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domenica 28 ottobre 2018

Coldbound - The Gale

#PER CHI AMA: Melo Death/Doom, Insomnium
"61°43’N17°07’E" non solo è l'evocativa opening track di quest'album, ma rappresenta anche le coordinate che dovrete seguire quest'oggi per inseguire fino in Svezia i Coldbound anche se in realtà dovreste ricercarne le loro origini in Finlandia. Nati infatti nel 2012 a Vantaa come la one-man-band del mastermind Pauli Souka, i Coldbound oggi hanno la parvenza di un gruppo a tutti gli effetti con tre elementi che fungono in realtà di supporto al frontman. E se agli esordi (questo è il loro quarto album) era un black/death a farla da padrone, ora il sound è virato verso lidi melo death intonacati di una vena doom, con risultati abbastanza rilevanti. Lo testimonia "The Evocation", e le sue ispiratissime linee melodiche che si muovono a metà strada tra Insomnium e i Saturnus più malinconici, non disdegnando tuttavia rasoiate ritmiche più vicine alla scuola melodica svedese, complice forse la nuova residenza del buon Pauli. La componente ritmica è davvero corposa, grazie ad un sound robusto, ma che ne preserva la componente melodica. Detto del mood decadente di "The Invocation", con "Endurance Through Infinity" si fa sentire una più marcata influenza dei My Dying Bride, là dove mi preme sottolineare l'ottima performance vocale del bravo Pauli dietro al microfono. E vi dirò che ci sento pure dei riferimenti alle tastiere degli Amorphis di 'Tales from the Thousand Lakes', ma forse saranno mie allucinazioni sonore. In "The Eminent Light", fa l'apparizione al microfono la voce femminile (poco convincente oserei dire) di Paulina Medepona in una song che avrebbe tutte le potenzialità per colpire nel segno ma che in realtà rimane strozzata proprio nelle corde vocali della gentil donzella, troppo poco convinta delle sue capacità. Decisamente più roboante e convincente la title track che esplode con forza in una traccia dai forti sentori black, retaggio degli esordi della band, anche se lungo il brano, Pauli sembra correggere il tiro e virare verso il melo death di scuola finlandese, in una traccia che comunque ho apprezzato più delle altre per quel suo spirito energico e battagliero, corredato da belle melodie in sottofondo e ottime orchestrazioni a cura di Andras Miklosvari, il braccio destro di Pauli. Annientati dall'onda anomala di "The Gale", il sound vira drasticamente in "My Solace", traccia più sofferta e dal piglio dark rock, con le vocals quasi sussurrate all'inizio, prima che rientrino nei binari di un growl concreto che comunque si alternerà in questa song con le clean vocals. Il pezzo comunque è assai convincente, complici anche alcune interessanti linee di tastiere, sebbene possa suonare un po' troppo derivativo. 'The Gale' volge già verso il termine, ma riserva ancora qualche spunto interessante: l'irrequieta irruenza di "Winters Unfold", cosi doomish e più gustosa nel finale, le linee di chitarra di "Shades of Myself" e quel suo drumming evocativo nella parte centrale del brano, qui marcatamente influenzato dagli Insomnium. E poi c'è il gran finale, affidato agli undici minuti di "Towards the Weeping Skies", il brano più completo e maturo del lotto, una summa di tutto quanto ascoltato sin qui, che si manifesta attraverso le atmosfere darkeggianti di una song delicata e le vocals sofferenti del sapiente frontman finlandese, in un brano sicuramente evocativo, e ben più rilassato rispetto ai precedenti. Alla fine 'The Gale' è un buon disco che certamente mostra diversi pregi ma ancora qualche difettuccio, forse legato ad una sensazione di già sentito che talvolta riemerge dalle note del combo nordico. A parte questo, sono convinto che sia parte di un normale percorso di crescita che vedrà probabilmente nel prossimo capitolo, toccare un apice musicale ancor più elevato. (Francesco Scarci)

(Moonlight Productions - 2018)
Voto: 70

https://coldbound.bandcamp.com/album/the-gale