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Visualizzazione post con etichetta Black Bow Records. Mostra tutti i post
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martedì 24 luglio 2018

Throne - Consecrates

#PER CHI AMA: Sludge/Doom, primi Cathedral
Con incolpevole ritardo, ci arriva sulla scrivania l'ultimo album degli emiliani Throne, ormai datato dicembre 2017 ed uscito per la Black Bow Records. L'etichetta britannica ci ha visto sicuramente bene, mettendo sotto contratto una band di un certo spessore che si traduce nelle note di questo melmoso 'Consecrates'. Dico melmoso perchè l'act parmigiano, ha modo di condensare nelle note di questo loro secondo lavoro, sludge e doom, prodigandosi in uno spesso lavoro di chitarre, che chiamano in causa i primi Cathedral. Notevole a tal proposito l'opener “Sister Abigail” e i suoi super chitarroni che, pur non sfondando completamente nello stoner, evocano un che degli Electric Wizard e dei giri di chitarra più blues oriented che ammiccano ad una versione decisamente più sedata dei Pantera, originale non trovate? Non aspettatevi però le stesse voci della band inglese, qui il frontman sfodera quel suo bel vocione da toro imbufalito in un pezzo che trova comunque conferme nelle successive song. Sicuramente degna di nota è “Lethal Dose”, non fosse altro per quel riffone ipnotico a inizio brano e quei cori puliti che si affiancano al growling possente del bravissimo Samu. La song vede peraltro la partecipazione di Dorian Bones, voce dei Caronte e dei Whiskey Ritual. Lo confermo comunque, i ragazzi ci sanno fare. Non so se sia l'aria di Parma e le prelibatezze che quella terra ha da offrire, ma i Throne si rivelano convincenti e speriamo anche vincenti nella loro proposta, in un ambito dove ormai la competizione sembra essere ai massimi livelli e solo i migliori ce la fanno a sopravvivere. Detto che auspico che i Throne siano tra questi, mi accingo ad ascoltare "Codex Gigas" e il suo liquido flusso sonico che lisergico quanto basta, mi investe con il suo pachidermico incedere. E se parliamo di pachidermia, come non citare la granitica e oscura "There's No Murder in Paradise", song sparata a rallentatore ma che conserva nelle sue linee di chitarra, un'interessante vena blues rock. Questa comunque la ricetta vincente per i nostri, che nelle loro tracce sono abili a intrecciare e miscelare ad arte il groove dello stoner e chitarre più seventies, pur mantenendo la profondità e la potenza del death doom come accade proprio nella quarta traccia che evoca nuovamente i sortilegi dei Cathedral di 'The Ethereal Mirror'. L'essenza doomish della band viene confermata anche in "Baba-Jaga", sebbene suoni ben più canonica rispetto alle precedenti, però l'assolo finale non è affatto male. Anche la più catacombale "V.I.R." ha il suo perchè, anche se alla lunga rischia un po' di perdersi per strada nel suo lento e ossessivo comparto ritmico che ammicca a più riprese allo stoner. A chiudere 'Consecrates', ecco arrivare la riverberatissima "Lazarus Taxon" e il suo classico rifferama stoner a sancire l'amore della band ancora per vecchi classici blues rock. 'Consecrates' alla fine è un buon lavoro che dimostra le grandi doti della band emiliana (seppur alquanto derivative) e prospetta un futuro sempre più positivo per la scena di casa nostra. (Francesco Scarci)

(Endless Winter Label/Black Bow Records - 2017)
Voto: 75

https://thronetheband.bandcamp.com/album/consecrates

sabato 14 ottobre 2017

TarLung - Beyond The Black Pyramid

#PER CHI AMA: Stoner/Sludge/Doom, primi Cathedral
Ci siamo svegliati un po' tardi l'ammetto, e per un attimo ci eravamo quasi persi il secondo album degli austriaci TarLung, 'Beyond the Black Pyramid'. Il terzetto viennese torna alla carica, dopo l'EP 'Void' uscito lo scorso anno, con un lavoro mastodontico (66 minuti) di stoner-sludge intinto in una cupa salsa doom, uno di quegli album in grado di stritolarci nelle proprie spire ritmiche grazie ad un sound fosco e bieco. Lo fa però con eleganza il nostro combo viennese, con otto song (più intro) che ammiccano con le loro chitarre ultra distorte e ribassate (a supplire peraltro l'assenza del basso) ad uno sludge melmoso di stampo americano. È chiaro fin dalle note di "Dying of the Light", quanto nella successiva "Mud Town" (e se lo afferma già il titolo, c'è da fidarsi), in cui emerge il lato più stoner oriented della band austriaca. La voce del frontman Philipp è arcigna quanto basta, ma ben si colloca sul tappeto ritmico costruito dalla sua chitarra, dal suo socio alla sei corde Clemens e da un batterista, Marian, puntuale nei suoi attacchi, come un orologio svizzero (ops, mi perdonino i ragazzi). Una cosa che ho apprezzato molto durante l'ascolto del cd, sono stati quegli inserti di chitarra solista a spezzare la monoliticità di fondo di un album dotato di spessore, parecchio spessore, direi quasi paragonabile a quello di un muro di cemento armato di un paio di metri. Insomma se ci si schianta ad una certa velocità, si rischia anche di farsi parecchio male. E cosi capita anche durante l'ascolto di 'Beyond the Black Pyramid': i nostri provano ad edulcorare la propria proposta con qualche arpeggio delicato ("Kings And Graves", nella successiva "Resignation" e nella title track), ma i quasi dieci minuti di brano sono belli tosti da affrontare, soprattutto se i rimandi musicali (e vocali) mi spingono verso quel 'Forest of Equilibrium' dei Cathedral, che ha rappresentato un'influenza forte per tutta una serie di band venuta dopo quel mitico album. Dopo una simile scalata, ritrovarsi di fronte ad un pezzo come "The Prime Of Your Existence" non è assolutamente facile: altri undici minuti di sonorità lanciate al rallentatore ingabbiano la mente e i sensi, neppure ci fossimo fatti una bevuta del peggior mezcal di uno dei peggiori bar di Tijuana. Il sound dei TarLung arriva ormai annebbiato al cervello, distorto, estremamente compassato e a tratti lisergico. E non bastano gli interventi strumentali (peraltro ammantati da un'aura decadente) a ribaltare le sorti di un disco dalla forte e rigorosa connotazione sludge-doom. Un lavoro sicuramente interessante per gli amanti del genere, ma forse un po' troppo chiuso per chi non è proprio avvezzo a questo genere di sonorità. (Francesco Scarci)

(Black Bow Records - 2017)
Voto: 70