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mercoledì 21 ottobre 2015

Atlas Volt - Memento Mori

#PER CHI AMA: Alternative Progressive Rock
Gli Atlas Volt sono un duo dislocato in Svezia, attivo dal 2011. In realtà i fondatori sono uno inglese e un canadese che dopo varie esperienze musicali, si sono incontrati a Malmö e hanno dato vita a questo progetto, incentrato su uno stile indie rock con contaminazioni post rock, shoegaze e prog. I due polistrumentisti vantano un background di tutto rispetto, con svariate esperienze in molte band, scrittura di colonne sonore e tanto altro ancora. Atlas Volt diviene quindi un crogiolo dove fondere il proprio bagaglio musicale, con la voglia di dare massimo respiro alla creatività, senza vincoli con etichette o quant'altro. Infatti la decisione di essere totalmente indipendenti li porta ad avere ottimi riscontri in Europa, con eccellenti risultati nelle vendite, già a partire dal precedente lavoro, 'Eventualities', uscito due anni fa. 'Memento Mori' è un concept album complesso, ricco e stratificato che consta di ben diciassette brani che si incastrano tra loro, svariando in diversi generi, pur seguendo sempre il filo comune del rock emozionale. Voce eterea, arrangiamenti che vanno da una flebile carezza di chitarra acustica o pianoforte, al pugno chiuso delle distorsioni con esplosione ritmica annessa. Quello che colpisce è la semplicità nella composizione, alternata a fraseggi complicati e ossessivi che mutano costantemente, con l'aggiunta di campionamenti vari che creano un mix non sempre classificabile. L'album è concepito come una colonna sonora dove il film è la vita di tutti i giorni, tempestata di gioie, dubbi, sfide e rivincite sul mondo e su noi stessi. Infatti anche i testi sono curati e mai lasciati al caso; la stessa dedica dell'album (a tutte le vittime del fondamentalismo religioso) non lascia dubbi sulla posizione sociale della band. "Event Horizon" apre le danze ed è subito facile immaginarsi i due musicisti che compongono in solitaria nei propri studi per poi lanciarsi in lunghe sessioni di prove assieme, sperimentando suoni e arrangiamenti fino ad arrivare al mix desiderato. Una traccia pop rock dove il pianoforte e la chitarra in veste eterea conducono l'ascoltatore verso paesaggi incontaminati, senza bisogno di proferire una singola parola. Il crescendo avviene con l'aggiunta di un assolo, con la batteria che si fa più incalzante e il basso che accompagna un po' in disparte. Breve, ma intenso. "Wrong" si avvale di synth e loop che danno maggiore spettro alle melodie e arrangiamenti classici, con l'aggiunta della voce che ben si sposa con le atmosfere shoegaze del brano. A metà brano entrano le chitarre distorte che portano una vena oscura e aggressiva con una belissima evoluzione prog rock che mostra il lato più incisivo degli Atlas Volt. Poi tutta torna come all'inizio: arpeggi e vocalizzi delicati ci ricordano che dopo la tempesta, il mare torna sempre calmo. "Sirenum Scopuli" riprende il mood della precedente canzone, puro prog rock con qualche vena alternative metal che sfoga tutta l'energia positiva accumulata sin qui. Gli strumenti hanno totale libertà e anche la scelta dei suoni trova tela bianca dove dipingere con colori accesi e sfumature di nero. Un excursus piacevole, che unito alla successiva "Purusartha" crea un contrasto geniale. Qui il sitar ci porta in oriente e quasi si sente il profumo di incenso che aleggia nella stanza in penombra, con lampi di luce che filtrano tra le tende svolazzanti. Devo dire che il duo non si è risparmiato nulla, i due compari si sono prodigati a suonare svariati strumenti e appena hanno potuto, hanno coinvolto altri musicisti per arricchire ancora di più gli arrangiamenti. L'elettronica, seppur rarefatta, si sposa con i violini e il pianoforte, unendo il vecchio con il nuovo e partorendo un album che magari farete fatica ad approcciare se siete amanti delle sonorità forti, ma che può regalare emozioni intense quando vorrete una pausa da tutto e da tutti, mentre state cercando una qualche risposta ai quesiti della vita o vorrete solamente settanta minuti di buona musica. Adatto anche a quelli che in un full length si lamentano spesso di brani tutti uguali, con 'Memento Mori' non accadrà mai. (Michele Montanari)

(Self - 2015)
Voto: 80

mercoledì 2 luglio 2014

Atlas Volt – Eventualities

#PER CHI AMA: Alternative, Hard-Prog, Porcupine Tree
C’è un motivo per cui non amo i concorsi di bellezza, per cui la Miss di turno non riesce praticamente mai a colpire la mia fantasia, per cui li trovo il piú delle volte grotteschi e molto tristi. Non dico che sia sbagliato in assoluto, ma voler giudicare la bellezza con dei parametri arbitrari e assurdamente limitanti, semplicemente, non fa per me. Ecco perchè, forse, rimango freddino davanti a questo EP d’esordio degli Atlas Volt, duo anglo-americano di stanza a Malmö, Svezia: nonostante ne apprezzi l’impegno, nonostante ne riconosca l’abilità tecnica, nonostante sia sinceramente colpito dallo sforzo (auto)produttivo, non posso dire di essere entusiasta di fronte a un risultato formalmente ineccepibile, che probabilmente vincerebbe qualche premio in un concorso di bellezza, ma che non riesce a solleticare la mia fantasia. Non voglio essere frainteso, per cui scinderó nettamente l’aspetto tecnico-formale da quello che è, ci tengo a sottolinearlo, un giudizio puramente soggettivo. La fredda cronaca: tutta la musica racchiusa in questo EP è stata scritta, suonata, registrata e prodotta in proprio, con notevole perizia e risultati tecnici sinceramente strabilianti, tanto da fare invidia a piú di un lavoro uscito su major. Lungo tutta la durata del disco è evidente la ricerca del dettaglio, del suono perfetto, dell’arrangiamento raffinato, delle armonie vocali. Cura del dettaglio altresí evidente nel curatissimo packaging. I cinque brani di 'Eventualities' sono abbastanza diversi tra loro in termini di atmosfere e riferimenti stilistici. Si va dalle suggestioni alternative di "Shine Your Own Light", ballata elettro acustica con accattivanti inserti elettronici, alle pessimistiche riflessioni unplugged sul senso della storia della breve "History is Written in Blood". Il cuore del disco sta peró nei tre lunghi pezzi conclusivi: si passa dalle atmosfere vagamente psichedeliche della solenne "Find Myself Lost" (che ricorda un po’ i Porcupine Tree quando rifanno i Pink Floyd, con tanto di chitarroni sul chorus, un tantino fuori luogo) alla conclusiva "Taken by the Tide", tanto riflessiva e seriosa nelle intenzioni, quanto un po’ inconcludente nel risultato finale. Dovendo citare un solo pezzo, peró, non si puó prescindere da "Mother Nature’s Infanticide", robusta apologia ecologista davvero ben congegnata nelle architetture che mescolano le atmosfere world di un canto di Muezzin con solidissimi riff a la Dream Theater. Non è dunque ancora ben chiaro dove vogliano andare a parare gli Atlas Volt, tanto ogni pezzo di questo lavoro sembri tirare in una direzione diversa (ma questo non è per forza un male). Non resta che augurare ai due di continuare a produrre musica con la stessa passione, sperando di poter aggiungere un po’ piú di contenuto a quello che ora, a conti fatti, risulta essere solo un bellissimo contenitore. (Mauro Catena)

(Self - 2013)
Voto: 65