong track. ‘Opprimés’ features deep technical chugging and swirling Metalcore rhythms with a more sprawling tempo that keeps this held back the sprawling riffs leading into a fine series of urgent, up-tempo riffing throughout the final half that makes this one of the few dynamic, varied tracks on here. ‘Richesse Humaine’ features plenty of tight, urgent rhythms with chaotic riff-work scattered throughout the tempered, stuttering rhythms alongside the chaotic breakdowns that brings along plenty of energetic riffing thrashing along through the final half for an impressive highlight. ‘Les Ombres De La Perdition’ blasts through intense and vicious drumming with plenty of swirling technically-proficient riff-work thumping along to rather energetic drumming carrying the rhythms along through the urgent patterns of the solo section and into the finale for another strong effort. ‘Eclipse éternelle’ blasts through tight rhythms and plenty of urgent mid-tempo riffing coming through the series of frantic, blasting drumming with a brief melodic section leading back through a frantic series of swirling blasts in the final half for an enjoyable enough effort. ‘L’ère Du Verseau’ uses a series of twisting Metalcore riffing with the tight, stuttering rhythms featuring plenty of breakdowns and a frantic blast of tight drumming carrying along through the series of frantic blasts before an extended flamenco guitar finale for a strong overall offering. ‘L’Aube Des Princes’ blasts through a series of choppy rhythms with plenty of tight riffing swirling through the technical rhythm patterns kicking into plenty of high-gear throughout the breakdowns leading into the strong final half for a decent if unspectacular effort. ‘Un Sombre Destin’ takes an extended intro with sprawling rhythms before turning into a steady series of mid-tempo riffing with plenty of swirling technical patterns full of sprawling mid-tempo paces leading into the plodding finale to leave a wholly unimpressive track. Lastly, the title track offers thumping rhythms and plenty of sprawling riff-work taking the more mid-tempo pace throughout with the light melodies coming along with the chugging breakdowns alongside the sprawling, grandiose rhythms throughout the final half to end this on another decent track. Still, it’s mostly enjoyable enough to make this a solid enough effort. (Don Anelli)

(Self - 2016)
Score: 80

http://91allstars.com/

Cyranoi - Exist

#PER CHI AMA: Progressive Metalcore/Djent, Fallujah
Io non sono un fan del metalcore lo sapete, eppure questo album l'ho voluto fortemente recensire, mi convinceva nell'architettura dei suoni, nelle partiture vocali e negli arrangiamenti. Sebbene sia l'opera seconda (un EP a dire il vero) che segue a distanza di sei mesi l'EP di debutto del duo finlandese, 'Challenger Deep', 'Exist' si dimostra già disco maturo sin dall'iniziale "Abiogenesis". La song si apre con ariosi synth, che non so per quale arcano motivo, mi hanno evocato Cynic e Fallujah; la song poi divampa in melodicissimi riff imbastiti da musicisti esperti, di certo non di primo pelo. La traccia è una escalation grondante di giri di chitarra, killer vocals (growl e scream) e una buona dose di synth. E sarà cosi per tutto il resto della durata del dischetto. "Pioneers" viaggia su ritmiche più tirate in cui vige l'alternanza vocale tra più forme stilistiche del frontman Joona Jaakola (qui anche in versione "ruffiano" pulita), mentre il mostro alle chitarre, alias Tomi Pohja, abbina una robusta ritmica di accompagnamento a un più vivace e grooveggiante riffing fatto di ricami chitarristici. In un batter di ciglia, ci ritroviamo a "Flesh and Mind", in cui forse l'eco dei Fallujah più meditabondi è verosimilmente riscontrabile in una song dal forte sapore rock, soprattutto a livello solistico, che vede l'apporto del virtuoso chitarrista scozzese (ma di chiara origine indiana) Sithu Aye in supporto dei nostri. "Avarice" è la penultima traccia del disco, decisamente più malinconica a livello di linee di chitarra e anche più assestata su un mid-tempo ragionato, senza però privarsi del marchio di fabbrica dei Cyranoi, ossia le due chitarre che vivono e lavorano in simbiosi. Con "Event Horizon" giungiamo anche ahimè alla fine del platter: qui l'ospite di turno è Niklas Turunen, l'ottimo chitarrista degli Assemble the Chariots (andateveli ad ascoltare mi raccomando), che in compagnia di Tomi, si lancia in una bella rincorsa tra sei corde. Insomma, i Cyranoi è un gruppo che sembra davvero saperci fare, ora non possiamo far altro che attenderli e valutarli sulla lunga distanza. (Francesco Scarci)

