A distanza di cinque anni dal precedente “The Opium Visions”, tornano sulle scene gli italiani Necroart, che io seguo fin dal loro acerbo e furente esordio in cassetta intitolato “Let the Carnage Begin”. Era il 2000 e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e il sound dei nostri ha subito evoluzioni mai pensate prima di inserire il presente cd nel mio lettore e mettermi all’ascolto di questo piccolo gioiellino. “The Suicidal Elite” apre con una song strumentale che ci fa capire già da subito la vena avantgarde/progressive che permea il sound dei nostri. È tempo della seconda traccia, “…And to Remember Forever” e posso farmi una vaga idea di quello che il combo pavese ha da dire: si tratta di una song lunga, articolata che si snoda attraverso emozioni più o meno forti calpestando territori impervi come quello del doom gotico (stile My Dying Bride), passando attraverso sfuriate death black (un mix tra Rotting Christ e primi Opera IX). Sono ancora disorientato che un arpeggio apre la malinconica “The River”, capace di palesare tutte le buone qualità della band di casa nostra: una bella epica cavalcata accompagnata dalle stralunate keys di Davide Quaroni e dalla voce corrosiva di Massimo Finotello che, non so per quale arcano motivo, ha uno stile che mi ricorda vagamente quello di Darren J. White, primo storico vocals degli Anathema (periodo “Pentecost III” – The Blood Divine), anche se qui siamo ancora in presenza di vetrioliche timbriche che talvolta si fanno pulite e suadenti o addirittura vengono affiancate da eteree vocals femminili. Il cd prosegue con questo stile, con brani lunghi e complessi, ma che rimangono senza ombra di dubbio stampati immediatamente nella mia testa. “The Suicidal Elite” mi prende, mi prende sempre di più, pur non essendo un lavoro cosi facile da digerire, ma la band ha classe e si sente e lo dimostra anche la title track che, nel suo inquietante alternarsi di emozioni, ci regala parti di black death contrapposte ad una bellissima parte di musica classica nella sua parte centrale (con tanto di violini e pianoforte), da brividi;bellissima e darkeggiante la parte finale con il vocalist che si esibisce cantando in italiano. Messo al muro da cotanta intelligenza musicale e fiero che finalmente anche band di casa nostra possano esprimersi su questi elevati livelli, mi appresto nell’ascolto curioso della seconda parte del cd, dove i pezzi migliori si rivelano “The Funeral Within” per quel suo incedere tetro e angosciante che sfocia in una dirompente parte finale, lascia passare per la veloce e furente “Demonwitch”. Forti di una eccellente produzione ai Bunkker Studios, nel sound dell’act lombardo convergono tutta una serie di influenze che hanno contaminato non poco i miei ascolti in ambito estremo: partendo dal black death ellenico/scandinavo al progressive degli Opeth, passando attraverso il death doom dei primi anni ‘90 dei mostri sacri inglesi Anathema, Paradise Lost e My Dying Bride (ascoltare “Love’s Deadly Weapons” per capire). Graditissimo ritorno per una band che può ambire a ottenere una consacrazione a livello europeo se sarà ben supportata dalla propria sconosciuta etichetta discografica. Io vi invito intanto a visitare il sito myspace della band e a richiedere il cd in questione che saprà catturarvi dopo diversi ascolti e non vi mollerà più. Eleganti e raffinati, complimenti! (Francesco Scarci)
(Orquestra de Muerte)
Voto: 80
Voto: 80