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mercoledì 9 aprile 2014

Hamferð - Evst

#PER CHI AMA: Dark/Doom, Cathedral, Type O Negative
Chi di noi non ha mai sentito parlare delle Fær Øer Islands? Se non altro per qualche coincidenza di girone tra la nazionale italiana e la corrispettiva nazionale faroese, per quello che riguarda nazionalpopolari cronache pallonare; ma una nazione non infinitamente grande come le Fær Øer ha già sfornato un paio di gruppi metal degni di nota, tra i quali mi piace citare i classicheggianti TYR e perchè no, anche questi Hamferð. Il gruppo protagonista della recensione di oggi, ha vinto un concorso per band metal al celeberrimo festival Wacken nel 2012, vincendo un contratto con la storica etichetta metal Nuclear Blast. Ascoltando 'Evst' ho capito chiaramente il perché: la classe signori, la classe...questa sconosciuta in ambito metal da troppo tempo. Iniziando l'analisi più approfondita di questo lavoro, mi soffermo, come mia abitudine (o mania, come preferite) sulla confezione del cd, un digipack classico con un artwork raffinato e oltremodo “scuro”, caratteristica che rende difficile la lettura dei testi sul libretto (poco male, i nostri scrivono i loro testi in lingua faroese, poco comprensibile) e che aiuta a creare quell'atmosfera malsana che cerca di introdurci al meglio al sound proposto. La formazione è formata da sei elementi (se vi può interessare su Youtube trovate anche un video live girato in una cattedrale e mandato in onda dalla tv faroese!!!) in cui spicca il cantante e mente del gruppo, dotato, oltre che di una bellissima voce, anche di ottime capacità di composizione. Che dire, la musica è un doom metal di ottima fattura, i ritmi sono lenti, le atmosfere cupe; i suoni, meravigliosi, frutto di un ottimo lavoro fatto in studio. Le voci, spettacolari clean vocals si alternano a un growling mai troppo marcato e che evita di rendere il tutto troppo stucchevole. Dopo 2-3 passaggi nel mio stereo, 'Evst' ha rischiato di diventare il mio disco preferito da un bel po' di tempo a questa parte; dopo altri tre ascolti lo è diventato. Mai come in questo caso, un ascolto del genere proposto, può aiutare più di mille parole; potrei affermare che mi ricordano i Cathedral, imbastarditi dai più decadenti Type O Negative, a loro volta influenzati dai Sabbath più oscuri. Quel che è certo è che non si tratta di musica per tutte le occasioni, la definirei piuttosto “musica per giornate grigie” oppure “note per il crepuscolo”, ma poco importa. Notevoli tutte le composizioni (sei in tutto) che si assestano su durate medio/lunghe, che danno il meglio di loro stesse se ascoltate in cuffia (provare per credere). Non voglio dare giudizi sui singoli musicisti, tutti autori di un ottima prestazione, perché in questo caso più che in altri avrebbe poco senso: qui tutti viaggiano nella stessa direzione creando un monolite sonoro che lascia un solco ben definito sulla sua strada. In testa ed in coda alla scaletta le due meravigliose creazioni che fanno gridare al miracolo; l'iniziale title track e la conclusiva “Ytst”, due vere e proprie gemme. Sinceramente non pensavo di potermi trovare di fronte ad un lavoro di tale portata, da un gruppo per me semisconosciuto; solo parole di elogio per questi ragazzi, autori di un lavoro che si piazza tra i primissimi posti della mia playlist personale. Mai come in questo caso, ascolto più che consigliato. Obbligatorio. (Claudio Catena)

(Tutl Records - 2013)
Voto: 90

giovedì 18 ottobre 2012

Synarchy - Tear Up the World

#PER CHI AMA: Modern Death, Mercenary, Soilwork
Dopo aver esplorato tutto il mondo, mi sembrava giusto che la nostra attenzione si focalizzasse anche alle piccole isole Fær Øer, arcipelago localizzato a nord della Scozia, ma in realtà regione autonoma di Danimarca. E questa piccolissima regione, la cui squadra nazionale di calcio abbiamo anche recentemente visto impegnata con gli azzurri, dà i natali a questi Synarchy, band dedita ad un modern death metal. Dieci rocciose tracce che si aprono con la melodica title track, che evidenzia subito le influenze a cui i nostri si rifanno: si tratta infatti di un certo death thrash melodico che prende spunto dalla tradizione swedish che vede in Soilwork, Darkane o Mercenary, i principali punti di riferimento. Dico subito che il sound del quintetto danese trasuda groove da tutti i pori e questo permette ai Synarchy di essere facilmente avvicinabili dagli amanti di sonorità “estreme” ma comunque melodiche, melodia che si esplica anche in brillanti assoli come nella seconda “Sært Tù Meg”, con la voce di Leon (tipico nome nordico) ad alternarsi tra un roccioso, ma assai comprensibile, e piacevole growl, e delle ruffiane clean vocals. La proposta dei Synarchy mi piace parecchio, anche se non propone nulla di nuovo, ma la carica che emana è energica, trascina, induce inevitabilmente ad un headbanging sfrenato. Il ruggito delle chitarre è assimilabile a quello dei leoni in cattività nella savana. Rabbiose, ritmate, mai veloci, spesso accompagnate da un piano in sottofondo, come accade in “Plague of Time”, piano che consente di diversificare leggermente la proposta dei nostri, che pur schiacciando l’occhiolino a destra e manca verso sonorità ruffiane, si presenta di certo come musica non indicata alle mammolette. Eccellente anche il lavoro dietro le pelli di Kim Joensen, preciso e dirompente, mentre i due axemen, si divertono non poco con la loro sei corde, disegnando ariose melodie. Il lavoro scivola via attraverso altri begli esempi di death melodico (da segnalare “Out of Breath”), ma all’altezza dell’ottava traccia, mi accorgo di essere un po’ saturo, anche perché in un genere come questo, non si possono avere tracce che superano i cinque minuti e “A Reason to Live”, che ne dura addirittura nove, pur essendo un po’ avulsa dal resto delle song, un po’ malinconia e romantica, finisce per stancare. E cosi i 62 minuti di “Tear Up the World” rischiano di fiaccare la proposta dei Synarchy che con questo lavoro, toppano solo a livello di lunghezza totale dell’album. Fosse durato infatti una ventina di minuti in meno, avrebbe meritato mezzo punto in più. Aiutati poi da una produzione cristallina, i Synarchy convincono appieno con il loro sound, ricco di chorus, groove e partiture che sfociano anche nel metalcore. Limiamo un attimo il punto nevralgico insito nell’eccessiva durata dei brani e probabilmente avremo trovato un’altra grande band… (Francesco Scarci)

(Tutl Records)
Voto: 70