Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Fordomth. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fordomth. Mostra tutti i post

sabato 11 luglio 2020

Fordomth - Is, Qui Mortem Audit

#PER CHI AMA: Black/Doom
Solo quattro brani per sancire la rabbia accumulata dal quartetto siculo dei Fordomth nei due anni intercorsi dall'uscita di quel 'I.N.D.N.S.L.E.', che cosi positivamente avevamo recensito su queste stesse pagine e codesto 'Is, Qui Mortem Audit'. La band catanese, allegeritasi di un paio di elementi, è andata contestualmente virando anche la propria proposta musicale, passando da quel black funeral doom degli esordi ad un sound decisamente più ferale, pur mantenendo più o meno intatte le proprie inflessioni doomish. Lo testimonia l'infernale opening track "Esse", che tra sciabolate black, accelerazioni spaventose, urticanti scream vocals e momenti più atmosferici, mostra appunto come questa transizione tra il passato e il presente dei Fordomth sia ancora in corso, vista peraltro la dipartita del cantante dopo la realizzazione di quest'album. L'ascolto si fa ancor più convincente con la seconda "Audere", che mantiente uno stato di cupezza interiore coniugato alla perfezione con un deflagrante black metal che ricorda per certi versi quanto prodotto dai Mgła in Polonia. Notevole l'impatto ritmico dato dalla batteria in quell'incedere tempestoso che contraddistingue quella che sarà la mia song preferita del disco, cosi violenta e cosi in grado di sprigionare un elevato grado di malignità. La spinta mefitica prosegue abnorme nella terrificante terza canzone, "Scire", un pezzo che mostra similitudini con i brani precedenti ma che a livello chitarristico mi ha evocato qualcosa di 'Clandestine', capolavoro assoluto dei primi Entombed. La song si muove nella sua seconda parte in un mid-tempo controllato quasi a seguire un canovaccio che contraddistingue un po' tutti i brani qui contenuti, violenza-atmosfera-violenza-finale lento ed inquietante (qui permeato da quel senso di dannazione in stile Void of Silence che già avevo sottolineato nella precedente recensione). Non si discosta dalle regole del gioco sin qui tracciate neppure questa terza traccia, e questo segna un punto a sfavore della band in fatto di imprevedibilità, bilanciata tuttavia da un lavoro quadrato, potente e ben suonato. Con "Mors" l'ensemble siculo pare voler ancor più pestare sull'acceleratore con un inizio alquanto arrembante, frenato nuovamente da un break mid-tempo che sembra fungere da punto di ricarica per quella che sarà la grandinata finale prossima a pioverci sulle teste (ed ecco di nuovo quel neo che forse andrà aggiustato in futuro, la ripetitività). Fatto sta che dopo la sassaiola, si piomba negli abissi della perdizione e di un silenzio che ci accompagnerà per una cinquantina di secondi fino alla chiusura del cd, laddove ad attenderci ci sarà una sorpresa. Si, avete letto bene, perchè nel finale troverete la classica ghost track, senza titolo, che rappresenta una sorta di cerimoniale esoterico dai richiami orientaleggianti, che ci mostra finalmente un lato più sperimentale dei nostri, che andrebbe meglio esplorato in futuro. Per ora applaudiamo al come back discografico dei Fordomth, in attesa di vedere cosa il futuro ha ancora da offrirci. (Francesco Scarci)

sabato 16 febbraio 2019

Fordomth - I.N.D.N.S.L.E.

#PER CHI AMA: Black/Doom
Dopo Solitude Produtions e sub-labels varie, anche l'altrettanto russa Endless Winter sta salendo in cattedra per ciò che concerne le uscite in ambito funeral doom. Addirittura questa volta la label della cittadina di Taganrog, ha messo sotto contratto i nostrani Fordomth, formazione sicula a ben sei elementi. 'I.N.D.N.S.L.E.', acronimo che starebbe per 'In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi', è l'album d'esordio del sestetto di Catania, un lavoro che sebbene registrato nel 2015, è uscito solamente sul finire del 2018. Il genere? Un funeral doom dalle tinte più black che death, che va a dipanarsi lungo quattro estenuanti song (più una breve intro) per ben 55 minuti di musica. E di questi 55 minuti, balzano all'occhio i 24 asfissianti minuti di "Chapter III – Eternal Damnation" ma andiamo con ordine, perché vanno affrontati prima i quasi 12 iniziali di "Chapter II – Abyss of Hell", una song decisamente obliqua nel suo lentissimo e cupo avanzare. Quello che mi colpisce è un riffing, le cui due linee di chitarra, sembrano muoversi sui dettami dei primissimi Anathema la prima, e su quella dei primissimi Cathedral la seconda, intersecandosi pericolosamente in un abissale magma sonoro, da cui emergono i vocalizzi dei due cantanti, uno da orco cattivo a cura di Gabriele Catania e l'altro epico e sofferente ma pulito, di Federico Indelicato (che peraltro vede più di un'analogia con i vari frontmen passati per i Void of Silence), in una proposta alla fine dal mood quanto meno disperato e straziante, in quell'invocante incedere che somiglia più alla colonna sonora del peggiore dei nostri incubi. Evocante, insana, terrificante, sono solo alcune delle splendide sensazioni che pulsano dalla terza destabilizzante traccia, una maratona sonora che nel suo flusso angosciante, ha modo di regalare altre terrificanti emozioni da film dell'orrore, incanalandosi in plumbei pertugi ambient, che nuovamente mi hanno smosso nell'animo un che degli Evoken ma anche dei teutonici Traumatic Voyage dello splendido lavoro 'Traumatic...'. Piacevolmente colpito dalla malsana proposta della compagine sicula, mi lancio con somma curiosità all'ascolto di "Chapter IV - Interlude", giusto per capire come si possa intrattenere il pubblico con un interludio di quasi nove minuti. Presto detto, è sufficiente affidare il tutto ad uno straziante duetto formato dal violino di Federica Catania e da uno spettrale pianoforte, socchiudere gli occhi e provare a non disperarsi di fronte alla drammatica forza emotiva di questa band. "Chapter IV - Interlude" è la song che chiude il disco in un sordido death doom stile Anathema (periodo 'Pentecost III') in formato blackish, non tanto per i gorgheggi profondi (ma anche in screaming) del cantante ma per quell'aura mefistofelica che avvolge l'intero brano e che rende il tutto cosi tremendamente affascinante per il sottoscritto. Sebbene qualche ingenuità, legata ad una stesura ormai vecchia di quasi cinque anni, per me 'I.N.D.N.S.L.E.' è un intenso ed importante biglietto da visita per la band per spiccare verso lidi più lontani. (Francesco Scarci)