mercoledì 30 marzo 2016

Autumnia - Two Faces of Autumn

REISSUE:
#PER CHI AMA: Death/Doom
La Solitude Productions ha festeggiato nel 2015 i suoi primi dieci anni di esistenza e per regalo ai suoi devoti si è incaricata di ristampare tutta una serie di album che erano finiti nel cassetto delle rarità e che avrebbero meritato più visibilità e fortuna al momento del loro lancio. È il caso degli ucraini Autumnia che, come i compagni di scuderia, gli ottimi Fallen, si sono organizzati per riesumare i primi due album fatti uscire tra il 2004 e il 2006, in un doppio elegante digipack, ben curato nella sua grafica intrigante, intitolato 'Two Faces of Autumn'. La band, che nel frattempo ha fatto uscire anche un full length nel 2009, con quest'opera intende mostrare al mondo il proprio progresso artistico, mettendo a nudo un sound fin dalle sue origini, dark oriented e gothic metal, come potrete evincere dall'ascolto del primo cd dal titolo 'In Loneliness of Two Souls', per passare poi ai brani di 'By the Candless Obsequial', contenuti nel secondo dischetto, più arioso e aperto a nuove influenze, sempre impregnate comunque di glamour gotico ma più fantasioso e profondo come concezione e costruzione, con quel tocco malato che non passa mai di moda e crea sempre un'atmosfera apprezzabile in stile primissimi Crematory, Moonspell, Anathema e My Dying Bride. La voce cambia spesso registro e le aperture sempre più interessanti, tendono la mano a un doom atmosferico dai risvolti epici e funerei. Ovviamente bisogna tenere bene a mente che si parla di musica con circa un decennio di vita alle spalle quindi, anche se suonati benissimo all'epoca, questi due album portano i segni del tempo e certe soluzioni sembrano ormai obsolete e scontate, anche se indubbiamente ancora di buon valore. Entrambe le release si ascoltano volentieri, stracolme di tristezza e senso di decadenza, musica dai risvolti drammatici, lungo la cui infinita durata, sembra possa perfino produrre una buona dose di sperimentazione, soprattutto nel cantato, che in parte emula i francesi S.U.P. ma qui riproposto sempre in un'ottica prettamente ed esageratamente doom metal. "Bitterness of Loss" è il brano alla fine che tocca la vetta artistica più alta ed anche il mio preferito, con un ampio ed epico incedere intriso di cupa desolazione e dotata di un cantato teatrale, vario ed espressivo a dir poco straordinario. Ottima ristampa per ritrovare un altro pezzo di storia del doom metal più underground, dimenticata nelle stanze dei ricordi passati. Buon tetro divertimento. (Bob Stoner)

(Solitude Productions - 215)
Voto: 70

martedì 29 marzo 2016

Jimm - In(can)decence

#PER CHI AMA: Punk/Rock/Heavy/Alternative
Sarà una coincidenza, ma ultimamente le proposte che mi arrivano dalla Francia, sono di promettenti polistrumentisti alle prese con le più disparate proposte musicali; in questo caso, i Jimm (che altri non è che il nome del factotum della band), ci propongono il loro primo lavoro sulla lunga distanza, con testi in francese e un genere che presto andrò ad esporvi. Prima di entrare nel merito e nei particolari della proposta è giusto specificare che le 10 canzoni di 'In(can)decence' sono state interamente composte da Jimm, che ha suonato chitarra e basso oltre che cantare, avvalendosi unicamente dell'aiuto di un batterista, Fred Quota. Premetto di aver ascoltato il disco diverse volte, in un ristretto lasso di tempo, perché non volevo farmi sopraffare dai pregiudizi ma giudicare il lavoro nella maniera più distaccata possibile. Tutto questo perché la proposta qui contenuta, ad un ascolto distratto, potrebbe sembrare talmente anacronistica ed elementare da sembrare uno scherzo; ed invece questo disco, proprio così male non è. Sia chiaro, non è un capolavoro e non è il disco più innovativo del millennio, ma chi dice che un disco, per essere bello, debba essere a tutti i costi una novità assoluta? Io non l'ho mai sostenuto, e questo lavoro nel suo piccolo, ne è la dimostrazione. Partiamo col parlare dei suoni e della cura mostrata nel registrare il disco: i suoni sono ottimi, mai freddi, incasinati al punto giusto, bilanciati in maniera egregia, a dirla tutta, pagherei di tasca mia per sentire suonare dei dischi dei Megadeth così. Ecco, appunto, per fare il confronto ho preso probabilmente il gruppo più lontano dal genere dei Jimm, ma lo sapete, mi piace scherzare. Sì, perché all'interno di 'In(can)decence' possiamo trovare dal punk all'hard rock tradizionale, passando per il metal più spinto, ma possiamo addirittura toccare lidi mai pensati, una sorta di versione francese dei Litfiba di 'Terremoto'. Non so se ho reso l'idea, per lo meno avrò schiarito le idee per i fan italiani del gruppo toscano. A parte gli scherzi, qua dentro possiamo trovare influenze che vanno dai Bad Religion agli Accept, passando per i Gotthard fino ad arrivare all'alternative metal, quindi davvero, ci si può trovare un po' di tutto. E tutto questo, suonato e composto con un certo gusto e perizia, che trovano la loro maggiore espressione in pezzi come “Jour de Gloire”, “Occident Oxydant” e “Sur le Meme Modele”. Davvero una piacevole sorpresa questo lavoro, che pur senza toccare vette di eccellenza assoluta, si attesta su livelli capaci di far passare 37 piacevolissimi minuti a chi vorrà accostarsi all'ascolto. (Claudio Catena)

