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domenica 19 gennaio 2020

Prime Creation - Tears of Rage

#PER CHI AMA: Heavy/Power, Hammerfall, Stratovarius
Dopo le iniziali scorribande nelle lande del power metal, i membri orfani del gruppo svedese Morifade, si riuniscono nel 2015 in un nuovo progetto che sancisce una svolta sostanziale negli intenti dei musicisti di Linkoping: i Prime Creation. Esauritasi infatti la spinta del filone power scandinavo, probabilmente indispensabile per sostenere i quattro album all’attivo, non molto convincenti a dire il vero, e terminati gli argomenti da spendere in materia, i tre amici e compagni Henrik Weimedal al basso, il batterista Kim Arnelled ed il chitarrista Robin Arnell hanno optato per una brusca sterzata al loro sound originale. Già dal 2016, con l’omonimo (ottimo) disco d’esordio, i Prime Creation mettono in chiaro i propri intenti per un deciso passaggio verso territori meno aulici e più diretti. Un solido heavy metal di scuola svedese con qualche riffone di chitarra e cavalcate in doppia cassa da headbanging puro, talvolta a sconfinare nel thrash. Un po’ il percorso che seguirono a suo tempo i connazionali Hammerfall, ma senza il loro classico biker-appeal. Durante la stesura del primo album, l’ensemble si completa con il reclutamento di Esa Englund ($ilverdollar, Hellshaker), vocalist dalle tonalità baritone, decisamente più adeguate allo scopo. Tuttavia, sembra quasi che il cambio di direzione fosse più convinto e convincente, nell'album d’esordio, rispetto a quest’ultima uscita intitolata 'Tears of Rage', risalente a pochi mesi fa. Nonostante l’impronta sia quella più heavy tradizionale che avevamo sentito in 'Prime Creation', questo secondo disco lascia permeare tra i solidi riff, qualche respiro rievocante il passato dei Morifade. Qualche refrain a ritmi abbassati, i cori e le tastiere che ritornano a farsi sentire pressoché in tutti i brani (seppur con peso differente) e sporadici rimandi a certe icone della vecchia guardia. Penso per esempio ad “All for my Crown” che sa un po’ di Stratovarius, anche se quelli meno ispirati del periodo tardivo. Oppure i Symphony X più orecchiabili (di 'Paradise Lost', per dire), con un alone percepibile in “Before the Rain”. Appunto, pare che solo qualche anno fa, i nostri fossero stati più radicali nelle scelte stilistiche. Oltre al sound meno deciso rispetto al precedente esordio, le sezioni “di respiro” si fanno più frequenti. Le tastiere ritornano ad assumere maggiore importanza, in tracce come l’opener “Finger Crossed”. Oltre a questa, buoni anche i brani “Pretend till the End” con la suo intro elettronica e la title-track “Tears Of Rage”, coi suoi carichi ed abbondanti riff ed un’ottima sezione solista di chitarra. Mancano però quei meccanismi che inneschino la giusta scintilla. Questa seconda fatica dell’ensemble svedese non è decisamente al livello del precedente. Un po’ troppo diluita forse. Oppure banalmente povera di ispirazione nel songwriting, magari troppo affrettata a causa del contratto discografico, anziché beneficiato dai giusti tempi per composizione e organizzazione delle idee. Anche la conclusione appare un po’ fuori luogo, con un tappeto di tastiere e la cadenzata voce di Englund su ritmi blandissimi in "Endless Lanes". Un passetto all’indietro quindi per i Prime Creation: peccato perché ci avevano davvero stupiti all’esordio, piazzando un bel colpo alla prima uscita. Ma appunto per questo, restiamo fiduciosi in attesa. (Emanuele 'Norum' Marchesoni)