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lunedì 3 marzo 2025

Aquilus - Bellum II

#PER CHI AMA: Atmospheric Black Metal
Gli australiani Aquilus emergono come un’ombra misconosciuta nel vasto abisso del panorama estremo. Il loro primo vagito, 'Griseus', mi aveva avvinto nel 2011, un lamento primordiale che mi aveva rapito l’anima, per poi svanire in un silenzio tombale durato un decennio, un vuoto che mi aveva indotto a considerarli perduti nelle tenebre. Dieci anni di muta oscurità, spezzati solo dall’eco lontana di 'Bellum I' nel 2021, e poi, come un fulmine che squarcia un cielo catramoso, l’anno scorso è giunto, inatteso, 'Bellum II', secondo capitolo di una saga maledetta. La formula di questa one-man-band orchestrata dall’enigmatico Waldorf, si erge ancora come un monolito, un’opera titanica che intreccia il black metal atmosferico a spettrali influenze classiche, trascinando chi osa ascoltare in un viaggio sonoro che è al contempo epico e soffocante. L’album si spalanca con “By Tallow North”, un breve squarcio che non è solo un’introduzione, ma un’entità a sé, un portale che proietta immediatamente in un regno di maestà oscura ed eterea grandezza. Qui, riff taglienti come lame si fondono a melodie fragili come cristalli di ghiaccio, plasmando un paesaggio sonoro che geme sotto il peso di emozioni torbide. Ma è con “Into the Earth” che si precipita nel cuore del disco: ogni traccia si dipana come una piccola epopea, un intrico di dettagli sonori e mutamenti repentini che incatenano l’ascoltatore in una morsa implacabile. Siamo nei territori del black atmosferico, eppure chiamarlo così appare un insulto, una semplificazione che non rende giustizia alla complessità di questi passaggi strumentali, intricati come ragnatele di un’antica cripta, che tessono atmosfere cinematografiche e spettrali. È come assistere a un film muto e funereo, dove melodie struggenti, orchestrazioni sinistre e fughe vertiginose si intrecciano, tenute insieme solo dal filo rosso dello screaming lacerante del polistrumentista australiano, un urlo che sembra provenire da abissi insondabili. Le tracce più lunghe, come “Nigh to Her Gloam” – un colosso di quasi diciassette minuti –, si snodano come serpenti attraverso una serie di movimenti inquieti: raffiche di pura ferocia si alternano a pause di quiete ingannevole, dove arpeggi di chitarra dalle venature folkloriche, emergono come fantasmi di un passato dimenticato. È qui che si manifesta la genialità compositiva di Waldorf, un demiurgo che plasma il caos con mani insanguinate. E poi c’è “My Frost-Laden Vale”, un’altra suite di oltre diciassette minuti, un abisso in cui il mastermind di Melbourne, scatena una tempesta di visioni: dai primi sussurri atmosferici, che evocano una primavera morente, si scivola in sezioni più oscure, squarci cinematografici che si tingono di una dolcezza malinconica, quasi insopportabile, in contrasto con le sferzate più brutali dell’album. Il risultato è un’aberrazione gloriosa, un’opera che travalica i confini del genere, un’esperienza sonora che si insinua nella mente come un veleno, costringendo a contemplare il baratro e risvegliando emozioni che è meglio lasciare sopite. (Francesco Scarci)

(Northern Silence Productions - 2024)
Voto: 85

https://aquilus.bandcamp.com/album/bellum-ii