(Self - 2015)
Voto: 70

venerdì 25 marzo 2016

Ennui - Falsvs Anno Domini

#PER CHI AMA: Funeral Doom, Esoteric
Bene, ora posso confermare che ascoltare doom metal è un'arte e non una moda, il funeral doom è una filosofia e album come questo lo rendono credibile e condivisibile con un gran numero di palati fini e persone che considerano la musica un grande mezzo di divulgazione di idee e libertà. Gli Ennui sono georgiani e suonano funeral doom, intriso nel lisergico suono della psichedelia, cosparso di sentori black metal dai tratti avanguardistici. Le chitarre sono taglienti, l'incedere del disco è sinistro e oscuro, tutti i brani sono enormi e colmi di pathos ancestrale e luciferino, una sorta di Avalon buio e deprimente, rifugio per anime perdute ma coscienti, che esiste in un mondo di dignità, onestà e umanità aldilà di quello che tv, giornali, politici e potenti di turno, ci vogliono far credere. Da sottolineare immediatamente la prova esagerata dei due chitarristi, Serge Shengelia e David Unsaved, che donano un sound all'intero lavoro di assoluta qualità. Un suono corposo, acido, tagliente e gelido, potente, arricchito di lunghi tappeti di tastiere epiche e di una batteria ossessiva (Daniel Neagoc basso, batteria ed anche dietro al banco mixer), ultra tecnica, dal taglio molto black metal che divaga spesso in tempi atipici per il genere, creando un effetto contrasto con la musica, astratto e variegato, un tantino troppo black forse ma di sicuro interesse artistico. Bello l'artwork e tutta la lista di collaborazioni importanti che vanta membri di Esoteric, Evoken, Colosseum, Comatose Vigil. Uscito per la Solitude Productions nel 2015, 'Falsvs Anno Domini' è un lavoro carico d'infinito, fatto da persone molto preparate e puntigliose, musicisti innamorati del genere, compositori d'alto rango. Ottanta minuti circa di musica urticante, riflessiva e penetrante, un cd saturo di suoni metal estremizzati e devoti al doom più oltranzista. Per finire, le composizioni personalissime e intelligenti, non annoiano l'ascoltatore e lo accompagnano intense in un lungo viaggio emotivo ed estremo per cui come esempio segnalo il terzo brano in scaletta, "The Stones of the Timeless", che mette in risalto una band con tante cose da dire e ancora molte idee in cantiere per il futuro. Una bella prova di carattere e come viene descritto nella pagina bandcamp della band... "È come uno sputo in faccia a tutti i disgregatori miserabili e falsi pretendenti che guidano il nostro mondo verso il collasso". Adorabili, taglienti, pericolosi. (Bob Stoner)

