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venerdì 25 dicembre 2015

Attila Bakos - Aranyhajnal

#PER CHI AMA: Progressive/Epic, Nightingale, Bathory
Mi ero già incazzato in occasione del precedente progetto del buon Attila Bakos, i Taranis, per lo scarso interesse mostrato nei confronti di un artista eccellente. Torno ad arrabbiarmi oggi, in occasione della recente uscita dell'album solista del polistrumentista magiaro. Attila esce con il full length d'esordio, 'Aranyhajnal', fuori esclusivamente in digitale, e proprio qui risiede la mia rabbia, la mancanza di un'uscita fisica per un album di questa caratura. Il lavoro contiene otto tracce che si muovono nella scia di un metal progressivo che lascia ampio margine di manovra alla musicalità del mastermind ungherese, che abbiamo visto coinvolto anche in altre band, come Thy Catafalque, i norvegesi Quadrivium e con i Woodland Choir. Come per il progetto Taranis, anche in questo caso Attila sembra ispirarsi a certa musica nordica e penso a Dan Swano, Bathory o agli Arcturus, nomi di una certa rilevanza, la cui spiritualità, magia, passione e una forte emotività, sembrano rivivere nelle song del sempre bravo Attila. La opener "Ősi Szó" evidenzia sin da subito l'elevata componente orchestrale messa in scena, che si miscela con una certa vena malinconica riscontrabile nelle splendide linee melodiche di chitarra, su cui si stagliano le epiche vocals del frontman, sempre in grado di trasmettere suadenti emozioni, grazie alla sua estesa linea vocale (che arriva a toccare il falsetto nella successiva "Életerő"). Una certa rilevanza la giocano anche i synth, abili a tessere splendide ed eteree melodie, duettando con la chitarra, dotata, nella seconda traccia, di una vena più folkish. Se "Lángolj" mi ricorda a livello ritmico qualcosa dei primi Nightingale, "Ármány"sembra rievocare lo spirito di Quorthon e dei suoi Bathory più epici. Non importa poi se Attila canta tutto in rigorosa lingua magiara, la release acquisisce connotati ancor più esotici che la rendono addirittura più interessante. Il disco trova modo anche di lanciarsi nell'iperspazio dello space rock, e non solo perchè l'apertura ambient di "Áldás", le palesi influenze classiche, la dirompente voce di Attila (che qui trova modo anche di sfondare nel growling), i break acustici, certi splendide digressioni etniche, rendono questa lunga traccia di oltre 12 minuti, la mia favorita tra le otto. "Sziklák Szívén" è un altro pezzo dal mood triste, ma di sicuro impatto, che oscilla tra il progressive e un approccio più violento. "Lépj át" sembra nella prima parte una ninna nanna, poi fortunatamente si riprende e dà modo a Bakos di dar sfoggio della sua preparazione tecnica, sciorinando un altro vibrante assolo. Brividi lungo la schiena, che si concludono con la fragranza estiva di "Az éj Rejtekén" che chiude questa nuova interessante opera firmata Attila Bakos. Mi raccomando ora: 'Aranyhajnal' per alcun motivo dovrà passare inosservato. (Francesco Scarci)