(Solitude Productions - 2015)
Voto: 90

Evenline - Dear Morpheus

#PER CHI AMA: Alternative/Nu Metal, System of a Down, Alter Bridge
L’invocazione all’onirico è chiara nel nome del disco ma in realtà, oltre ai sogni, gli Evenline hanno una forte componente emozionale che è descritta in modo lucido, teatrale ed espressivo. La formazione parigina è composta da quattro elementi, voce chitarra basso e batteria, in attività dal 2009 e con alle spalle l’autoprodotto EP del 2010, 'The Coming of Life'. 'Dear Morpheus' esce nel 2014 ma quello che ascoltiamo oggi è la versione Deluxe che presenta, oltre ad un cd aggiuntivo, una copertina nera con un simbolo simmetrico dal sapore vagamente esoterico, che alla vista risulta elegante ed essenziale. La stessa cosa non si può dire a proposito della cover originale nella quale vi era un richiamo alla stanza, del film Matrix, ove Morpheus offre a Neo la scelta tra rimanere addormentato e venir catapultato in una realtà che molto probabilmente non sarà di suo gusto. Ora se il riferimento è effettivamente al film, è un buono spunto per chiedersi che pillola sceglieremo noi se ci venisse offerta la cover originale che somiglia piuttosto allo studio di un telegiornale. Ma ora è il momento di affidarsi totalmente al tasto play e lasciar andare i sensi. La musica inizia con il suono di un carosello antico, riesco quasi a vedere la ballerina giocattolo senza un occhio e con la gonna mezza staccata che gira mestamente. D'un tratto un assalto crossover mi risveglia dal sogno e mi trasporta all’esasperato e toccante ritornello di “Misunderstood”. A sentire le chitarre mi vengono in mente i Korn e i System of a Down, suoni propri del nu metal che contrastano in modo piacevole con le linee vocali di Arnaud, anche se spesso le melodie si avvicinano più alle linee degli Alter Bridge e Staind. Da sentire almeno una volta è la title track dove Arnaud dà prova della malinconica e decadente espressività della sue linee vocali. L’apice del brano tuttavia è raggiunto nella disperata invocazione di un qualcosa che sia in grado di liberare l’anima dal dolore, concretizzato nel verso “Purge my soul from this growing pain”. Questa breve parentesi tocca alte vette di piacere, una mitragliata di fango, liberatoria come nessun'altra nel disco. Il brano fa riferimenti alla natura e in particolare all'acqua ma anche ai ricordi, si percepisce un’aria di melanconia cupa e romantica, forse il sentimento che ha dato origine e che più è descritto in 'Dear Morpheus'. I testi sono una parte importante dell'opera che denota una forte predisposizione al cantautorato, con la voce chiara e molto presente per l'intera lunghezza del disco. Le immagini che le parole ci regalano sono eterogenee e non sempre collegate tra loro. A volte si sente che la lingua utilizzata nel cd non corrisponde a quella con cui sono stati pensati i testi: lo si può intuire dalla sintassi e dalla pronuncia che, seppur molto buona, lascia trasparire la bandiera dei quattro musicisti transalpini. Veniamo ora al secondo cd di questa Deluxe Edition che reca il titolo 'In the Arms of Morpheus'. Si tratta di una raccolta di canzoni presenti nella versione studio ma qui suonate dal vivo in un set acustico. Il primo impatto è che i pezzi in questa dimensione trovino una forma che meglio si addice rispetto all’elettrica. I testi hanno modo di stendersi e rendere le immagini in essi contenute più libere di prendere forma nella mente dell’ascoltatore. In particolare la versione acustica di “Hard to Breathe” è quasi più riuscita della versione elettrica: si tratta di un blues diabolico con un ritornello cristallino e lucente, trademark a cui gli Evenline ci hanno abituato. Nel set acustico, anche il basso suonato in slap e la batteria leggermente più tappata rispetto all’elettrico, riescono a sostenere i pezzi in modo da conservare quella spinta rock che li ha generati, ma allo stesso tempo non vanno a invadere i testi e le melodie; qui l’equilibrio viene sicuramente raggiunto. La chiusura del disco è affidata a “Already Gone”, voce e piano, un commiato da accendino acceso, lacrime e cuore infranto. Pare che qualcuno sia stato lasciato e che non riesca ad accettare la vita senza la sua metà. Triste si, ma non mi faccio troppo coinvolgere dalla malinconia, sono sicuro che grazie a questo pezzo Arnaud non avrà nessun problema a trovare un'altra ragazza! (Matteo Baldi)

(Dooweet - 2015)
Voto: 75

The Pit Tips

Emanuele "Norum" Marchesoni

Rhapsody Of Fire - Into The Legend
Rhapsody Of Fire - The Cold Embrace Of Fear -
Sunpocrisy - Eyegasm Hallelujah

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Francesco Scarci

Oranssi Pazuzu - Valonielu
Earth's Yellow Sun - The Infernal Machine
Novembre - Wish I Could Dream it Again...

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Matteo Baldi

The Eagles - Greatest Hits
Brian Eno - Before and After Science
Porcupine Tree - Fear of a Blank Planet

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Bob Stoner

Ottone Pesante - S/t
Follow the White Rabbit - Endorphinia
Anekdoten - Until All the Ghosts are Gone

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Stefano Torregrossa

Truckfighters – Hidden Treasures of Fuzz
Earth’s Yellow Sun – The Infernal Machine
Les Claypool’s Duo De Twang – Four Foot Shack

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Jeremiah Johnson

Under the Church - Rabid Armegeddon
Thunderheart - Night of the Warriors
Nervosa - Victim of Yourself